Diversamente dalla maggioranza dei paesi europei, dove un festival fa la parte del leone e agli altri restano le briciole, l’Italia conferma la natura di paese dei mille campanili: decine di festival un po’ ovunque ma nessuno di altissima caratura. Come orientarsi? Regola sana è di preferire chi produce a chi ospita cose «in transito» che il giorno dopo si ascoltano altrove. Sul fronte operistico la spuntano Macerata e Martina Franca, che si rivolge a un pubblico selezionato proponendo titoli rari se non inediti. Date le dimensioni dello Sferisterio, Macerata è costretta a scegliere titoli popolari. Suscitano interesse le scommesse di regia. E così, oltre alla ripresa della storica Traviata degli specchi, ecco arrivare una Carmen affidata a Daniele Menghini che trasforma il gigantesco palco in una «Plaza de Toros» per la sempre ispirata e consistente bacchetta di Donato Renzetti, e una Lucia di Lammermoor la cui ambientazione romantico-notturna è affidata a Jean-Louise Grinda. Da non perdere la Messa da Requiem verdiana diretta dallo stesso Renzetti con un cast niente male e il balletto Don Juan su musiche di Álvarez eseguite dalla Filarmonica marchigiana. Da Macerata a Siena, o meglio a Radicondoli, non è un lungo viaggio. Ma vale la pena di percorrerlo per la prima edizione postuma del magnifico pezzo corale Canticum di Luciano Berio.