domenica 17 aprile 2022

L'OPERA, rivista di musica lirica, è fallita. Condanna attenuata al direttore Lenoci per 'l'amore verso la lirica' ( da Corriere della Sera, di Luigi Ferrarella)

 Bancarottiere sì, a tenore di legge per il fallimento da 800.000 euro della società dell’unica rivista dedicata ai cultori dell’opera lirica, ma gratificato dal Tribunale di Milano della rara «attenuante di avere agito per motivi di particolare valore morale e sociale»: e cioè per aver «continuato per anni a fornire», con la rivista «L’Opera-International Magazine», «il suo prezioso contributo in Italia e nel mondo alla Conoscenza dell'Opera,  e alla Bellezza». Sabino Lenoci, 69 anni, nel 2019 era stato rinviato a giudizio per bancarotta della Proscenio Srl, società fallita il 17 novembre 2016 e avente come unica attività la pubblicazione di due riviste teatrali, «Musical!» e soprattutto «L’Opera», tutt’oggi punto di riferimento dei melomani italiani.

 

La gestione «casalinga» della rivista

Alle prese con la crisi del settore teatrale, il calo delle vendite, il crollo della richiesta di spazi pubblicitari, e dunque conti in perdita ogni anno già dal 2008, Lenoci nel cercare di stare a galla le aveva provate tutte, compreso rimandare di pagare le imposte e ricorrere a finanziamenti e ipoteche nei rapporti con suo cognato e sua sorella, tutte operazioni che da un punto di vista formale avevano pienamente integrato i reati fallimentari. La giudice Giusi Barbara, nel condannarlo in rito abbreviato, osserva che «certamente Lenoci», pur non avendo intenti truffaldini né mirando a sottrarre cespiti all’azienda (i marchi delle riviste avevano valore commerciale zero), «è stato superficiale a incassare i proventi delle vendite degli abbonamenti della rivista sul suo conto corrente personale». Ma ciò appare alla giudice «riconducibile a una scarsa conoscenza dei principi contabili, alla fiducia nei professionisti a cui si era affidato, e a una gestione “casalinga” della rivista, più che all’intento di depauperare la società che pubblicava la rivista». 

 

Le tasse e i rinvii

Per la sentenza «non vi è prova che Lenoci non intendesse pagare le imposte», nel senso che «di fronte alle difficoltà finanziarie è stata fatta la scelta di prendere tempo in attesa di provvedimenti legislativi più favorevoli, all’unico scopo di mantenere in vita la rivista, proseguire la pubblicazione, e consentire così agli appassionati di opera lirica di poter continuare a godere dell’unica pregevole iniziativa editoriale del settore in Italia». Invece insuperabile dal punto di vista penale è che Lenoci, quale amministratore di fatto della società, «effettivamente avrebbe dovuto già nel 2008, e certamente negli anni successivi, rendersi conto della impossibilità di proseguire l’attività, perché la società operava in perdita e non aveva alcuna possibilità di fare fronte ai debiti che si andavano accumulando». Quindi «avrebbe dovuto chiedere in proprio il fallimento, evitando l’aggravamento del dissesto», e non averlo fatto integra il reato che é punito anche a titolo di colpa. 

 

Il sogno della 

«Ma questo giudice — è la particolarissima valutazione nella sentenza — non può esimersi dal rilevare che la “colpa“ dell’imputato è stata quella di continuare a credere nel sogno (al quale ha dedicato l’intera vita) che ancora vi sia spazio in Italia per una iniziativa culturale ed editoriale avente come scopo la promozione della conoscenza dell’opera lirica quale aspetto caratterizzante nel mondo la cultura italiana». Per questo la giudice riconosce a Lenoci, difeso in questa causa dall’avvocato ed egli stesso melomane Davide Steccanella, quella attenuante speciale negli ultimi anni riconosciuta nella giurisprudenza quasi solo al sindaco milanese Beppe Sala nel processo per falso nella vicenda Expo 2015, e cioè «l’avere agito per motivi di particolare valore morale e sociale, continuando per anni a fornire il suo prezioso contributo in Italia e nel mondo alla Conoscenza, alla e alla Bellezza». Attenuante che — insieme alle riduzioni per il rito abbreviato, l’incensuratezza e il danno risarcito — fa scendere la condanna per bancarotta a 2 mesi di reclusione, convertiti nella sanzione pecuniaria di 15.000 euro e coperti dalla sospensione condizionale della pena. lferrarella@corriere.it 

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