lunedì 4 novembre 2024

Sir Tony Pappano, l'underdog della direzione d'orchestra?

 Fresca di stampa è arrivata nelle librerie la traduzione italiana dell'autobiografia di Tony Pappano, edita da Marsilio, dal titolo La mia vita in musica. 17 anni dopo l'uscita della sua prima biografia edita da Skirà, scritta  da Pietro Acquafredda - autorizzato anche  per questo a recensire l'autobiografia - intitolata Tony Pappano Direttore d'orchestra.

 Cominciamo da un errore madornale, e perciò inammissibile. Si legge nel risvolto di copertina: 'A settembre 2024 assume l'incarico di direttore generale della London Symphony Orchestra'.  Pappano, invece, ha assunto l'incarico di direttore principale.

Tralasciamo alcune  osservazioni  di varia natura, talune anche relative alla traduzione in italiano (come quella di usare il verbo 'condurre' al posto di 'dirigere' (.. io suonavo il pianoforte,  mentre un direttore mi conduceva in Bohème..., a pag.46) che fa tanto inglese ma anche tanto... per arrivare alle cose che non vanno. 

E cominciamo dal racconto del suo periodo 'romano', a Santa Cecilia, secondo per durata solo a quello al Covent Garden, ma che ha rappresentato il periodo e la residenza  dei  suoi maggiori successi.  Perchè Pappano gli dedica solo un misero capitoletto, una  ventina di pagine sulle 318 del volume, rivelando inesattezze ed un  'disinteresse' e superficialità nel racconto?

 Non è preciso nella narrazione della sua nomina e dei  suoi primi passi romani; mentre noi fummo precisissimi tanto da attirarci  le critiche di Bruno Cagli, allora sovrintendente dell'Accademia, che non voleva venissero raccontati alcuni particolari, come della lite furibonda da Berio e Chung, qualche minuto prima che venisse inaugurata la sala grande del nuovo auditorium,  e che diede il via alla ricerca di un sostituto del direttore coreano dimissionario; ed anche di come andò la elezione di Cagli, meglio il suo ritorno in Accademia, a seguito della morte di Berio, e dopo la pausa parmense. Pappano fu nominato da Berio, e Cagli lo ebbe in dote al suo ritorno a Santa Cecilia.

 Vi elenca, poi, un numero ridottissimo di musicisti, sbagliando anche qualche nome (nell'indice si legge  Stefano D'Amico mentre il suo nome è Matteo), ma trova il modo di  citare i coniugi Nicola e Beatrice Bulgari - l'odore dei soldi genera attrazione fortissima anche in un 'sir' all'apice del successo ma che viene  da un paesino sperduto del beneventano e da una famiglia povera, poi emigrata in Inghilterra ed America. Annota che sono divenuti suoi amici e che Nicola è un grande appassionato di musica e che, con Paolo, suo fratello,  sono stati benefattori dell'Accademia (oltre 1 milione di Euro la loro donazione che ha ammesso Nicola Bulgari nel Cda dell'Accademia).

Ci ha colpiti anche il racconto che fa della 'prima' dell'opera di Henze, Immolazione, dedicatagli, commissionata dall'Accademia al musicista  ultraottantenne, che da oltre mezzo secolo viveva alle porte di Roma, completamente ignorato da Santa Cecilia, mai degnato prima di attenzione. All'epoca (2009)  solo noi scrivemmo, sul Giornale, raccogliendo la confessione amareggiata di Henze, che quella commissione non poteva per nulla costituire un atto di riparazione di tanta colpevole negligenza. ( Henze non era neppure Accademico di Santa Cecilia, mentre lo sono tanti 'accademiucci'). Solo ora lo dice anche Pappano, che accenna a frequenti contatti con il musicista. Se si riferisce a quelli durante la stesura e la preparazione del lavoro da lui diretto siamo d'accordo;  ma non siamo affatto sicuri che ne abbia avuti altri negli anni successivi - Henze morì nel 2012, tre anni dopo quella prima.

 Si capisce dall'insieme del racconto, che egli  intende soffermarsi massimamente sugli anni della formazione, come un perfetto 'underdog' - uno dei pochissimi musicisti arrivati al successo che  non ha mai frequentato un Conservatorio di musica -  e che questa sua autobiografia è rivolta al pubblico inglese; esattamente come la nostra biografia era rivolta a quello italiano che avrebbe tante volte ascoltato Pappano ma non sapeva ancora nulla di lui.

 A chi lo ha conosciuto bene,  a lungo frequentato e ne ha narrato da attento cronista la biografia, come è accaduto a noi, questa autobiografia, di sapore 'agiografico', non rivela nulla di nuovo e di interessante sui fatti salienti della sua formazione e carriera, salvo rarissimi casi,  per alcuni particolari.

 A leggerla con distacco, viene da ipotizzare come Pappano abbia inteso esaltare la sua bravura ed il suo impegno alla base del grande successo, e accreditarsi come la migliore persona di questo mondo. Autocelebrarsi insomma.

 Dovremmo anche aggiungere, con un pizzico di orgoglio, che in taluni casi, l'autobiografia sembra riprendere passaggi della nostra 'antica' biografia -  ma forse si è trattato evidentemente di  fatti e circostanze il cui racconto egli aveva formulato e  perfino memorizzato parola per parola, tanto da ripeterlo, alla lettera, in ogni occasione.

 Per finire, confessando che  forse avrebbe dovuto, proprio nella sua autobiografia, accennare, alla sua prima biografia da noi scritta. Come avrebbe dovuto fare anche il nostro amico Bruno Vespa che l'ha intervistato nella sua rubrica quotidiana su Rai 1, e che, avendolo evitato, sembra essere l'unico romano a non essere al corrente dell'esistenza della nostra biografia di tanti anni fa, molto più puntuale ed attendibile dell'autobiografia. 

Comunque non ce la prendiamo, non gliene vogliamo per questo,  che anzi gli auguriamo ancora grandi successi. 


Nessun commento:

Posta un commento