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E’ cosa di queste settimane la nomina a Sovrintendente della Fondazione
Teatro Petruzzelli e teatri di Bari del m° Nazzareno Carusi, pianista e
docente presso il Conservatorio di Bari, scelto da una apposita
commissione presieduta dal sindaco Vito Leccese.
Credo sia utile ricostruire un po’, al fine di capire meglio
l’evolversi fino ai nostri giorni di ‘questo’ Teatro-Fondazione Petruzzelli e
quindi della sua vita e delle sue attività: abbiamo perciò ridisegnato in
sintesi lo scenario storico-culturale della origine e del percorso di
istituzionalizzazione musicale sin dal suo nascere come “teatro della
tradizione”.
Dunque, esauritasi la lunga stagione di teatro “bon à tout faire” (persino
ridotto anche a sala cinematografica) il Petruzzelli seguì un’onda lunga di
rinnovamento culturale e generazionale partita già dai primi anni ’60 e
mossa nella città per tutti gli anni ’70 del Novecento, grazie ad alcuni
centri di associazionismo privato e/o pubblico (Fondazione, Camerata,
Conservatorio, in campo musicale) o politicamente ispirato “ a sinistra”
(Circoli del Cinema Arci, in campo cinematografico, e CUT- Centro
Universitario Teatrale) posti sulla scia di una generazione di
professori/amministratori della cosa pubblica che contribuì ad invertire la
tendenza di una regione al palo con la musica e il teatro di qualità. Come
allora dimenticare i Barbanente, Papapietro, Fantasia, Dell’Andro, Scionti,
Calvario, Troccoli, Bianco, Mastroleo, Miccolis i quali, pur da posizioni
politiche diverse riuscirono a dotare Bari e la Puglia di una serie di
strutture materiali e immateriali che andarono e vanno a formarne la spina
dorsale della cultura musicale del loro come del nostro tempo?
Bisogna subito accennare alla nascita nel 1978 della Orchestra Provinciale
(ICO-Istituzione Concertistico Orchestrale) diretta da un direttore di
spolvero internazionale come Gabriele Ferro (allora docente di
esercitazioni orchestrali al Conservatorio barese); una orchestra che si
conquista uno spazio proprio, di proprietà e d’uso pubblico qual è ancora
oggi, nel 2025, l’Auditorium annesso al Conservatorio Statale “Piccinni”
diretto dal già famoso compositore Nino Rota (a cui in seguito venne
dedicato l’edificio) e solo per decisa volontà dell’allora Presidente della
Amministrazione Provinciale, il socialista avv. Mastroleo in questo
supportato dal prof. Vitantonio Barbanente, democristiano ‘basista’,
presidente del Conservatorio.
L’Auditorium è uno spazio davvero notevole, sia architettonicamente che
acusticamente, e la ICO sarà di volta in volta guidata da notevoli direttori
italiani dal nome di Bruno Campanella, Rino Marrone, Michele Marvulli,
Angelo Cavallaro. Sul podio si sono avvicendati nel tempo e come
direttori ospiti, nomi di alto livello come lo stesso Nino Rota, Piero
Bellugi, Luciano Berio, Donato Renzetti, Pierluigi Urbini, Peter Maag,
Bruno Aprea, Kurt Sanderling, Franco Caracciolo, Anatole Fistoulari,
Vladimir Delman, Francesco Molinari-Pradelli, Reynald Giovaninetti,
Gunther Neuhold, Boris Brott, Marcello Viotti, Ennio Morricone e Giorgio
Gaslini. Tra i numerosi solisti vanno ricordati Salvatore Accardo, Dino
Asciolla, Leonid Kogan, Boris Belkin, Rocco Filippini, Franco Petracchi,
Henry Casadeus, Emil Gilels, Aldo Ciccolini, Franco Fiorentino, Maria
Tipo, Kathy Berberian, il Trio di Trieste. E fra le iniziative promosse va
menzionato un ciclo di manifestazioni dedicate a “Nino Rota, compositore
del nostro tempo”.
Tuttavia il bel teatro di corso Cavour pensa solo in termini di divismo
canoro aggrappandosi a qualche ugola d’oro che transita, si propone per
una o due recite e… fugge via. Così è con dati alla mano, se solo si vanno
a scorrere i titoli dei melodrammi rappresentati nei primi trent’anni della
sua vita (1950-1980). Subito ci accorgeremmo del ritardo in cui versava il
teatro musicale barese pur in presenza di voci di grande livello come
quelle di Kraus, Zeani, Cappuccilli, Bruson, Scotto, Panerai, Cossotto, Del
Monaco, Alva, Bergonzi, ma anche di titoli che non si schiodavano dallo
stanco e ripetitivo repertorio di un Rigoletto, Nabucco, Trovatore, Aida,
Puritani, Manon, Barbiere di Siviglia, Andrea Chénier. Dunque, un teatro
blasonato ma quasi alla deriva resiste a sé stesso se lo si paragona alla
attività di altri consimili organismi italiani (il Bellini di Catania, il Regio di
Parma, il Comunale di Ravenna e di Ferrara: tutti teatri di tradizione).
Da questa che abbiamo definito una “rassegna delle occasioni perdute”, la
svolta della cosiddetta «êra-Pinto» nasce paradossalmente da un mero
cavillo giuridico che rompe un’egemonia durata vent’anni dal 1960 ai
primi mesi del 1980. L’idea del nuovo, giovane gestore Pinto è quella che
si va definendo attorno al nesso storico teatro/politeama-città/regione che
vuol recuperare le origini di uno spazio per tutti (e non solo di tutti come è
per il teatro comunale ‘Piccinni’) in cui tenere insieme lirica, danza
moderna, balletto classico, prosa, recital, musical, cinema, jazz, musica
colta ed extracolta, persino editorialità (come il magazine «Papirorosa»
ideato e prodotto dal team del teatro con in testa Guido Pagliaro, già
componente dell’ARCI regionale). Ora si cerca di catturare la stragrande
maggioranza di un pubblico eterogeneo per classi sociali e per età ma per
troppo tempo escluso dalle cerimonie delle premiéres della ministagione
lirica nel luogo esclusivo del melodramma. In questo ‘nuovo Petruzzelli’
nascono dunque le fortunate rassegne Teatrodanza, Nell’intima dimora, Lo
strumento scordato, Azzurro, Festival Castello, Times Zones, capaci di
mischiare le carte delle programmazioni e, cosa sino ad allora impensabile,
di mischiare il pubblico, tanto che questo Petruzzelli diventa uno spazio
moderno che cerca di interpretare le mode e non solamente di essere un
mero contenitore. Esso insomma diventa il cuore dello spettacolo tout
court in Puglia e si pone addirittura come punto di riferimento per tutto il
Meridione sino a gareggiare per vivacità e intraprendenza con i maggiori
teatri italiani del Centro-Nord.
Nel quinquennio 1980-1984 si allunga il periodo della stagione lirica di
tradizione, l’effetto primario è il mutamento di registro che si realizza
grazie a proprie produzioni liriche cui seguono tournées del ‘gran
Petruzzelli’ addirittura fuori d’Italia, in altri continenti e nazioni: Australia,
Spagna, Norvegia, Usa, Russia, Francia, Brasile, attorno a propri spettacoli
lirici che vengono firmati da prestigiosi registi come Luca Ronconi, Mauro
Bolognini, Dario Fo, Franco Zeffirelli, Beppe De Tomasi, Roberto De
Simone, Pier Luigi Pizzi, Gabriele Lavia, Klaus M. Gruber.
Nel 1980 si inizia dalla Carriera di un libertino di Igor Stravinskij, opera
del ‘900 diretta dal m° Rino Marrone e mai prima rappresentata,
ovviamente, che va addirittura da inaugurare la prima stagione del nuovo
corso; poi si passa al Barbiere di Siviglia di Giovanni Paisiello replicata
anche a Pietroburgo, in Russia, la città di Caterina II per cui corte il
musicista tarantino la compose nel 1782, e poi in altri teatri di città
europee sino ad arrivare in Australia, a Brisbane. Non da meno furono la
edizione moderna della Iphigénie en Tauride di Piccinni esportata da Bari
nel prestigioso Théâtre du Châtelet di Parigi con protagonista Katia
Ricciarelli; i Puritani di Bellini in una rara edizione storica, sino ad
arrivare al culmine per davvero spettacolare di una Aida messa in scena al
Cairo, sotto le piramidi di Giza, con la regìa di Mauro Bolognini.
Del tutto ovvio accennare all’alto livello raggiunto con star della danza che
si susseguono sul suo palcoscenico: Maurice Béjart, Rudolf Nureyev,
Margot Fonteyn, Michail Barisˇnikov, Carolyn Carlson, Roland Petit,
Carla Fracci, Patrick Dupond, Noella Pontois, Antonio Gades, Luciana
Savignano, Pina Baush, Micha von Hoecke, Maguy Marin, Alessandra
Ferri, Martha Graham, Alvin Ailey, Pina Baush. Del pari interessante per
le ricadute davvero ‘spettacolari’ furono i recital di cantanti famosissimi
con Frank Sinatra, Liza Minelli, Jerry Lewis. Utile accennare anche al
settore-prosa con la presenza di spettacoli firmati dagli artisti di fama
internazionale Dario Fo, Tadeus Kantor, Giorgio Strehler, Jerome Savary,
Carmelo Bene, Mario Martone, Glauco Mauri, Lindsay Kemp.
Il passo conseguente è quello di dotarsi di una propria orchestra e di un
proprio coro, stabili, quale condizione indispensabile per il salto di qualità
verso il riconoscimento di 13° Ente Lirico italiano.
Ma dopo dieci anni, ininterrotti, di tale grande ‘festa dello spettacolo’ che
aveva assicurato, senza ombra di dubbio, un miglioramento del tessuto
culturale generale pugliese in specie giovanile, ecco che una notte di
tregenda, il 27 ottobre 1991, manda tutto letteralmente in fumo, al culmine
di una parabola ascensionale apparentemente inarrestabile. Un vulnus che,
al di là delle implicazioni personali che travolgono il giovane gestore, si
accentua ancora di più quella «epopea» del politeama Petruzzelli che
aveva intelligentemente abbracciato tutti i generi di spettacolo e tutti i
pubblici possibili e che era tornato a brillare di luce propria nelle mani di
un management giovane che ne aveva assicurato il successo
internazionale.
Per intanto, il panorama della musica barese si presentava annichilito in
mancanza di una sponda ragguardevole, anzi della sponda per eccellenza
che assicurava lavoro e prospettive di lavoro artistico alla massa di
diplomati provenienti dai cinque conservatori musicali regionali.
L’orchestra e il coro del fu teatro, mezzo ineludibile per essere struttura di
produzione, smobilitano senza che nessuno, né tanto meno i partiti politici
e le organizzazioni sindacali, capiscano che non è il caso di aggiungere
alla distruzione materiale la distruzione artistica e professionale. La musica
colta locale entra pertanto in un oscuro tunnel che non lascia speranza e
solamente le storiche associazioni musicali private cittadine (Camerata,
Collegium Musicum, Fondazione) continuano a reggere la sfida ora
diversificando al massimo le loro proposte e forse un po’ imitando quel
Petruzzelli degli anni Ottanta con programmazioni ballettistiche, di jazz e
recital di cantanti di musica leggera. Resta insoluto l’affaire della
ricostruzione dell’«immobile» che si scopre ferito, ma non a morte. Infatti,
le strutture esterne hanno resistito al fuoco e la sola sala interna è solo
fortemente danneggiata al contrario della cupola imponente e bellamente
affrescata in puro stile liberty che è tutta crollata.
Si inizia un balletto senza fine con ministri, direttori generali del
competente ministero, ispettori della Soprintendenza che si succedono
escogitando soluzioni improbabili per una soluzione che invece è sotto gli
occhi di tutti. La questione è sempre la solita: può un bene culturale storico
e di uso pubblico, per di più governato per la gran parte grazie a danaro
pubblico, continuare a restare in mano private? Tuttavia con
un’improvvisa svolta, alla fine del 2006 e facendo leva sul dato storico che
il ‘Petruzzelli’ sorgeva e sorge su suolo pubblico, si dà corso all’esproprio
forzato del bene materiale e si avviano i lavori di ricostruzione col
concorso, appunto, degli enti locali e del ministero dello Spettacolo. Una
accelerazione che porta in breve, e insperatamente, al risorgimento del
teatro: esso rivive sulle proprie ceneri come araba fenice e viene riaperto
alla fine del 2009 dopo un riuscito restauro totale: il nuovo Petruzzelli
degli anni Duemila passa quindi, e totalmente, alla mano pubblica. Esso
può in tal modo finalmente entrare nel novero delle Fondazioni Lirico-
Sinfoniche italiane tenendo ferma la caratteristica portante della sua
attività che, per legge, deve essere esclusivamente legata alla produzione
di opere liriche e di concerti sinfonici. In un certo senso dunque, si torna
indietro, all’oggi di una rassicurante «quiete dopo la tempesta».
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