martedì 8 dicembre 2020

Sulla Prima della Scala per la tv. Ragionando a mente fredda...

Sì, perchè le idee, buone o cattive che siano, vengono via via riflettendo. La scrittura di getto, come era d'uso ancora nei nostri anni giovanili, quando a fine spettacolo si dettava al giornale la recensione, benchè piena di verve e calore, si macchiava forse di una qualche precipitosa improvvisazione. 

 Perciò ora, a mente fredda, andiamo con ordine ad elencare i punti deboli della 'Scala per la tv' a Sant'Ambrogio. Cominciando proprio dalle somme tirate dal teatro e da certo giornalismo - in questo caso il giornalismo milanese prima di ogni altro - che immancabilmente, senza batter ciglio, si adegua. 

1." 2.608.000 telespettatori in Italia, con uno share del 14% è stato un successo", hanno detto o scritto quasi tutti. L'Ansa, nella corrispondenza che abbiano riprodotto anche su questo blog, accusa: appena 250.000 in meno rispetto alla inaugurazione dell'anno scorso con Tosca (2.850.000). Medesima durata, diverso orario, lì un titolo d'opera, qui una carrellata di brani famosissimi e meno famosi. Certo non è risultato disprezzabile, ma neppure entusiasmante,  tanto da far gridare la miracolo, o al successo - come si preferisce in tempi di laicità dilagante.

 L'anno in cui per la prima volta il Concerto di Capodanno da Venezia, al quale collaboravamo - a questo punto sapete a memoria che noi per una decina d'anni abbiamo lavorato alla confezione del programma, e forse non ci sarebbe neanche bisogno che noi lo ripetessimo, però...non si sa mai - perse oltre 1.000.000 di telespettatori rispetto all'edizione dell'anno prima, quando la responsabilità anche del programma fu tutta di Ortombina,  con un pò di  sarcasmo, facemmo notare la perdita secca ai dirigenti Rai. Giancarlo Leone, direttore di Rai 1, si disse soddisfatto: non siamo scesi sotto i 3.000.000. Ma  l'anno prima erano 4.000.000 abbondanti. Risposta, sempre di Leone (per bocca della sua capostruttura): siamo contento, è stato un successo.

 Alla stessa maniera sono contenti i dirigenti scaligeri;  come per i 650.000 circa che hanno  seguito su Rai 3 Il Barbiere di Siviglia di Roma, ha mostrato contentezza Fuortes. Un successo!  Per tutti è sempre un successo.

2. Nelle poche frasi che Chailly ha detto all'inizio, ci ha colpiti quella riguardante il criterio di scelta dei brani: sono stati quasi una scelta obbligata attingendo al repertorio o ai 'desiderata' dei cantanti impegnati. Un errore madornale.

In  un programma come  quello di ieri sera, fatto esclusivamente per la tv cosiddetta generalista non si deve dimenticare che il criterio di scelta dei  brani deve essere esattamente l'opposto di quello indicato da Chailly. Prima scegli una scaletta di brani, pensando anche alla tv,  attingendoli al catalogo di quelli più conosciuti ed ancora popolari,  e cambiando nella successione il più possibile atmosfera dei singoli brani e poi li affidi ai cantanti. Non possiamo credere che oltre quelli che hanno cantato non avrebbero potuto cantarne moltissimi altri, se solo fossero stati proposti con un pizzico di imposizione. Chiunque  avrebbe voluto esser ieri alla Scala e godere della preziosissima visibilità televisiva. 

Quei programmi di concerto vanno scelti secondo una logica diversissima. Se li trasmetti in tv devi considerare quali saranno i destinatari. Allora, siccome un brano vale l'altro dal punto di vista musicale, perchè la qualità è assicurata, tanto vale proporre quelli più conosciuti e di sicura presa, lasciando da parte ogni idea di coerenza,  per uno spettacolo televisivo, seppure dedicato interamente al melodramma.

Potremmo nuovamente richiamare la nostra esperienza al Concerto di Capodanno - perchè non farlo?- e dire che abbiamo ogni anno lottato soprattutto con Ortombina, ai tempi direttore artistico che alla presentazione di un nostro programma di massima, obiettava quasi regolarmente: questo/a o quel/ quella cantante non vuole cantare questo o quel brano. Qualche volta una diversa proposta veniva anche di direttori - mai Maazel al quale qualunque programma andava bene, come era logico che fosse, visto che i nostri programmi non erano mai fatti con i piedi, nè avevano intenti musicologici, ma guardavano sempre  con attenzione al mezzo televisivo - ma assai raramente. Alla fine l'ostacolo maggiore veniva da Ortombina che non era in grado di dire ai cantanti: questo è il programma che intendiamo fare, punto e basta.

Perciò una diversa più accattivante scelta di brani, una più intelligente 'successione' avrebbe favorito l'audience, che non è un demonio, se ci si rivolge, per chiederle aiuto - come in questi mesi di pandemia molto spesso - alla televisione.

3. Abbiamo letto  che nella serata scaligera per la tv c'era un grande assente. Sì, vero: Luciano Pavarotti. Il melodramma nel mondo è la Scala ed anche Pavarotti che, se è morto anni fa, non fa la differenza con Mirella Freni - 'sorella di latte' del grande tenore - scomparsa da poco e omaggiata ad inizio di trasmissione.

4. Il 'preludio' dal Rigoletto, con la maledizione ( il Coronavirus?) d'inizio, e il finale luminoso del Guglielmo Tell verso la luce, avrebbero dovuto farci capire che  era stato pensato come un percorso  dalla tenebre alla luce. Ci sembra di leggerci il pendant delle funi che imbrigliavano la platea dell'Opera di Roma nel Barbiere che avrebbero dovuto farci capire che il contenuto - che c'entra il contenuto? in teatro si 'rappresentava' una storia - dell'opera rossiniana era la prigionia di Rosina.

Queste trovate di cui lo spettatore dovrebbe immediatamente avere coscienza, non sono che elucubrazioni di menti sopraffine disturbate, che fra i registi non mancano. 


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