lunedì 1 giugno 2020

Dai giardini del Quirinale il concerto per il 2 giugno, vittima della tv e di Rai Cultura

Ci ferisce ed addolora  essere costretti ad ammettere la poca attenzione e scarsa professionalità della direzione cosiddetta culturale della Rai, nello specifico Rai Cultura, ed il canale sul quale principalmente essa opera, cioè Rai 5.

Conferma ulteriore è venuta dal concerto appena trasmesso in diretta da Rai Uno, a cura di Rai Cultura, con la regia di Daniela Di Luise, dai giardini del Quirinale, per la Festa della repubblica che il nostro paese celebra il 2 giugno.

La scelta di un programma sommesso e raccolto nei toni - nel quale, di conseguenza, il Vivaldi stonava - era dettata dal 'ricordo delle vittime del Coronavirus', cui s'era voluto, a ragione, dedicare il concerto

Il quale è iniziato con un 'arrangiamento' per archi dell'Inno nazionale, seguito dal discorso del Presidente Mattarella, il quale  poi è stato letteralmente ignorato durante l'intero concerto, benchè fosse unico spettatore, istituzionale per giunta.

Prima che il programma iniziasse, una giornalista di Rai Uno ha commentato il discorso di Mattarella ( fatto addirittura 'bizzarro', a discorso appena terminato), per 'permettere all'orchestra di accordare gli strumenti' -  si è giustificata. Mentre la ragione era tutt'altra e di ordine pratico: rimuovere un cespuglio verde ad alto fusto e fittissimo, invasato, messo lì davanti per celare il cosiddetto 'gobbo' elettronico sul quale il presidente leggeva il discorso. E infatti quel cespuglio che s'era visto ad inizio di concerto, dopo il discorso era come  magicamente scomparso.

Poi il  concerto vero e proprio, nel corso del quale, l'inavveduta regista mostrava un tizio che smaneggiava con un telefonino  dietro la vetrata, accanto ad una telecamera, alle spalle d'orchestra.

E durante il concerto ha inanellato altre perle indimenticabili: si è visto sbucare da un cespuglio qualcuno, alle spalle del direttore, e un paio di volte muoversi un tecnico con la steadycam, e pure un fotografo.

Viene da chiedersi se, vista la elementarietà tecnica del concerto, non era il caso di celare alla vista degli spettatori tv - come s'era fatto con il 'gobbo' - le telecamere con qualche vaso verde, in modo che la ripresa risultasse 'pulita' e curata.

La regista ci ha anche deliziato con le bandiere che sventolano sul palazzo, quando la musica raccolta del 'tempo di quartetto' di Webern - non la coinvolgeva, come del resto tutto il concerto, ci è consentito dedurre dalla sciatteria con cui lo si è ripreso e trasmesso.

E, per pietà professionale, passiamo sopra quella invenzione - se di invenzione si è trattato - di staccare infinite volte con il nero durante tutto il brano di Arvo Part; e se, invece, di un problema tecnico si è trattato, la cosa è ancora più grave, trattandosi di un concerto istituzionalmente importante e  primo dopo l'isolamento generale dovuto alla pandemia.  

Insomma  anche in un concerto per una quindicina di strumentisti compostissimi, come del resto lo era anche il direttore, senza altra distrazione, la regia è riuscita a commettere tutte quelle sgrammaticature, indice di inadeguatezza da parte della diretta interessata e di sciatteria nell'affidamento dell'incarico da parte della direzione di Rai Cultura.

Il che testimonia che Silvia Calandrelli nei lunghi anni da quando ha la responsabilità di Rai Cultura  non è riuscita ancora a creare una squadra di registi capaci e competenti da destinare alle riprese musicali (per l'opera o per il teatro le cose sembrano essere meno catastrofiche). Lo abbiamo sempre pensato fin dai tempi in cui ci occupavamo del 'Concerto di Capodanno' dalla Fenice, quando vedevamo, ogni anno, arrivare un regista nuovo, possiamo dirlo: senza arte né parte, il quale era costretto, per manifesta incapacità ed inadeguatezza,  a delegare di fatto qualunque decisione, anche quelle che spettavano a lui e a lui soltanto, agli assistenti musicali. 

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