venerdì 19 luglio 2024

Meloni ha sbagliato clamorosamente in Europa. L'Italia ne pagherà le conseguenze ( da Il Riformista, di Claudio Velardi)

 


Giorgia Meloni© Fornito da Il Riformista

È risultato del tutto incomprensibile, goffo nella sua gestazione e argomentato ex-post come peggio non si poteva, il NO espresso ieri da FdI alla ricandidatura di Ursula von der Leyen alla Presidenza della Commissione europea. Si è trattato di un voto che ha certificato plasticamente un cambio di status dell’Italia: da paese fondatore dell’Europa – con tutti i privilegi connessi in termini di storia, allure e concretissima governance – a rissoso e inconcludente condomino di serie B dell’Unione.

Questo è l’indiscutibile risultato di una giornata che peserà sul nostro futuro. Perché – ecco il punto cruciale – a negare la fiducia alla von der Leyen non è stata la componente nazionale di un gruppo minore del Parlamento europeo (l’ECR), ma la delegazione del principale partito italiano di governo, guidato dalla nostra Presidente del Consiglio.

Resta da capire perché una politica indubbiamente esperta come Giorgia Meloni sia potuta scivolare su questa clamorosa buccia di banana. Le spiegazioni fornite dopo o a margine del voto, quasi sempre a mezza bocca, aggravano il quadro, in quanto argomenti di ordine puramente tattico e strumentale. Si sostiene che Meloni non avrebbe potuto lasciare a Salvini la bandiera della opposizione alla UE, tanto più ora che sembra avvicinarsi negli Usa la vittoria di Trump, certo non un grande amico dell’Europa. Si sottolinea che non c’è rapporto stringente tra il voto di ieri e le prossime nomine dei commissari, cosa solo formalmente vera. Soprattutto si insiste sul fatto che la base di FdI non avrebbe capito un orientamento favorevole alla von der Leyen (il che non fa che rafforzare in chi scrive l’idea che non ci sia niente di più deleterio che seguire le pulsioni delle “basi”: chi lo fa non potrà mai essere compiutamente leader). Al punto che anche due politici capaci come Procaccini e Fidanza, nella conferenza stampa tenuta a frittata fatta, hanno ingenuamente dichiarato che “l’ok dei Verdi ha reso impossibile il nostro sì a von der Leyen”, che è la più clamorosa, schietta e lapidaria descrizione di una sconfitta. Suggellata a fine pomeriggio dalla dichiarazione della Meloni che, per spiegare l’accaduto, ha utilizzato il magico passepartout della “coerenza”, sempre buono a fornire quarti di nobiltà ai fallimenti politici.

Ora protagonisti e sceneggiatori della disfatta si staranno già dicendo che è il caso di restare tranquilli, che tutto finirà in cavalleria, che l’Italia strapperà qualche risultato (e ci mancherebbe pure) nelle prossime tornate di nomine, che il cammino del governo continuerà senza alcun intoppo e via autorassicurandosi. Ma non è così. Il 18 luglio della Meloni resterà come una macchia importante sulla sua condotta di politica accorta e furba, capace di districarsi con abilità sullo scacchiere internazionale anche più che su quello italiano. Come diceva Joseph Fouché – sia pure riferendosi a cose di maggiore efferatezza – peggio di un crimine c’è solo un errore politico. E ieri Giorgia un errore – e grande – lo ha commesso.

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