domenica 22 settembre 2024

Parma. Festival Verdi. Si inaugura con Macbeth di Verdi, nella versione francese

 Macbeth, nella versione in francese eseguita a Parigi nel 1865 è l’opera inaugurale del XXIV Festival Verdi, in debutto al Teatro Regio di Parma giovedì 26 settembre 2024, ore 20.00 (recite domenica 6 ottobre, ore 18.00, domenica 13 ottobre, ore 15.30, giovedì 17 ottobre 2024, ore 20.00). Presentata in forma di concerto in occasione del Festival Verdi 2020 e vincitrice in quello stesso anno del prestigioso Premio Abbiati, il melodramma in quattro parti su libretto di Francesco Maria Piave, da Shakespeare, traduzione in francese di Charles Louis Étienne Nuitter e Alexandre Beaumont, è presentato in forma scenica per la prima volta in tempi moderni con un nuovo allestimento firmato da Pierre Audi, al debutto alla regia di un’opera verdiana in Italia, con Roberto Abbado, che la diresse proprio nel 2020, sul podio della Filarmonica Arturo Toscanini e del Coro del Teatro Regio di Parma, preparato da Martino Faggiani. L’allestimento è realizzato con le scene di Michele Taborelli, i costumi di Robby Duiveman, le luci di Jean Kalman e Marco Filibeck, le coreografie di Pim Veulings.

L’opera nella revisione di Candida Mantica dell’edizione critica curata da David Lawton (The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano), sarà interpretata da Ernesto Petti (Macbeth), Lidia Fridman (Lady Macbeth), Michele Pertusi / Riccardo Fassi (13) (Banquo), Luciano Ganci (Macduff), tutti al debutto nella versione francese dell’opera. Completano il cast David Astorga (Malcolm) e Natalia Gavrilan (La Comtesse), Rocco Cavalluzzi (Un Médecin), Eugenio Maria Degiacomi (Un serviteur/Un sicaire/Premiere fantôme), Agata Pelosi (Deuxième fantome), Alice Pellegrini (Troisième fantôme).

«Una delle più grandi creazioni umane»: così Verdi, in una lettera del 1846, definiva l’omonima tragedia di Shakespeare da cui fu tratto il libretto di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei, tradotto nella versione in francese da Charles Louis Étienne Nuittier e Alexandre Beaumont. La lucida rappresentazione del potere come macchina che consuma e la capacità di addentrarsi negli abissi della psiche dei personaggi, tuttavia, portarono i contemporanei a definire il lavoro verdiano “un’opera senza amore”. Posizione, questa, che non fu ribaltata neanche all’indomani dell’esecuzione a Parigi, e solo nella seconda metà del Novecento l’opera viene riscoperta e consacrata al successo assoluto.

“La versione francese dell’opera di Verdi – spiega  il regista Pierre Audi – offre l’opportunità di ambientare questa storia non in un contesto scozzese o italiano, ma in uno francese: un mondo di finzione, decoro, decenza, che nasconde dietro apparenze impeccabili, mostri capaci delle peggiori atrocità, come scatenare guerre insensate per sfuggire alla vendetta. Nella produzione che proponiamo al Festival Verdi, la storia è raccontata con la formalità e il rituale di una rappresentazione teatrale che si sgretola sotto i nostri occhi, abbandona il suo formalismo e ci mostra la giustizia militare che trionfa sulla decadenza dell’egoismo, dell’indulgenza e dell’abuso di potere. Attraverso questo messaggio, la storia di Shakespeare diventa un’altra opportunità per Verdi di esplorare gli aspetti pubblici e privati della regalità e dell’autorità. Dov’è Dio in questa storia? In Macbeth la religione sono la stregoneria e la condotta psichica, e in una conclusione brusca, la forza militare è suggerita come il nuovo Dio che silenzia il caos e le voci oscure. Ascoltare quest’opera in francese – la mia lingua madre – ha evocato per me immagini dell’affare Dreyfus, della grande attrice Sarah Bernhardt, di melodrammi che solo il teatro e le tradizioni di danza francesi della fine del XIX e dell’inizio del XX secolo possono contenere. Un’altra ispirazione è stata la macchina teatrale barocca, che è rimasta l’impianto di riferimento per immaginare le messinscena fino a 120 anni fa.
In modo semplice ed efficace, la macchina teatrale barocca permetteva cambi di scena istantanei che consentivano all’azione di progredire senza interruzioni. Eppure, dietro la forma e la magia di rapidissime trasformazioni (oggi possibili solo con il cinema) c’è anche una storia altamente psicologica. E Verdi ci mostra ancora una volta in quest’opera come la stessa storia possa assumere un’altra forma in una lingua diversa dalla sua. Perché Macbeth in francese è un’opera molto diversa da Macbeth in italiano”.

Ulteriori informazioni: www.teatroreioparma.it

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