venerdì 19 luglio 2024

Auditorium di Roma. Ad ascoltare l'Orchestra Sinfonica Nazionale dei Conservatori Italiani, in 4000 nella Cavea stracolma

Se dobbiamo dirla tutta, l'interesse principale della folla accorsa ieri sera all'Auditorium, di Roma, più che l' Orchestra  Sinfonica Nazionale dei Conservatori Italiani e il suo  talentuoso direttore Giuseppe Mengoli in carriera  (altro che la povera Beatrice Venezi), era rivolto al programma del concerto, tutto mozartiano. E, al suo interno,  a quel Requiem che non cessa di stupire, sorprendere e richiamare comunque e sempre folle adoranti di ascoltatori. E' il 'miracolo Mozart', che non si verifica  con altrettanto seguito di fedeli neppure nel caso di Beethoven o di Bach, nella stessa misura.

   La Cavea interamente occupata  ha sorpreso tutti, perfino gli stessi organizzatori, primo fra tutti Bruno Carioti alla cui competenza sono state affidate le sorti di questa orchestra che meriterebbe comunque maggiore attenzione, ma che, per sua disgrazia, è nata molti anni fa, in seno al Ministero senza troppa convinzione, e vive da allora in uno stato di perenne galleggiamento, nonostante le evidenti potenzialità: pochi concerti ogni anno, buona parte 'istituzionali'; salvo qualche eccezione, come quella di ieri sera che segnava anche il  suo debutto in una stagione prestigiosa, accompagnata da un giovane direttore che promette molto bene e molto ha già dimostrato di meritare, a partire da quella sua laurea in un concorso tedesco di grande prestigio. 

 L'orchestra, ai suoi ordini, ha dimostrato efficienza e compattezza anche nella sinfonia che ha preceduto il Requiem,  la Haffner, e Mengoli dal podio, affatto intimorito, ha dato segno di intuito e resa esecutiva di due fra le più note opere di Mozart; soprattutto nel Requiem, coadiuvato da quattro solisti ( Valentina Mastrangelo, Francesca Ascioti, Luigi Morassi e  Roberto Lorenzi: voci di bel colore che non abbiamo potuto apprezzare come meritavano per via di una  amplificazione oscena,  non ben bilanciata e  spesso distorsiva) e dal Coro dell'Accademia.

 Veniamo a ciò che ci ha disturbato, già a prima mattina, quando abbiamo letto del concerto. Colpa di Repubblica che, nel dare la notizia del concerto, dedicava poche righe al debutto dell'orchestra - il  minimo sindacale - per passare ad intervistare, con tutti gli onori, il direttore del Coro dell'Accademia, Andrea Secchi, che avrebbe potuto intervistare in  mille altre occasioni.  E ci teneva a farci sapere che Matteo D'Amico sta scrivendo un brano per il coro. Notizia  che ha lasciato noi come anche  le migliaia di lettori del quotidiano nella più totale indifferenza, giacché osiamo  anticipare che comunque non sarà una seconda 'Nona'

 Perchè non dedicare più spazio all'orchestra e al direttore, e, magari, approfittare dell'occasione per pungolare il Ministero a dedicare maggiore attenzione a questa orchestra di giovani e valenti musicisti italiani?  Del nuovo pezzo per coro di D'Amico, sinceramente: chissenefrega. Ne riparleremo  quando sarà l'ora di ascoltarlo. 

 A proposito di compositori, ieri sera abbiamo scrutato con attenzione il pubblico per vedere se c'era qualche faccia nota (brutta) di musicisti romani. Neppure l'ombra. Che sta a dimostrare il grande disinteresse degli stessi musicisti nei confronti della musica e dei musicisti giovani, una volta che hanno coltivato i loro privati, meschini interessi.

 Dell'amplificazione, indegna per l'ascolto della musica, piuttosto calibrata sull'altra musica che si ascolta d'estate nella Cavea - abbiamo pure il diritto di lamentarci, specie dopo esperienze di concerti e rappresentazioni all'aperto, addirittura su un lago ( Bregenz), dove l'amplificazione era più che accettabile, buona.

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