mercoledì 3 aprile 2019

'Il Suono, il Silenzio, l'Ascolto' . La musica di Salvatore Sciarrino dagli anni Sessanta a oggi, di Pietro Misuraca. Edizioni NeoClassica


                       A Salvatore Sciarrino. Oggi, per il suo compleanno

A proposito del recente volume 
Il Suono, il Silenzio, l'Ascolto di Pietro Misuraca 
edito dalle edizioni NeoClassica


Conosco Salvatore Sciarrino da molti anni, una quarantina circa. Cominciammo a frequentarci a Perugia; lui si era da poco stabilito a Città di Castello, ed insegnava al Conservatorio Morlacchi, dove anch'io fui destinato nei primi anni di insegnamento.

Poi ci perdemmo di vista per un certo periodo, purtroppo non breve, per colpa di un articolo - che egli giudicò malamente e che io avrei dovuto, secondo lui, non pubblicare - scritto da Sylvano Bussotti, per Piano Time, il mensile che avevo fondato nel 1983 e che allora dirigevo.

Riallacciammo i rapporti in occasione di una edizione del Festival internazionale delle Nazioni di Città di Castello e riprendemmo a frequentarci, al punto che nel 2003 quando la presidenza del festival propose a lui la direzione artistica, lui fece il mio nome per l' edizione dell'anno successivo ed io accettai con entusiasmo - ancora si ricorda l'eccezionale riuscita di quella edizione del festival.

Da allora e fino ad oggi i nostri rapporti sono stati sempre buoni, ci siamo spesso visti ed anche sentiti, pur abitando lontani, come due buoni amici. Inutile aggiungere che io mi sono sempre sentito onorato della sua amicizia, ma penso anche lui.

Perchè racconto questo? Per dire semplicemente che in tutti questi anni io non l'ho mai intervistato né scritto alcunchè su di lui, pur avendone la possibilità e conoscendolo abbastanza bene; e non perchè sono mancate le occasioni. Per la ragione che con un amico - mi è capitato anche altre volte con altri amici musicisti - non riesco ad avere il necessario distacco che il lavoro giornalistico consiglierebbe. Al punto che, quando ascolto una pubblica esecuzione della sua musica, come numerose volte mi è capitato, perdo la necessaria libertà di pensiero e di ascolto, indispensabili ambedue.

E perciò tutte le volte che sulle riviste che ho diretto ho fatto uscire qualcosa su Sciarrino, a cominciare da Piano Time, ho preferito, profittando della sua amichevole disponibilità, pubblicare un suo scritto - come è accaduto tante volte, anche sulle pagine dell'ultima rivista che ho diretto, Music@.

Uno in particolare, che pubblicai su Music@ mi colpì: 'Malinconia degli studi', di sapore anche autobiografico ma non esclusivamente tale, che era poi la 'lectio magistralis' che Sciarrino pronunciò nel 2007 a Palermo, sua città natale, in occasione del conferimento, per i suoi sessant'anni, della laurea honoris causa della Università cittadina che aveva frequentato ancora con i pantaloni corti, negli anni in cui vi insegnava anche Luigi Rognoni.

Quasi sempre, negli anni, 2007-2013 ho potuto anticipare su Music@ le fascinose e profonde presentazioni che ha fatto delle sue opere, anche quando i titoli si presentavano nella loro asciutta ed antica bellezza: madrigali, quartetto...i quali, secondo il suo pensiero e convinzione, necessitavano a maggior ragione di un qualche chiarimento per non essere fraintesi ed assunti come 'comodo' ritorno all'antico.

Per la gran parte degli altri titoli c'è da augurarsi che un letterato creativo, mettendoli in fila, faccia un giorno emergere la trama che racconta via via oltre la sua personalità, gli interessi, le scoperte e le passioni che Sciarrino vive ed alimenta insieme alla musica.
Venendo poi agli scritti ormai innumerevoli che critici musicali, musicologi, semiologi hanno dedicato alla sua opera, non escluse monografie, cataloghi ragionati ed anche alcune tesi di laurea, un termine campeggia e ricorre, più di ogni altro, come non accade nelle esegesi musicali di qualunque altro compositore: 'suono'.

Lo si trova anche nel titolo dell'ultima monografia (alla cui presentazione romana, nelle passate settimane, ad opera di Susanna Pasticci, abbiamo assistito), scritta da Pietro Misuraca e appena pubblicata dalla editrice NeoClassica: Il suono, il silenzio, l'ascolto. La musica di Salvatore Sciarrino dagli anni Sessanta a oggi.

Già nel 2008 Misuraca aveva pubblicato per l'editrice palermitana Unda maris,: Salvatore Sciarrino. Itinerario di un alchimusico, in riferimento alla ben nota alchimia con cui Sciarrino ci ha abituati a trattare il suono.

E, non a caso, Carte da suono (1981-2001) è anche il titolo di una silloge di scritti di Sciarrino, pubblicata nel 2001 dalle Edizioni Novecento-Cidim.

Nella stessa direzione si muove la motivazione di uno dei premi che Sciarrino ha meritato, quello della Fondazione spagnola BBVA, intitolato 'Frontiere della conoscenza' che egli nell'indagare il suono ha allargato.

La ragione di tale insistenza la spiega nel prologo-prefazione del suo studio Misuraca: “Sciarrino, per la novità nella concezione del suono, la pioneristica attenzione alle leggi della percezione e dell'ascolto... è uno dei protagonisti della panorama musicale contemporaneo”.

Dove comincia dalla particolare sua formazione di autodidatta. Scrive il compositore, in prima persona:”... essere autodidatta vuol dire studiare bene i classici e respirare a pieni polmoni la libertà: essa è necessaria a costruire la propria personalità. Essere autodidatti significa non smettere mai di scoprire e di studiare... Ognuno deve approfondire la propria coscienza e allargare i propri orizzonti: verso il fondo di se stessi e verso la realtà. Sono questi due movimenti che la scuola non ci insegna e che invece danno vita alla personalità di un artista”.

Altro elemento della formazione di Scariino, spiega ancora Misuraca, è l'assimilazione della poetica dell'haiku giapponese: bandire dalla poesia la nostra soggettività.
I poeti dell'Occidente parlano quasi sempre in prima persona e di se stessi, quelli orientali, invece, fanno parlare gli eventi, i fatti.

E per questo il musicista proteso verso la centralità del suono, prese le distanze sia dal 'postwebernismo' che dal 'dadaismo', già nelle prime esperienze da compositore. La concezione della musica e il particolare mondo sonoro apparvero subito singolari e: “ mi pesarono” – riflette Sciarrino, che li “ pagò con l'isolamento. Mi trovavo in mezzo a musicisti assillati dall'ordinamento delle altezze quasi fosse l'ultima speranza... Nutrivo esigenze di suono, di totalità, di manifestarne la costituzione...

La sua produzione, dunque, è animata da un 'concreto desiderio di suono': “la nascita del suono è fenomeno conturbante ben più di qualsiasi gioco di pallottoliere”.

Dal suono all' ascolto. “ Le vere strutture del linguaggio non possono prescindere dalla percezione, sono, anzi, senza di questa, rese affatto prive di senso, addirittura non esistono”, scrive Sciarrino, che in una intervista precisa: “tutti i miei pezzi tentano di capire cosa accade quando qualcuno l'ascolta. Ed ancora: “ Nella mia musica c'è uno spostamento dell'attenzione dal mondo oggettivo del testo, del linguaggio, a ciò che arriva all'ascoltatore e a come egli lo percepisce”.

Il suo modo di ascoltare la musica è lo stesso sia che si tratti di musica moderna che antica, perchè la percezione è la stessa. Sciarrino tende “a dar vita ad un nuovo umanesimo in cui passato e presente possono essere guardati allo stesso modo”. Di conseguenza, realizza anche un filone fondamentale della sua produzione, quello dello studio, della ricostruzione filologica e dell'elaborazione di musiche preesistenti. Anche in questa posizione, evidente la sua polemica contro certe avanguardie che puntavano a creare una sorta di tabula rasa con il passato; dove egli è alla ricerca della originaria carica di novità, piuttosto che al recupero di tratti retrospettivi. Si ascolti il recente 'Sposalizio' da Liszt, scritto per l'Orchestra di Padova.

Ostinatamente ho cercato di confrontarmi con i grandi del passato. Ma è una sfida etica, non estetica. Non confondere: mentre io ho dimestichezza con loro, nei risultati la mia musica ne è lontanissima. La sfida lanciata a noi dai classici, che si può vincere, è nel superare i propri limiti. Anzi: nel superarli con larghezza, proprio dove abbiamo dato il meglio, lì dobbiamo ancora impietosamente superarci” .(Sciarrino)

Fin qui la chiarissima prefazione che Misuraca dedica a Sciarrino, e che noi abbiamo cercato di sintetizzare. Poi, in modo singolare, procede la sua ricerca, che insegue e segnala elementi ricorrenti della produzione di Sciarrino, ma attraverso un sistema che definiremo per 'cerchi concentrici', dentro i quali trovano posto anche riflessioni, ad esempio, sulla 'nuova vocalità' sperimentata nelle composizioni vocali, numerose, come anche in tutti i titoli del suo già ricco, ma non concluso, catalogo di teatro musicale, fino allo Stradella, scritto per la Scala. Si leggano i capitoli 'La nuova vocalità', e 'Cantare con silenzio'

Il volume, di quasi 300 pagine densisime, si conclude con il catalogo aggiornato delle opere di Sciarrino e la già sterminata 'bibliografia', nella quale indispensabile e privilegiato spazio occupano gli scritti del compositore. (Pietro Acquafredda)

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