sabato 1 giugno 2019

Il mondo della comunicazione all'unisono si DISPERA perchè CASALINO non è più il portavoce del MOVIMENTO, ma solo di CONTE e di un GOVERNO in continua fibrillazione

La supervisione sulla comunicazione del Movimento? «È vero che qualche volta ho dato una mano, ma non svolgo più quelle funzioni dalla scorsa legislatura perché erano connesse al mio ruolo di capocomunicazione al Senato. Non sono nemmeno nelle chat dei comunicatori e dei parlamentari». Rocco Casalino — dopo alcune indiscrezioni legate al suo ruolo — chiarisce la sua funzione: da quando è portavoce di Conte di fatto non ha più seguito direttamente il coordinamento nazionale della comunicazione pentastellata. Un ruolo che ha ricoperto – a titolo gratuito – dal febbraio 2016 insieme a Ilaria Loquenzi e che era strettamente legato al ruolo di responsabile comunicazione di Camera e Senato. 

 Casalino è ritenuto ormai da anni il detentore delle chiavi comunicative dei Cinque Stelle, plenipotenziario, e (secondo la vulgata) in grado di decidere con un sì o un no il destino (televisivo) dei parlamentari, la loro partecipazione o meno a programmi e talk show. «Quelle ormai sono a discrezione di Di Maio da quando è capo politico», lo difende un Cinque Stelle. Tutto inizia sei anni fa. Il luogo è una scuola a Cernusco sul Naviglio, alle porte di Milano. L’occasione: la «graticola» (ossia la selezione dei candidati) per le Regionali del 2013. Casalino prende parte alla serata, dice: «Se verrò eletto prometto di lasciare il lavoro di giornalista», ma la sua avventura politica termina lì. O meglio, riparte lì. Già, perché Casalino – pugliese, cresciuto in Germania, una laurea in ingegneria – non conquista un posto in lista, ma la fiducia di Gianroberto Casaleggio, che lo vuole a Roma nello staff Cinque Stelle. Con i suoi consigli e le sue direttive si smarca dall’etichetta – più volte sottolineata dagli avversari politici di ex gieffino – e prepara la svolta, lo sbarco in tv dei pentastellati. La sua influenza cresce. E crescono anche storie, aneddoti spesso borderline tra blacklist di giornalisti e presunte regole imposte ai conduttori tv sulle partecipazioni dei parlamentari. 

 Considerato vicino a Luigi Di Maio, cura in modo esclusivo la campagna per le Politiche 2018, poi passa a seguire il premier Conte. In autunno finisce al centro di una doppia bufera mediatica per un audio contro i tecnici del Mef e per un vecchio video in cui denigra - nell’ambito di una simulazione per un corso di giornalismo – down e anziani. «Credo di svolgere il mio ruolo con la massima competenza e professionalità. L’unico modo vergognoso che hanno per attaccarmi è con degli audio rubati o con un video di 15 anni fa in cui recito chiaramente un personaggio», dice all’epoca. Ora un’altra tappa lo attende, in un microcosmo governativo dagli equilibri instabili.

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