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Giacomo Poretti proporrà un monologo intitolato «Per far un’anima», che raccoglie riflessioni su un “organo” che i manuali di anatomia non contemplano, ma di cui si parla da sempre: quando si sviluppa l’anima in un essere vivente? Esiste realmente o è solo una chimera, un desiderio?
«Il progetto - spiega Giacomo - mi frullava in testa da quando è nato mio figlio Emanuele. In quell’occasione venne a trovarci in ospedale un anziano sacerdote che mia moglie ed io conoscevamo bene. Si complimentò con noi e ci disse: bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima. Questa frase mi è rimasta dentro per molto tempo, si è sedimentata finché non mi sono deciso ad affrontare la questione, un compito certo non facile. Ho usato il linguaggio dell’umorismo e dell’ironia – sottolinea l’attore e autore del monologo - e mi sono posto un sacco di domande. Come nasce l’anima? Spunta coi dentini da latte? O dopo? Quanto incide una corretta alimentazione a farla crescere? E, nel caso, sarebbe meglio una dieta iperproteica o senza glutine, oppure povera di sodio? Ma l’anima esiste davvero o è una nostra invenzione? E ancora: è una parola da mandare in pensione o i tempi complicati che stiamo attraversando la rendono più che mai ineludibile?».
Anima, dice Poretti, «è una parola che rischia l’estinzione, a fianco dei vocaboli moderni, più chiassosi e sguaiati. E poi - prosegue Giacomo - a pensarci bene a cosa serve un’anima? Nessuno ti chiede di esibirla: quando ti fermano i carabinieri si accontentano di patente e libretto, se fai acquisti su internet bastano carta di credito e mail. L’anima sembra la cosa più antimoderna che possa esistere, più antica del treno a vapore, più vecchia del televisore a tubo catodico, più demodè delle pattine da mettere in un salotto con la cera al pavimento; lontana come una foto in bianco e nero, bizzarra come un ventaglio, eccentrica come uno smoking e inutile come un papillon».
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