martedì 10 settembre 2024

Harris-Trump. Duello in tv (La Stampa)



La domanda che circolava prima su quale Donald Trump si sarebbe presentato di fronte a Kamala Harris ha avuto la sua risposta già dopo pochi minuti di dibattito: non il Trump contenuto che si era visto con Joe Biden a giugno, ma il Trump rabbioso, lamentoso, sempre pronto all’attacco personale che si era visto nel 2016 opposto a Hillary Clinton. All’epoca Trump la chiamò “very nasty woman”. A questo giro gli insulti contro Harris sono statti più contenuti e più mirati politicamente: «una marxista», ha detto più volte. «Terribile», ha detto poi. «Il peggior vice presidente della storia», «una negoziatrice incapace, terribile, debole», ha detto più avanti. Quando si è parlato di razza, di fronte a vecchie affermazioni in cui aveva detto che Harris solo da poco si era scoperta nera, ha detto che non gli importava cosa fosse e chi fosse. Fino all’insulto che per lui doveva essere il più cattivo: «Lei è peggio di Joe Biden». Parlando del quale, a un certo punto Trump ha deviato su di lui gli insulti che non poteva portare personalmente: «Biden la odia», ha affermato, ottenendo come risposta una risata da parte della diretta interessata.

Basterebbero questi esempi per raccontare le difficoltà che Trump  ha avuto nel portare avanti un dibattito in maniera dignitosa e degna del ruolo che vuole ricoprire, esempi che insieme ad altri sottolineano ancora una volta la sua difficoltà a confrontarsi con donne che sanno tenergli testa. L'anno scorso, quasi due decenni dopo l’incontro con la scrittrice E. Jean Carroll nel camerino di un grande magazzino di Manhattan, una giuria di New York ha stabilito che Trump era responsabile di abusi sessuali, percosse e diffamazione contro la sua vittima, e gli ha ordinato di pagare cinque milioni di dollari di danni. Il verdetto è stato basato in gran parte dai commenti pubblici di Trump sull'incidente, che ha negato con enfasi di aver mai abusato Carroll con questo argomento: «Non è il mio tipo». Un giorno dopo che Carroll ha vinto la sua causa.

Di Nikki Haley solo di recente ha detto che «non ha il talento né il carattere per svolgere il lavoro di presidente» e l’ha chiamata «cervello di gallina»Di Nancy Pelosi, sua acerrima nemica, negli anni ha detto un po’ di tutto, tra cui «pazza come una cimice dei letti». Della onorevole democratica Maxine Waters che è «una persona con un QI straordinariamente basso», di Alexandria Ocasio-Cortez che è «non è molto intelligente», di Stormy Daniels che ha «la faccia da cavallo», di Heidi Klun che, a 50 anni passati, «non è più da 10, sfortunatamente», della giornalista Megan Kelly colpevole di averlo incalzato con domande non gradite durante il dibattito del 2016 che «aveva il sangue che le usciva dagli occhi, da qualunque parte».

Un elenco variopinto di insulti per donne diverse tra loro per età, professione, razza, credo politico e religioso, ma che in comune hanno una cosa: averlo contrastato, attaccato, ferito, ridicolizzato, umiliato. A volte con le parole, altre volte anche solo con la loro esistenza. Che è poi quello che ha cercato di fare Kamala Harris durante il dibattito, quando di fronte alla perdita di controllo di Trump ha spesso più che accennato la risata, scosso la testa, alzato gli occhi al cielo. Una strategia evidentemente pensata per colpirlo dove è più sensibile, ovvero l’ego. Una strategia, quello di rendere lui e le sue parole meno importanti di quello che Trump stesso vuole che siano, che si era già vista durante i comizi: Trump non più trattato come pericolo assoluto per la democrazia, ma come lo zio un po’ suonato che dice cose strambe. Farlo sembra piccolo, debole, insignificante perché è la cosa che personalità come la sua patiscono di più, soprattutto da parte di una donna. Harris lo ha fatto spesso durante l’ora e mezza di confronto televisivo, riuscendo in più di un’occasione a far uscire il peggior Trump, il nemico delle donne.

A un certo punto parlando delle sue politiche in tema di aborto e diritti riproduttivi, Harris ha detto che erano un «insulto per le donne d'America». «È uno strano colpo di scena della storia americana che l’unico uomo ad essersi scontrato con due donne candidate in due elezioni presidenziali sia uno con una lunga ed esplicita storia di denigrazione delle donne», ha scritto il New York Times in un articolo che ha analizzato i suoi scontri pubblici con le donne e che ha mostrato come, in nove anni in politica, abbia affinato attacchi esplicitamente di genere contro sia le candidate che le giornaliste. «Trump ha usato la sua presenza fisica e il linguaggio del corpo per intimidire le donne, ha lanciato minacce velate, si è lamentato del fatto che fossero particolarmente meschine e ha sminuito le loro qualifiche in un modo che molte donne vedono come aperto sessismo». Da parte sua Trump si è sempre difeso: «Nessuno ha più rispetto per le donne di me. Nessuno. Nessuno ha più rispetto», ha detto di recente. Le donne che andranno a votare a novembre e di cui ha disperato bisogno per vincere le elezioni potrebbero pensarla diversamente.

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