giovedì 8 dicembre 2022

Sgarbi sulla governance della Scala, per dare una mano alla premier Meloni?

 Sgarbi, rivolgendosi direttamente al sindaco Sala - che, come si sa della Scala è presidente - gli suggerisce di cercare fra gli italiani il prossimo sovrintendente del teatro milanese, dopo che per quattro mandati è stato preso oltre le Alpi: Lissner per 2 mandati, poi Pereira, ed ora Meyer.

 Non è la prima volta che Sgarbi assume una simile posizione. Lo fece ai tempi in cui Franceschini, affidando le decisioni ad una giuria nominata e presieduta da Baratta, nominò i direttori di musei e di siti archeologici,  molti dei quali  risultarono essere stranieri. Allora la sua contestazione aveva più senso, perchè dei candidati i  curriculum e le ragioni di alcune scelte restarono nel segreto della giuria e nella mente di Paolo Baratta, allora anche presidente, da parecchi anni, della Biennale,  esponente PD di tutta sicurezza.

 Oggi Sgarbi chiede che il sovrintendente del massimo teatro italiano sia italiano. In questo momento sovrintendenti delle nostre fondazioni liriche sono quasi tutti italiani, ad eccezione di quattro: Scala, Regio di Torino, Maggio Musicale Fiorentino, San  Carlo; i quali, ad onor del vero, hanno alle spalle esperienze lavorative nella guida di teatri di grande prestigio.

 Dunque Sgarbi non può avercela con loro perchè privi del 'minimo sindacale' per accedere a tali prestigiosi incarichi, e  che potrebbe costituire una ragione plausibile. Allora si tratta di una questione di principio? No di certo, come potrebbe apparire a prima vista. I grandi manager in  ogni settore, vengono scelti - laddove  le decisioni non sono assunte o suggerite dalla politica - con criteri qualitativi che non guardano alla nazionalità dei candidati.

 Ma come, difendiamo questa tesi proprio  noi che da tempo andiamo inveendo contro la eccessiva presenza di artisti stranieri nei nostri cartelloni musicali?  Interi cartelloni  con  nomi quasi esclusivamente stranieri è ben altra cosa. Ne abbiamo avuto prova anche nei giorni scorsi a proposito di una festival  cameristico a Palermo, dove nel 2021 di italiani neppure l'ombra e, in quello in corso, su una ventina ancora di concerti, in uno solo compariva un musicista italiano. E' chiaro che a Palermo, ma anche altrove, in molti casi, si tratta di una anomalia che andrebbe corretta, perchè non ha giustificazione alcuna, se non di quelle forse impronunciabili alle quali il nostro Paese, purtroppo, ci ha spesso abituati.

 Il caso dei sovrintendenti è diverso. E per questo poniamo noi una domanda, anzi due, a Sgarbi che ci sembra voglia dare, a tutti i costi e in goni modo, una mano alla premier del governo di cui fa parte.

 La quale premier, volendo liberare per uno dei suoi fedelissimi la poltrona del vertice Rai sta progettando di far dimettere, mettendolo in minoranza, Carlo Fuortes ( che sembra non ne voglia sapere e intende restare in Rai fino alla fine del suo mandato nel 2024), nel frattempo provocare anche le dimissioni di Meyer (per questo forse Sgarbi chiede in nome di Meloni a Sala di far dimettere anzitempo Meyer) e mettere al suo posto Fuortes; e così la Meloni  può fare insediare in Rai  Rossi, suo fedelissimo.

 Oppure, se questa manovra non dovesse riuscire  alla Meloni, neppure con l'aiutino di Sgarbi, il sottosegretario può sempre  avanzare  la candidatura di qualcuno dei suoi. Pensiamo al barone rosso,  Francesco Micheli, che Sgarbi, dopo l'avventura del Festival MiTo, ha rimesso in pista affidandogli 'Ferrara Musica', in coppia con Restagno, a sua volta fedelissimo del barone rosso, che da sempre aspira a governare la Scala, ma  non dal Consiglio di amministrazione come gli tocca da anni, bensì dalla sovrintendenza.

 Ora, al di là di tutti i giochi scoperti e  non di Meloni e Sgarbi, ci spiegate perchè Fuortes dovrebbe dimettersi e dimettersi anche Meyer, per dar corso alle loro smanie di potere? Anche perchè c'è il grave rischio che la Meloni, e forse anche Sgarbi, che certo non è insensibile al fascino femminile, ci mettano  qualcuno o qualcuna della tipologia di quella direttoruccia d'orchestra che Meloni e Sangiuliano hanno promosso,  per 'premio fedeltà' e non per merito (direttoriale). 

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