sabato 13 dicembre 2025

USA e ITALIA. I due Governi parlano la stessa lingua: invidiosi sinistrosi, poveri comunisti... Trump sulla costruenda sala da ballo; Bernini sugli studenti di medicina protestatari

 

La sala da ballo di Trump finisce in tribunale: il National Trust chiede di bloccarla. Lui: «Covo di sinistrorsi invidiosi»

 Glielo avevano chiesto in ogni modo: «Signor presidente, parliamone, prima di demolire la East Wing per metterci una sala da ballo cerchiamo di capire cosa si può fare in alternativa». Ma Donald Trump, come su tutto, aveva molta fretta. E visto che il suo sogno, lui immobiliarista fino al midollo, era quello di lasciare un monumento a se stesso, un'impronta architettonica perenne sulla Casa Bianca, è andato avanti con rapidità oggettivamente impressionante. 

A luglio ha fatto l’annuncio, modesto e poco chiaro, per confondere. 

A settembre, cogliendo tutti di sorpresa, ha demolito in pochi giorni la East Wing, tradizionale residenza delle First Ladies e dunque a suo modo leggenda, polverizzando oltre un secolo di storia e ricordi. 

A quel punto non restava che portare il Presidente in tribunale: il Consiglio del National Trust for Historic Preservation, organizzazione «non profit», lo ha fatto ieri, denunciando Donald Trump e altri membri del suo entourage per aver violato la più elementare norma di consultazione collaborativa, prevista dal Congresso e dalla Costituzione e chiedendo al giudice di bloccare i lavori in attesa di una revisione congrua e adatta al contesto architettonico della Casa Bianca. Anche perché la Sala da Ballo di Trump è talmente grande da soverchiare la Prima Residenza americana, un enorme parallelepido oggettivamente sgradevole a giudicare dai modelli in prospettiva, da quasi 9.000 metri quadrati. Per dare un’idea delle dimensioni, una sala da ballo normale di un grande albergo in Italia può essere di 500 metri quadri e far sedere oltre 300 persone. Le più grandi sale da ballo a Washington sono dell’Hotel Hilton, dove si tiene tradizionalmente la cena annuale della NIAF, circa 3,000 metri quadri, che può far sedere fino a 2500 persone. Ma essendo Trump Trump, la sua doveva essere la più grande d’America (e - chissà - forse del mondo). Per la precisione il progetto conta 8.360 metri quadri su tre piani, un seminterrato, un primo piano con uffici per la First Lady ed altro e un secondo piano con questa enorme piazza d’armi con una scalinata imperiale esterna. L’opposto dell’«understament» della precedente costruzione, iniziata nel 1909.

Ci sono stato varie volte. Era l’ingresso tradizionale per andare agli eventi organizzati dai presidenti americani nella Residenza. Si entrava da una strada privata che separava la Casa Bianca dal dipartimento al Tesoro per i controlli di sicurezza. La costruzione era bassa, a un piano con un largo ingresso neoclassico in linea con la costruzione principale. C'era anche un seminterrato con rifugio antiatomico e un corridio di collegamento con la residenza attarverso le cucine (lo usava sempre Rosalyn Carter, la prima First Lady a sistemare lì i suoi uffici). Dal grande foyer si apriva un lungo e largo corridoio che arrivava alla residenza. Dal corridoio si aprivano il guardaroba per lasciare i cappotti, la sala per le proiezioni private della First Family in residenza. C'erano grandi poltrone in prima fila per la famiglia e altre comode poltrone da cinema per guardare film o televisione con gli ospiti, fino a un massimo di 42 persone. Soprattutto nella East Wing c’era lo spazio per allestire fantastici addobbi natalizi, se si era a cavallo del periodo delle feste, o mostre fotografiche su eventi o personaggi storici americani. Questo per dire che pur essendo costruita a misura d’uomo non era certo piccola. Fu anche allargata leggermente negli anni Quaranta, seguendo l’approccio consultivo tradizionale.

In questo caso il problema per Trump è che - oltre al National Trust - circa il 60% dell’opinione pubblica americana è contraria alla costruzione di questa aggiunta gigantesca e oggettivamente di dubbio gusto che rovina l’elegante profilo della Casa Bianca. Un profilo leggero e molto particolare, con l’ingresso principale a colonne ioniche e il retro a semicerchio, sempre con alte colonne a capitello ionico, che si affaccia sul parco. È quello l’ingresso tradizionale per le visite di stato al mattino. Per gli eventi ufficiali serali gli ospiti di Stato arrivano dal foyer principale.

Occorre dire che esiste un problema oggettivo: tradizionalmente le cene di Stato offerte dal presidente erano organizzate nella State Dining Room, una grande stanza che può far sedere fino a 140 persone. La sala da pranzo di Stato è stata rinnovata varie volte nei decenni, semplicemente sostituendo la tappezzeria o il decoro o le sedie, mai con cambiamenti strutturali (a parte durante la Presidenza Theodore Roosevelet che la volle ingrandire) e sempre in coordinamento con le autorità preposte alla conservazione del patrimonio storico della Residenza. Certo, organizzare una cena di Stato da 140 persone oggi può essere limitante. Per ovviare al problema, l’abitudine è sempre stata quella, in tempi recenti, di montare una grande tenda in Giardino dove si possono sedere anche 300 persone. Il Presidente Barack Obama ad esempio organizzò l’ultima cena di stato della sua amministrazione il 19 ottobre del 2016 in onore dell’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi appunto in una grande tenda in giardino, festa memorabile e funzionale. Ma ogni volta che si smonta la tenda si rovina il giardino. C’è il rischio di intrusi (come è successo in occasione di una cena di Stato per il primo ministro indiano Singh nel 2009) e con maggiori problemi di sicurezza di ogni genere. Certo, il fatto che la Casa Bianca non abbia una sala adeguata per ospitare un grande evento è una questione da tempo oggetto di dibattito. A Trump va il merito di aver rotto gli indugi e di aver trovato anche donatori privati che finanzieranno il progetto dal costo di 300 milioni di dollari. 

Rischio di conflitti di interesse a parte, qual è stata la risposta ufficiale alla causa in tribunale intentata ieri? «Parleremo con il National Trust e risolveremo tutto in breve tempo, intanto continuiamo la costruzione» ha detto un portavoce della Casa Bianca. Trump è stato più diretto: «Sono un covo di sinistrorsi invidiosiHo appurato che alla Casa Bianca il Presidente può fare quello che vuole, dunque andiamo avanti». 

La corsa ora diventa contro il tempo. La strategia del National Trust? Bloccare i lavori per allungare le procedure amministrative fino a una nuova amministrazione più ragionevole e più modesta. Trump infatti non scenderà a compromessi. Il (suo) nuovo monumento deve essere come lo vuole lui.

                                            ( da Corriere della Sera, di Mario Platero)

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