venerdì 8 gennaio 2021

Al Consiglio d'Europa la lettera del Comitato ' Salviamo la previdenza dei giornalisti'

 Egregi Signori,

a scrivere è un ampio comitato di giornalisti italiani che hanno a cuore la libertà di stampa e il diritto-dovere dei professionisti dell’informazione di rendere note ai cittadini questioni di interesse pubblico e generale. Tale prerogativa, allo stesso tempo un obbligo e una necessità inderogabili, non può naturalmente prescindere dalla qualità dell’informazione, dipendente in buona misura anche dal trattamento retributivo e previdenziale e dalla serenità professionale dei giornalisti. La loro natura di lavoratori trova tutela nell’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali e nella Carta Sociale Europea, ratificate dal Parlamento della Repubblica Italiana.

La protezione pensionistica dei giornalisti, che in Italia risale al lontano 1877, ha successivamente trovato attuazione in un ente di diritto pubblico in grado di assicurarne in autonomia i trattamenti di quiescenza senza oneri per lo Stato, onde assicurarne la libertà.

L’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti (INPGI), creato nel 1926 e successivamente rafforzato da meritori provvedimenti legislativi nel 1951, 1955, 1987 e 2000, potrebbe non essere in grado di pagare le pensioni presenti e future degli operatori dell’informazione del nostro Paese, mandando in fumo decenni di versamenti contributivi, compresi quelli di chi è ancora in servizio attivo, anche a causa della pletorica concessione di decisioni di pre-pensionamento, imposte dalla classe politica, e di un generale degrado del mercato del lavoro attraverso fenomeni di monopsonio.

Il grave e strutturale squilibrio tra prestazioni e contributi ha provocato per il 2020 un passivo previdenziale di 197 milioni di euro e un disavanzo di 253 milioni, peraltro aggravato dall’aver sopportato per anni l’onere di prestazioni assistenziali come l’assicurazione infortuni, la disoccupazione, la cassa malattia, le indennità di maternità e paternità e altri trattamenti di welfare, per di più senza incidere sulle tasche degli altri contribuenti italiani.

L’attuale situazione rischia di ripercuotersi sul livello e sulla qualità della democrazia del nostro Paese: avere giornalisti che non si vedono garantite le prestazioni previdenziali di oggi e di domani equivale ad avere cronisti e opinionisti meno indipendenti e in generale un’informazione meno libera, contraddicendo nei fatti gli articolo 21, 36 e 38 della Costituzione della Repubblica Italiana e i trattati internazionali che promanano dal Consiglio d’Europa.

Per questi motivi, il nostro comitato ha già raccolto sotto una lettera inviata al Presidente della Repubblica Italiana e alla sede per l’Italia e San Marino dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, Agenzia specializzata delle Nazioni Unite, le firme di centinaia e centinaia di giornalisti preoccupati dalla questione.

Facciamo ora analogo appello alla Piattaforma per la Protezione dei Giornalisti per chiedere un alto intervento di Strasburgo presso le istituzioni interessate della Repubblica Italiana affinché sia confermata la garanzia dello Stato sul sistema pensionistico dei giornalisti, come già avvenuto in passato per altri enti previdenziali, e la protezione del loro lavoro.

In generale chiediamo che si valuti con la massima urgenza, in un quadro di responsabilità e trasparenza, ogni soluzione equa e non punitiva in grado di continuare ad assicurare la pensione e le prestazioni previdenziali e assistenziali a tutti i giornalisti italiani.

In attesa di cortese quanto favorevole e celere riscontro, si trasmettono i più cordiali saluti.

In fede,

Comitato “Salviamo la previdenza dei giornalisti”

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