martedì 13 ottobre 2020

Franceschini gioca d'anticipo, condannando, ma fingendosi salvatore e benefattore, lo spettacolo dal vivo nei teatri e nelle sale da concerto di vaste dimensioni

 Gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all'aperto sono svolti con posti a sedere preassegnati e distanziati e a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi, con il numero massimo di 1000 spettatori per spettacoli all'aperto e di 200 spettatori per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala.


Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini aveva assicurato. "Non subirà riduzioni il numero degli spettatori nei cinema e per gli spettacoli dal vivo". E rassicura ancora Franceschini: "Continuo a leggere interviste e dichiarazioni o a ricevere appelli del mondo dello spettacolo sulla presunta volontà del governo di ridurre il limite di 200 persone al chiuso e di 1000 all'aperto per spettacolo dal vivo e cinema. Non esiste questo rischio. Nel Dpcm saranno confermati questi limiti con la conferma della  possibilità delle regioni di derogare. E le deroghe sino ad oggi concesse con ordinanze regionali verranno fatte salve proprio con il Dpcm".

                                                                 *****

Ma perchè c'era chi temeva che sarebbe stato ridotto ulteriormente il numero già fallimentare di spettatori negli spettacoli  dal vivo al chiuso ( teatro, sala da concerto) fissato a 200, con qualche deroga?
 Franceschini, prendendosi gioco di quanti avevano chiesto - come sembrava concesso tacitamente per le sale di grandi dimensioni come pure per i teatri - che  quella soglia fosse innalzata, dice che è riuscito a farla mantenere. Ciò vuol dire che per teatri e grandi istituzioni musicali che dispongono di spazi  notevolmente grandi - vedi Sala Santa Cecilia di Roma che  ha una capienza di 2700 persone -  si dovrà tornare a 200 posti, mentre sembrava fosse stata già concessa la deroga a 1000 circa.

 Ora che si fa?  Le sale da concerto potrebbero avere, in una stessa serata, più strumentisti e cantanti in palcoscenico che pubblico in sala. Proprio l'Accademia di Santa Cecilia, che inaugura giovedì con un programma che prevede grandi masse, strumentali e vocali, e che, a quanto si sa, avrebbe già venduto un migliaio di biglietti, che farà? Rimanda a casa tutti? Contatta coloro che hanno acquistato i biglietti dicendo loro che a causa del nuovo decreto  non potranno accedere all'Auditorium, riservando, secondo un certa logica, i posti disponibili, 8oo circa in quattro serate, ai soli abbonati?
 
Altro DPCM, altri problemi da rivolvere, innescati dal fatto che diventando subito operativo, quanto già programmato per i giorni immediatamente successivi all'entrata in vigore, dovrà ripensarsi.

La Scala è forse stata previdente. Ha eliminato gli abbonamenti annuali, ed ha  reso nota una programmazione trimestrale, perché le cose la pandemia può cambiarle di giorno in giorno, e la salute è la prima cosa da tutelare. La serata inaugurale non è stata ancora soppressa. Certo viene da domandarsi che farà nella serata  di gala con 200 spettatori ed uno spettacolo come sempre costosissimo.
 
Stesso discorso vale per il 'Concerto di Capodanno' della Fenice che  noi abbiamo preso quasi per mano e portato al successo per dieci anni consecutivi. Che faranno alla Fenice con soli 200 posti, quando un tempo erano mille moltiplicato per tre, con biglietti costosi e con entrate di conseguenza pingui? La Rai, che per la ripresa del concerto porta a Venezia un piccolo esercito di tecnici, potrebbe rinunciare alla diretta, se non per sempre, per questo anno almeno? Sono tutti interrogativi aperti per i quali si attende una risposta, che non sarà sempre facile.

Santa Cecilia ha pensato di poter godere di deroghe non concesse ad altri, contando sul suo prestigio, sulla sua grande storia, e sui grandi spazi di cui dispone. Non è così.

Noi a dire il vero non siamo preoccupati sul surplus di lavoro che sono costretti a fare gli uffici di Santa Cecilia per stare al passo con le notizie sulla pandemia nella configurazione del cartellone di stagione. Semmai siamo sconvolti dalle notizie delle ultime settimane che davano l'Accademia disorganizzata su più fronti. In quel caso gli uffici potevano darsi da fare per evitare ai fedelissimi abbonati e frequentatori di concerti  i troppi disservizi  lamentati. (P.A.)

Nessun commento:

Posta un commento