domenica 5 dicembre 2021

Alla Scala Macbeth con Chailly; alla Fondazione 'Prada' Muti con Nabucco (da Il Giorno, di Grazia Lissi). Elvio Giudici usa parole forti nei riguardi di Muti

 Alla Fondazione Prada si parla di Nabucco, un viaggio nel capolavoro verdiano accompagnati da Riccardo Muti. Il maestro apre con una lectio magistralis la settima edizione dell’Accademia dell’Opera italiana, progetto di formazione rivolto ai giovani direttori d’orchestra, ai maestri collaboratori al pianoforte, ai cantanti, a tutti loro Muti trasmette la grande esperienza e conoscenza del repertorio operistico italiano. Ogni anno il maestro seleziona da tutto il mondo musicisti di età compresa fra i 18 e i 35 anni, diplomati in Direzione d’Orchestra, pianoforte e composizione, la selezione è avvenuta via video e curriculum, sono stati scelti 5 giovani per ogni categoria. "La composizione è fondamentale per un direttore, i maestri accompagnatori devono saper condurre ogni cantante non solo al pianoforte ma fornire loro la tecnica vocale, una lettura prima dell’incontro con il regista". Ricorda l’amico Strehler che diceva "Ci vuole un direttore che abbia il senso del teatro e un regista che sappia stare sul podio".

Fra le grandi edizioni di Nabucco dirette da Muti quella di Firenze regia di Luca Ronconi e quella al Teatro alla Scala regia di De Simone. "Nabucco è formato da quattro quadri: Gerusalemme, Empio, Profezia, Idolo Infranto" continua Muti, spiegando quanto la figura di Verdi e quest’opera abbiano assunto un forte significato durante il Risorgimento. "Ronconi per ricordare l’Unità d’Italia alla fine del dramma mostrò una figura di Vittorio Emanuele, erano gli anni ’70 e il pubblico lo coprì di fischi, quando il boato smise sentimmo una voce: “Ronconi nell’Arno!”". Era un’altra epoca. "Verdi fu costretto a scrivere Nabucco, era depresso dopo la morte dei suoi bambini e della moglie Margherita, non voleva più comporre. Nabucco fu un successo, nonostante non avessero soldi per metterlo in scena l’impresario Merelli noleggiò dei costumi di un balletto ispirato al racconto della Bibbia in scena anni prima". Alla Scala ci furono 56 rappresentazioni, a Vienna otto: un trionfo. "La gente, chi lavorava all’interno del teatro, tecnici, sarte si fermava ad ascoltare quella musica potente che rivelava la forza dell’Italia desiderosa di liberarsi dal giogo austriaco. Per questo ogni volta un politico annuncia che vuole sostituire l’Inno di Mameli con “Và Pensiero” mi viene da ridere. È un’aria da cantare in silenzio, è canto di dolore degli ebrei sulle rive dell’Eufrate, ogni nota deve soffrire, è un popolo che sta piangendo". Muti sottolinea con passione l’importanza della lirica nella formazione culturale degli italiani: "È nel nostro Dna Invece da noi cosa accade? Chiudono tutte le orchestre regionali per mancanza di mezzi; a Seul ci sono 18 filarmoniche attive: perché da noi non accade? Da noi è nata l’opera, sono nate le sette note, le ha create Guido d’Arezzo". Non dobbiamo dimenticarlo.

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"Ma saranno comunque rose e fiori rispetto al gusto pessimo che (“casualmente” negli stessi giorni del Macbeth scaligero) la cultura musicale milanese è da oggi chiamata a sopportare in una celebre istituzione di largo Isarco"( Elvio Giudici, su Quotidiano.net)

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 Elvio Giudici commentando il  recente concerto dell'Accademia della Scala, al quale ha preso parte Placido Domingo, termina con una espressione troppo forte nei confronti di Muti che 'casualmente'- scrive con ironia -  sfida la Scala che si prepara al suo Sant'Ambrogio con Macbeth.  Frutto di pessimo gusto definisce Giudici la contemporaneità della iniziativa della Fondazione Prada con il Macbeth scaligero.

Che Muti abbia voluto lanciare una sfida è abbastanza evidente, discende dal suo carattere sanguigno. Da quando è andato via dalla Scala, se l'è legato al dito  e quello sgarbo lo fa valere, anche in termini di vendetta, ogni volta che può. Lo ha fatto anche negli anni in cui era a Roma all'Opera. Inaugurava la stagione qualche giorno prima della Scala, come a voler rubare la ribalta al teatro milanese.

 E, in tempi recenti,  è noto il trattamento che sembrerebbe essere stato sgarbato da parte sua nei confronti di Chailly, al termine di un concerto ospitato alla Scala.

 Del resto non va dimenticato che anche Muti è stato ed è oggetto di vendette o finti corteggiamenti da parte della dirigenza scaligera e dell'ex sovrintendente Lissner in prima persona, che ha ripetuto ostentatamente la sua ostilità a Muti quando ha cancellato al San Carlo il Don Giovanni già programmato.

Giudici, che  queste cose le sa, non può usare termini troppo duri solo nei riguardi di Muti.

 Al quale diciamo però che forse non è stata scelta opportuna quella di programmare la sua accademia dedicata a Nabucco presso la Fondazione Prada, negli stessi giorni in cui l'attenzione mondiale è rivolta alla Scala, accampando ragioni di tempi e impegni.

 Ma da questo a stigmatizzarla come scelta di pessimo gusto ce ne corre.( P.A.)

                                  

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