Poteva essere la conferma che il vento, in Italia, continua a spirare verso destra. Il voto delle Europee, con Fratelli d’Italia primo partito, Forza Italia in ascesa e la Lega che si regge sulle spalle di Vannacci, ha fatto sperare la coalizione di governo. Fino alle 15 di ieri, 24 giugno, quando si sono chiuse le urne dei ballottaggi e in pochi minuti, dai seggi, sono iniziate ad arrivare le evidenze di una vittoria del centrosinistra. Niente da fare: le grandi città restano rosse. Anzi, Perugia e Potenza cambiano colore e scaricano le amministrazioni precedenti di centrodestra. I risultati di Bari e Firenze, poi, cristallizzano un divario preoccupante per la maggioranza, soprattutto in vista delle Regionali: le polemiche sulla gestione del potere del duo DecaroEmiliano non hanno scalfito l’elettorato pugliese, in Toscana l’investimento di Fratelli d’Italia su Eike Schmidt ha portato a una débâcle. E con il ribaltone a Campobasso e la vittoria di Cagliari al primo turno, il centrosinistra si porta a casa tutti i capoluoghi di Regione al voto: 6 a 0, un punteggio tennistico che non ammette interpretazioni.


I capoluoghi di Provincia al ballottaggio

Se si guarda ai nove capoluoghi di Provincia finiti al ballottaggio, invece, la partita è stata più equilibrata. Il centrodestra riesce a confermare Urbino e Vercelli. Al centrosinistra, strappa le amministrazioni di Caltanissetta, Lecce e Rovigo. I partiti che sono all’opposizione a livello nazionale, invece, si prendono Vibo Valentia e conservano per un soffio la giunta a Cremona. Gli altri due capoluoghi di Provincia in cui si è votato, Avellino e Verbania, premiano due civici. Il secondo turno, dunque, sommando capoluoghi di Regione e di Provincia, vede una vittoria del centrosinistra per 7 a 5: anche qui, un set tennistico che si è risolto all’ultimo game utile prima del tie-break. Nell’intera tornata – includendo anche il primo turno – il centrodestra cala da 12 a 10 sindaci nei capoluoghi di Regione e di Provincia, mentre il centrosinistra fa un balzo da 13 a 17. Il margine della vittoria delle opposizioni si amplia puntando la lente su tutti i Comuni con più di 15 mila abitanti: 114 vanno al centrosinistra, 80 al centrodestra.


Un voto che fa paura al centrodestra, con la prospettiva delle Regionali

Dopo dieci anni, l’amministrazione di Perugia torna a essere guidata dal centrosinistra. C’è chi, in questo risultato, legge anche una sconfessione della giunta regionale, attualmente in mano alla leghista Donatella Tesei. Il Carroccio ha ottenuto, nelle trattative interne alla coalizione, la promessa di una ricandidatura della governatrice. La vittoria nel capoluogo della 37enne Vittoria Ferdinandi, che qualcuno ha ribattezzato la Damiano Tommasi dell’Umbria, preoccupa il centrodestra e potrebbe mettere in discussione le strategie per l’imminente tornata regionale. Se il prossimo autunno la Regione tornasse al centrosinistra, quello che nel 2019 è stato un capolavoro del sovranismo sarebbe vanificato in appena cinque anni: nessun esponente del centrodestra, prima di Tesei, aveva vinto la presidenza dell’Umbria. Nel 2025, poi, si voterà anche in Toscana e in Puglia. Forte della vittoria nella maggior parte dei Comuni toscani al voto, il presidente Eugenio Giani si mostra fiducioso per la riconferma. A Bari, dove il neo sindaco Vito Leccese ottiene più del 70% delle preferenze, il centrosinistra della cosiddetta “primavera pugliese” sembra inscalfibile.

Schlein rivendica il successo e rilancia la battaglia sull’autonomia differenziata

Il Partito democratico ha convocato una conferenza stampa al Nazareno. Appuntamento alle ore 11 di oggi, 25 giugno. Insieme a Elly Schlein, il responsabile Enti locali, Davide Baruffi. Già ieri, il messaggio che arriva dalla segretaria è di giubilo: «Una vittoria storica per noi e per il campo progressista. Abbiamo vinto in tutti e sei i capoluoghi di Regione, strappandone tre alla destra – Cagliari, Perugia e Potenza -. È irrevocabile: le città hanno bocciato la destra che governa e mandato un messaggio chiaro a Giorgia Meloni. Basta tagli alla sanità, basta ai salari bassi e no all’autonomia differenziata».

La Russa se la prende con la legge elettorale, Donzelli dà una lettura “alternativa” dell’esito delle urne

Il presidente del Senato dismette i panni della seconda carica dello Stato e se la prende con la legge elettorale vigente. Ignazio La Russa sottolinea come l’affluenza, ai ballottaggi, sia scesa – dato in realtà fisiologico – dal 62,8% del primo turno al 47,7%. E incalza: «Il doppio turno incrementa l’astensione. Si può venire eletti con solo il 20% dei voti degli aventi diritto. È inaccettabile». Pare che il centrodestra già da tempo stesse lavorando a una riforma del sistema elettorale per le amministrative. L’idea è quella del doppio turno alla siciliana, che permetterebbe di eleggere un sindaco già al primo turno se questo supera il 40% dei consensi. Tuttavia, dopo l’esito di questa tornata, il messaggio che arriverebbe da una modifica della legge elettorale sarebbe quello di una coalizione che ammette la sconfitta e, per questo, cambia le regole del gioco. Anche per questo, Giovanni Donzelli, responsabile dell’Organizzazione di Fratelli d’Italia, dà un’altra lettura dell’esito delle urne: «Non capisco l’entusiasmo a sinistra, abbiamo strappato più città a loro». Qual è il sistema di calcolo donzelliano? «Il centrodestra ha strappato quattro capoluoghi di provincia al centrosinistra, mentre il centrosinistra soltanto tre a noi».