lunedì 9 gennaio 2023

Novità dall'Opera di Roma e dalla Fenice di Venezia

Ci è capitato di leggere, queste giorni, di due novità rispettivamente dell'Opera di Roma e della Fenice di Venezia.

 La prima riguarda una iniziativa editoriale, la nascita cioè di una rivista, CALIBANO il suo nome, dedicata alla musica lirica. A cadenza semestrale, fra breve in vendita il primo numero, che affronterà il problema del colore (della pelle) nell'opera, alla vigilia di un nuovo allestimento di Aida di Giuseppe Verdi.

 La seconda, di tutt'altro genere, l'andiamo osservando ormai da molte settimane sul quotidiano La repubblica e riguarda il Teatro La Fenice di Venezia.  In pratica una pagina pubblicitaria, quasi giornaliera, che presenta gli spettacoli in cartellone nel teatro veneziano. E che ci ha fatto interrogare, senza trovare una risposta soddisfacente: come fa un teatro a sostenere il costo di una pagina di pubblicità quasi giornaliera su un quotidiano nazionale? Avranno svaligiato una banca, vinto al Casinò o al Gratta e Vinci miliardario?  Oppure? Ci piacerebbe ottenere una risposta. 

 Quanto poi all'iniziativa editoriale dell'Opera di Roma ci viene da dire che pubblicare una rivista esula dai compiti istituzionali di un teatro d'opera. Ci sono esempi passati che, nel tempo sono naufragati,  uno anche al Teatro Massimo di Palermo(?), nel corso della sovrintendenza Giambrone, e la stessa fine fece la rivista edita dal Petruzzelli, anni fa.

 Insomma, vogliamo dire all'Opera di Roma che ciascuno deve far bene, anzi il meglio possibile, il compito che gli è affidato per legge, adoperandosi con tutte le forze e tutti i mezzi, senza disperderli e sprecarli in ambiti di che esulano dalla competenza specifica. 

E' accaduto anche per altre iniziative fuori luogo, per le quali purtroppo non è mai stata avviata una indagine amministrativa.

 Stiamo pensando all'Opera Studio che il 'rossiniano' Bruno Cagli aveva avviato presso l'Accademia di Santa  Cecilia, mentre sarebbe stato più opportuno che una simile iniziativa fosse stata incardinata al Teatro dell'Opera di Roma o in qualunque altro teatro.

 Non è una giustificazione l'aver scoperto in quell'Opera Studio una cantante come Rosa Feola; sarebbe sbocciata in qualunque altro posto. E poi, se vogliamo dirla tutta, perchè negli anni in cui c'era l'Opera Studio non ricordiamo di aver assistito al debutto nelle stagioni dell'Accademia dei cantanti laureati in quel vivaio vocale? Diffidenza dell'Accademia per una iniziativa del Sovrintendente evidentemente non condivisa da tutti?

 

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