venerdì 8 marzo 2019

Ora che si è squarciato il velo sul caso Scala-Arabia Saudita, emergono nuovi inaspettati problemi da risolvere e numerose contraddizioni

Proprio così. Adesso viene fuori che Pereira avrebbe raccontato balle - ma  noi non ci crediamo! quando ha detto, nei giorni passati, di aver parlato del possibile accordo sia con Fontana ( Regione) che con Sala (Sindaco) e perfino con il ministro Bonisoli; e che del possibile accordo si era parlato anche nell'ultimo CdA del 18 febbraio,  e cioè della possibilità che il Governo saudita, dietro versamento di 15 milioni di Euro in cinque anni, entrasse nel CdA del teatro.  Ed anche di una appendice di tale accordo, riguardante la nascita di un'Accademia della Scala a Riad, alla quale  gli organi  scaligeri non darebbero il peso che merita,  che è ben superiore- come abbiamo detto nei giorni scorsi - all'ingresso dei Sauditi nel CdA del Teatro.

Oggi Repubblica, che torna sul caso, riferisce che sia Fontana che Sala erano all'oscuro del fatto e chi quindi Pereira avrebbe millantato il loro appoggio all'operazione. I due hanno dichiarato che loro non ne sapevano nulla e che Pereira, perciò, non li avrebbe interpellati preventivamente, come va dicendo. 

Noi siamo propensi a credere più a Pereira - nonostante non ci metteremmo la mano sul fuoco perchè non lo consociamo - che ai due amministratori i quali potrebbero aver fatto marcia indietro quando si sono accorti che sul cosiddetto 'affare arabo' non tutti la pensavano allo stesso modo. Tra l'altro, Pereira ha raccontato che a creare il primo contatto fra gli arabi e lui, era stato un leghista doc, Max Ferrari, ex direttore di Tele Padania, assunto da Attilio Fontana  alla Regione. E allora? 

E' intervenuto anche Morelli nel dibattito, quello che vuole che le canzoni italiane trasmesse in radio siano del 33% rispetto al totale - che ridere! - il quale in nome della italianità propende per la non ammissione di un arabo nel CdA scaligero. C'è chi ci sa spiegare cosa capisce  Morelli e a quale titolo apre bocca? Temiamo di no, in questo come in mille altri casi in cui notiamo che molti aprono la bocca e gli danno fiato, senza capirne una 'beneamata mazza'- secondo la vulgata leghista e pentastellata.

 Messo da parte per un momento lo tsunami che si sta abbattendo su Pereira, del quale l'intellettuale leghista Morelli chiede le dimissioni immediate - perchè Morelli?  riesce a spiegarcelo, magari con un piccolo sforzo? -   due  ci sembrano essere i problemi sul tappeto.
1. I soldi del governo saudita sono sporchi e dunque non c'è cifra che tenga: vanno rifiutai. A questo primo problema, nel mondo, tante volte s'è dato soluzione diversa da quella che si prospetta a Milano.
2. Il marchio Scala non si può vendere, non ha prezzo, è un marchio di assoluta eccellenza italiana e tale deve restare. Forse che il Governo saudita entrando nel CdA, pagando una salatissimo  biglietto di ingresso, si compra la Scala? No che non è così.

Questa storia ce ne fa venire in mente un'altra delle tante, simili a questa, che ci è rimasta impressa nella memoria.
 All'epoca dell'apartheid, in Sud Africa, vi furono due posizioni contrastanti, in ambito musicale, sulla questione se andare o no in Sud Africa. Alcuni  decisero di non metterci piede per isolare quel paese, anzi il governo di quel paese; altri invece ci andarono e promossero alcune azioni che sbattevano in faccia al governo l'assurdità di quella situazione, con concerti nei ghetti. Dell'uno come dell'altro schieramento fecero parte nomi altisonanti, alcuni fra i più noti internazionalmente; e quelli che ci andarono si giustificarono dicendo che non si poteva penalizzare doppiamente quel paese martoriato dal flagello dell'apartheid.  Come si vede,  su una questione assai più  drammatica dell'ingresso dei Sauditi nel CdA della Scala, anche il mondo musicale non fu compatto nel disertare le sale da concerto;  a rompere l'embargo mondiale andando a dirigere a Cape Town, fu anche Bernstein, e tanti altri come lui.

 Se si vuole dare un odore ai soldi, in base al quale accettarli o rifiutarli, allora forse occorrerebbe, per non fare gli ipocriti, cominciare anche a guadare   di quelli che già arrivano alla Scala, i cui 'donatori' forse non sono benefattori dell'umanità e , lontani dagli occhi milanesi,  di qualche  marachella - diciamo così : ma meglio sarebbe chiamarle misfatti - si sono macchiati, e certamente continueranno a macchiarsi. Perchè cosa non si fa per i soldi!

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