Il Fatto Quotidiano, dopo Il Foglio le antenne più sensibili a captare i sommovimenti nel governo e dintorni, rileva una improvvisa (e forse temporanea) freddezza tra Antonio Angelucci, l’editore più organico all’attuale maggioranza, e Palazzo Chigi. Non di rottura si tratta, evidentemente, ma nel panorama dell’editoria di centrodestra ogni piccolo scostamento dall’entusiastica adesione diventa un indizio rilevante. In generale, si potrebbe dire che in questo momento il cuore della galassia editoriale dell’imprenditore romano (il Giornale, Libero e Il Tempo) sembra pulsare più verso la Lega e le rutilanti gesta del suo segretario che spesso Giorgia Meloni deve affannosamente rintuzzare, o peggio rincorrere. Fino a poco tempo fa, al contrario, i tre giornali circondavano la presidente del Consiglio di una benevolenza assoluta, tale in molti casi da trasfigurare la sua narrazione politica in elegia.
Il governo non ha spinto per l’acquisizione dell’Agi
Che sta succedendo? Un piccolo raffreddamento dopo aver assecondato senza indugio la marcia trionfale della leader di Fratelli d’Italia alla presa del potere, o un’incrinatura più profonda magari frutto della delusione da chi si aspettava in cambio maggior gratitudine? Il quotidiano di Marco Travaglio cita la mancata acquisizione dell’Agi, l’agenzia stampa dell’Eni, da parte degli Angelucci come il principale motivo del dissidio. Gestita malamente da parte dei contraenti, l’operazione si è fermata quando già aveva imboccato la dirittura d’arrivo, e lì è rimasta senza che il governo spingesse per concluderla. E proprio nel momento in cui in una intervista carpita dalle telecamere di Report Angelucci la dava trionfalmente per fatta, insieme all’acquisto de La Verità che avrebbe così suggellato il suo impero di carta. Ma anche lì, dopo fitte negoziazioni e quando sembrava che il passaggio di mano fosse ineludibile, Maurizio Belpietro è tornato sui suoi passi.
Le punture di Sallusti e la posizione di Libero sul Libano
Il risultato è che dai giornali del gruppo sono cominciate a partire piccole punture di spillo diventate nel corso delle settimane aperte critiche. E se Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, lamenta che sui casi di dossieraggio (lui che aveva rivelato tra qualche sconcerto un complotto ai danni di Arianna Meloni) l’esecutivo ha mostrato una certa inerzia, Libero, dopo che Meloni ha ribadito la presenza della missione italiana in Libano a dispetto dei cannoneggiamenti israeliani, ha titolato sulla necessità di riportare il prima possibile i soldati italiani a casa.
Senza trascurare questioni minori pur tuttavia rilevate dai sismografi del consenso, come il distacco con cui è stata riportata la scelta del neo ministro alla Cultura Alessandro Giuli di nominare “l’eretico” Francesco Spano a capo di gabinetto del ministero. Non ultime, al c’eravamo tanto amati concorre anche una malcelata irritazione per la corrispondenza di amorosi sensi di Meloni e la sua ristretta cerchia con il Corriere della sera, a cui spesso da quando è entrata a Palazzo Chigi affida o anticipa mosse e pensieri.
Alla festa per gli 80 anni del Tempo Meloni diserterà?
A questo punto viene da chiedersi se si tratti di incomprensioni passeggere o se invece sia l’inizio di un malessere più profondo. Anche qui occorrerà monitorare i dettagli. Come l’imminente celebrazione romana alla Gnam per gli 80 anni del Tempo, gli stessi che ha appena compiuto con una mega festa dalle venature caraibiche il patron Angelucci. Naturalmente Meloni è l’invitata d’onore, ma la sua fitta agenda internazionale potrebbe offrirle una inoppugnabile scusa per disertare.
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