lunedì 24 giugno 2024

Meloni non può far rima con Bocelli in un paese come l'Italia

Non erano passati molti giorni da quando ci eravamo congratulati con gli organizzatori del Concerto per la Repubblica del 2 giugno al Quirinale, perchè avevano invitato un giovane ma promettente e avviato direttore, Michele Gamba (il nome vuol dire, qualche volta), ed un talentuoso e giovanissimo violoncellista,  Ettore Pagano. Finalmente basta con le vecchie glorie, sempre le stesse, che tutti conosciamo e che hanno hanno stufato. Dunque dal Quirinale sembrava venire aria nuova nelle scelte musicali - mettiamoci dentro anche il repertorio, fra i più idonei fra quelli ascoltati negli ultimi anni - per il concerto simbolo della nostra democrazia.

 E invece, un concerto altrettanto importante, dinanzi ai grandi della terra, il G7 più altri, a Fasano, organizzato da Meloni e dai suoi, ci ha fatti ripiombare nello sconforto più totale.

 Hanno invitato il solito Bocelli - che, diciamolo, ha fatto il suo tempo, e se nel mondo lo apprezzano ancora, chi ha un minimo di gusto ha il diritto di dire basta -  e gli hanno chiesto il 'Vincerò' pucciniano, del quale, in tutta sincerità, abbiamo piene le scatole.

 Fra parentesi, lasciateci togliere un sassolino... Quel grande intellettuale, amministratore lodatissimo che è Fortunato Ortombina, ora agli onori della Scala, quando noi non ci siamo più occupati del programma del Concerto di Capodanno dalla Fenice, nel quale avevamo inserito due pezzi d'obbligo in chiusura ( Va' Pensiero e Libiam ecc... , ci ha messo il famigerato Vincerò pucciniano come terzo (incomodo), ogni anno o quasi, e quando no, un coro che lo richiama. Pura banale routine e forse anche volgarità.

 Torniamo al Concerto per il G7, per il quale tralasciamo ogni osservazione su Bocelli alle prese con quel Puccini, come anche sulla presenza della bella e brava violinista da tempo collaboratrice di Bocelli, che arriva con un pancione così grande che abbiamo temuto partorisse davanti al mondo intero lì rappresentato dagli uomini più potenti della terra, mentre ci soffermiamo sulla cultura dalla quale i collaboratori della Meloni e Lei medesima provengono. E che musicalmente è sottozero.

Bastava osservare la Meloni, seduta in prima fila, che  alla  fine del Vincerò non solo ha applaudito ma ha fatto girare la mano destra a mulinello, per dire la sua soddisfazione, al momento dell'acuto. Che per Lei era, evidentemente, il massimo della musica. Del resto che cosa si pretende da una premier che, pur governando il paese più musicale al mondo, oltre l'inaugurazione della Scala di due anni fa e la festa all'Arena di inizio giugno scorso,  non  aveva mai messo piede, nei suoi quasi 50 anni, in un teatro?

 I ristoratori che hanno servito i pasti a Fasano sono andati molto più avanti di quanto non abbia fatto la Meloni per la musica. Il loro pane con olio e pomodoro, semplice e genuino, è risultato più apprezzato e gustoso, del Vincerò di Puccini - il Maestro ci perdoni! - cantato (?) da Bocelli


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