martedì 1 ottobre 2019

Al teatro di Villa Torlonia a Roma

Una ragione duplice ci consigliava l'altro ieri, profittando della trasferta del 'Reate Festival' con il suo spettacolo di punta, di recarci nel teatrino 'nobile' di Villa Torlonia, a Roma. 
La prima delle quali era legata ai nostri anni di insegnamento al Conservatorio dell'Aquila, quando proprio su quel teatro fecemmo effettuare una ricerca ad una brillante allieva, Elisabetta Guarnieri - che poi pubblicammo su Music@ - dopo che un'altra allieva, Paola P., per la riapertura di quel teatro stava facendo progetti da presentare all'amministrazione comunale.

Poi Paola , disgraziatamente se la portò via un brutto male; ma la puntuale ricerca di Elisabetta e il suo progetto di 'gestione' pubblicammo sul n.28 di Music@ ( maggio -giugno 2012; si può leggere andando sul sito del Conservatorio aquilano,  e cercando nella'archivio del bimestrale).

Il teatrino - un centinaio di posti in platea e pochissimi altri in una galleria, la prima delle due allestita con qualche sedia - fu inaugurato il 6 maggio 1905, con l'allestimento di una curiosa operetta scritta per l'occasione, Il profilo di Agrippina, e con don Giovanni Torlonia che faceva gli onori di casa accogliendo l'alta aristocrazia che si era data appuntamento per quell'evento mondano, di cui i giornali raccontarono fasto e meraviglie.

L'operetta, il cui libretto l'aveva scritto il marchese Sommi-Picenardi, e la musica il conte Pietromarchi, narra di un 'alloco' americano piovuto in Italia, alla ricerca di una moglie che somigliasse il più possibile alla imperatrice Agrippina il cui 'profilo' lui aveva ammirato su una moneta. Si imbatte in una  bellissima romana, molto scaltra, effettivamente somigliante ad Agrippina,  la quale si finge vedova e pretende dall'americano invaghito di lei, che egli  realizzi ogni suo desiderio, come quello di far sposare le sue due figlie con ricca dote.

La costruzione del teatrino, di cui  si racconta della fastosa inaugurazione, era iniziata molto prima degli inizi del Novecento, cui si riferisce quella inaugurazione. Nel 1840  con l'affidamento dei lavori all'architetto Raimondi, da parte del principe don Alessandro Torlonia. La costruzione,  fu tante volte interrotta per vicende anche familiari del nobile casato. Il teatro era più che un teatrino, come si presenta ora, perchè fra platea e le due gallerie raggiungeva la capienza di 500 posti circa, contro i cento o poco più di ora.

 Oggi il teatrino è davvero una bomboniera e ben si presta a tanto teatro barocco romano e non solo romano. 

Il 'Reate Festival', in cerca di vetrina nazionale,  già l'anno scorso e forse anche prima, lo sceglie per la sua trasferta romana - nel 2018 con la monteverdiana Il ritorno di Ulisse in patria, mai rappresentato nella Capitale; quest'anno con l'Empio punito di Alessandro Melani, prima  rappresentazione moderna, dopo il battesimo, sempre romano, nella seconda metà del Seicento. Trasferta per la quale impegna la maggior parte della sua dotazione finanziaria, ma con spettacoli che a Rieti non susciterebbero la curiosità - quasi sempre musicologica, prevalente - che a Roma. 

Noi spettatori, un centinaio - non uno di più invitati compresi (noi l'abbiamo visto domenica scorsa alla prima replica) - siamo stati fatti entrare da un entrata angusta e buia che definiremmo 'di servizio', dove abbiamo anche atteso senza ragione in fila; siamo certi che quella non poteva essere l'entrata principale, assai modesta per un teatro di piccole dimensioni  ma che si affaccia sulla villa con una  grande esedra a vetri. E non è che poi, una volta entrati, si resti abbagliati dalla bellezza del teatrino,  certamente  ben conservato e bellamente restaurato, ma privo di adeguata illuminazione, e che perciò non può fare un grande effetto. Per fortuna, acusticamente, risponde alla bisogna.E questo forse basta.

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