sabato 20 luglio 2024

Museo Egizio di Torino. Zahi Hawass è il degno compare di Sangiuliano: nessuno dei due sa di che cosa parla ( da Huffpost Italia)

 


Spiegate a Zahi Hawass che l’Egizio di Torino non è uno scalcagnato museo di provincia© fornito da HuffPost Italia

Il mistero del faraone Zahi Hawass si infittisce. Invitato a Orvieto alla dodicesima edizione dell'Isola del libro, parla a ruota libera. Come riporta un’agenzia Ansa, passa d un “sarei felice di dirigere Museo Egizio di Torino” a un “il mio obiettivo è di riportare in patria tre oggetti in modo particolare: la Stele di Rosetta dal British Museum, la statua della Regina Nefertiti che sta a Berlino e lo Zodiaco dal Louvre" si lancia in un obiettivo stratosferico: "Riportare la Gioconda in Italia" (sulla cui vicenda, che evidentemente Hawass ignora, ha scritto con la solita efficace ironia e grande chiarezza Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera).

L’anziano archeologo egiziano, a proposito della sua presunta nomina all’Egizio di Torino, precisa che non c’è nulla di ufficiale ma che “il 24 luglio incontrerò il ministro della Cultura del governo italiano e magari mi saprà dire qualcosa. Sarei felice di accettare questo incarico e lavorerei per fare di Torino uno dei più importanti musei del mondo come ho fatto con il Grande museo egizio e il Museo della civiltà, entrambi al Cairo".

Qualcuno spieghi ad Hawass che l’Egizio di Torino non è uno scalcagnato museo di provincia ma una delle realtà museali di maggior prestigio internazionale.

Di fronte a questo profluvio di dichiarazioni conviene fare un po’ di chiarezza. Lo faccio con spirito propositivo, senza alcuna volontà polemica nei confronti dell’attuale ministro della cultura Gennaro Sangiuliano. Sono stato presidente del Consiglio Superiore “Beni culturali e paesaggistici”, supremo organo consultivo del MiC, e consigliere del ministro Dario Franceschini. Mi permetto con la massima lealtà istituzionale di offrire un consiglio, assolutamente disinteressato, anche all’attuale ministro, sperando che voglia ascoltarlo (l’avrei dato volentieri in via riservata se ne avessi avuto la possibilità).

Credo, infatti, che, parlando di patrimonio culturale, sia necessario prescindere da logiche di schieramenti politici e operare nell’unica direzione che dovrebbe vederci schierati tutti dalla stessa parte: 1) l’interesse del Museo Egizio di Torino, una delle grandi realtà italiane, cresciuto in maniera strepitosa nell’ultimo decennio in termini scientifici, culturali, economici sociali; 2) l’interesse nazionale.

Formulo questi miei consigli, che spero non siano considerati né inopportuni né strumentali, sotto forma di domande al ministro Sangiuliano.

È possibile che l’Italia, paese che vanta una gloriosa tradizione e un primato nel campo del patrimonio culturale, necessiti di ricorrere a un quasi ottantenne archeologo egiziano, che peraltro non parla una sola parola di italiano, per la direzione di un museo italiano, che festeggia il suo bicentenario e che un brillante direttore italiano, rientrato dall’estero, ha rilanciato in maniera formidabile, grazie a un lavoro sistematico che tutti riconoscono come eccellente?

Il ministro pensa di affidare ad Hawass la direzione del Museo (come Hawass afferma) o la presidenza della Fondazione Museo Egizio al posto della efficientissima Evelina Christillin? In realtà le due opzioni si sovrappongono perché è evidente che l’eventuale nomina alla presidenza provocherebbe le dimissioni dell’attuale direttore, che sarebbe di fatto sfiduciato.

È prudente affidare la direzione e/o presidenza a una personalità che si batte per il rientro dei beni archeologici egizi in Egitto? Oltre alla “stele di Rosetta dal British Museum, la statua della regina Nefertiti che sta a Berlino e lo Zodiaco dal Louvre", il futuro direttore/presidente si batterà per il rientro in Egitto anche della collezione dell’Egizio di Torino o di alcuni dei suoi pezzi più pregiati? Non si tratta di far rientrare nei paesi d’origine oggetti trafugarti illegalmente (battaglia nella quale il ministro Sangiuliano è molto giustamente impegnato), ma di rimettere in discussione l’esito di scavi, di ricerche archeologiche e di acquisti dei secoli passati (come l’imbarazzante boutade sulla Gioconda dimostra): un passato di ricerca, collezionismo, museologia, che è stato certamente indirizzato da logiche colonialistiche ma che è indubbiamente alla base delle grandi scoperte e della formazione dei principali musei occidentali, Egizio compreso. L’Italia intende mettersi a capo di un tale movimento, affidandosi a un personaggio come Zaki Hawass?

È opportuno sostituire un direttore brillante, capace, stimato a livello italiano, proiettato nel futuro o una presidente di grande prestigio ed esperienza con Zahi Hawass, che rappresenta il passato dell’egittologia, dell’archeologia e della museologia? Quella di Hawass è un’archeologia e una museologia di un mondo che non esiste più. Inoltre, l’archeologo egiziano, da sempre espressione del regime egiziano, non gode affatto di un apprezzamento scientifico internazionale e anche nel suo paese le perplessità sul suo conto non sono poche. Colleghi egiziani sussurrano a bassa voce anche di imbarazzanti inchieste sul suo conto. Ha costituito una Fondazione privata a suo nome, che ha al vertice dei suoi obiettivi il rientro in Egitto di beni posseduti da altri Paesi. Anche dall’Italia?

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