mercoledì 10 luglio 2024

Orban in Russia e CIna durante la presidenza UE. Ma per scopi personali ( da Il Riformista, di Lorenzo Vita)


orban

Viktor Orbán non si ferma. Il semestre ungherese di presidenza dell’Ue è un’occasione troppo ghiotta per il premier ungherese per non utilizzare questa carica come vetrina internazionale. E la sua sfida a Bruxelles è evidente sin dai primi giorni di questo mandato. Il blitz a sorpresa a Kiev doveva apparire come un gesto di distensione nei riguardi degli alleati europei, preoccupati dal fatto che Orbán sia troppo attento alle richieste della Russia. Ma dopo l’incontro con Volodymyr Zelensky, il viaggio a Mosca alla corte di Vladimir Putin ha fatto capire ancora una volta che il primo ministro ungherese gioca una partita da solista.

Tanto da scatenare la dura e rabbiosa reazione da parte delle istituzioni europee, costrette a dire che quanto realizzato dal capo del governo di Budapest non rappresenta Bruxelles e non viene fatto per conto dell’Unione, ma solo in quanto leader di un Paese. Prese di distanze che non sono servite, in ogni caso, a disinnescare l’attivismo diplomatico di Orbán. Che ieri, senza anticipare nulla, ha continuato quella che lui stesso ha definito una “missione di pace” volando alla volta di Pechino. “La Cina è una potenza chiave per la pace nella guerra tra Russia e Ucraina. Questo è il motivo per cui sono venuto a incontrare il presidente Xi a Pechino, appena due mesi dopo la sua visita ufficiale a Budapest” ha scritto il premier magiaro sul suo profilo X. E il presidente cinese Xi Jinping, dando spazio all’iniziativa del premier ungherese, ha commentato dicendo che “solo quando le grandi potenze mostreranno energia positiva, invece che negativa, questo conflitto vedrà apparire il barlume di speranza per un cessate il fuoco, il più rapidamente possibile”.

Dalla Repubblica popolare, il sostegno alle mosse di Budapest è palese. “La Cina promuove attivamente colloqui di pace e incoraggia e sostiene tutti gli sforzi che conducano a una soluzione pacifica della crisi”, ha detto Xi, sottolineando come la posizione della Cina e quella dell’Ungheria coincidano. E ieri, anche da Mosca è arrivata una nuova benedizione della curiosa agenda promossa dal premier ungherese. Tanto che il portavoce del Cremlino, Dimitry Peskov, voce di Putin in patria e nel mondo, ha usato – come spesso accaduto in questi giorni – parole al miele per descrivere l’azione del capo di Fidesz. “Orbán sta davvero prendendo un’iniziativa seria per confrontare le posizioni delle diverse parti. Apprezziamo molto questo. Anche Putin ha dato una valutazione alta a questi sforzi del signor Orbán” ha sottolineato il funzionario russo.

Ed è quindi ormai chiaro che al di là dell’Occidente, quanto fatto dal premier magiaro piace sempre di più. A differenza di quanto sta accadendo invece nel Vecchio Continente e negli Stati Uniti, dove tutti i governi e le varie alleanze sono più o meno in stato d’allerta. Tanto che le fonti dell’Unione europea hanno detto che esistono “preoccupazioni crescenti” per il ruolo che Orbán si è “auto-attribuito”, auspicando chiarimenti nella prossima riunione del Coreper (il Comitato dei rappresentanti permanenti). Cosa abbia portato Orbán a intraprendere questa strada è difficile da dire. Ma quello che appare chiaro agli occhi degli osservatori, è che dietro le velleitarie posizioni da mediatore e in qualità di presidente di turno Ue, il capo del governo ungherese stia in realtà attuando una propria strategia nazionale e personale. Mosca e Pechino sono partner fondamentali dell’economia di Budapest, a prescindere dall’importanza di qualsiasi iniziativa di pace sul fronte della guerra in Ucraina. E quanto accaduto ieri nel Paese invaso, con bombardamenti a tappeto che hanno provocato morti e feriti in varie città e colpito anche l’ospedale pediatrico di Kiev, confermano che la posizione del Cremlino non si sia affatto ammorbidita.

La pace appare ben lontana dai progetti di Putin. E l’offerta di mediazione di Orbán rischia di essere sconfessata in pochi giorni dalla terribile cronaca del campo di battaglia. E ieri è arrivato anche un nuovo avvertimento da parte di Zelensky: “Non esiste mediazione tra Russia e Ucraina. Solo alleanze serie e forti possono fungere da mediatori”. Il conflitto, con le sue bombe, il sangue e l’avanzata russa nei villaggi del Donetsk, non sembra essere in linea con la presunta agenda di pace di Orbán. E questi raid alla vigilia del summit Nato di Washington confermano che da parte del Cremlino c’è la volontà di proseguire la guerra finché non saranno raggiunte condizioni di pace favorevoli a Mosca. Zelensky ne è consapevole. Al punto che ieri ha siglato con il polacco Donald Tusk un accordo di sicurezza che prevede in futuro la possibilità che missili e droni russi diretti verso la Polonia siano abbattuti in territorio ucraino. Ed è la conferma che le mosse di Orbán nel mondo rischiano di spaccare soprattutto il fronte europeo. In attesa che un possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca (auspicato ieri dal premier ungherese) possa cambiare ancora una volta la situazione.

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