Dal giudice monocratico di Roma è arrivata la decisione di non luogo a procedere per Donatella Di Cesare nell'ambito della querela formalizzata dal ministro Francesco Lollobrigida nei confronti della professoressa. Tutto nasce il 18 aprile 2023, quando dagli studi di La7, in riferimento alla locuzione "sostituzione etnica" pronunciata dal ministro, la filosofa dichiara: "Il nazismo è stato un progetto di rimodellamento etnico del popolo e il mito complottistico della sostituzione etnica è nelle pagine del Mein Kampf di Hitler". E, quindi, in quell'occasione aggiunge: "Credo che le parole del ministro non possano essere prese per uno scivolone, perché ha parlato da Gauleiter, da governatore neohitleriano".
Il ministro sporge querela per diffamazione contro Di Cesare e il mese scorso è arrivata la notizia del rinvio a giudizio per la professoressa, che anche in quell'occasione non ha perso tempo per lamentarsi e vittimizzarsi. "Arrivano querele come manganellate", chiosò in quell'occasione e oggi è arrivato per lei il non luogo a procedere perché, in base alla valutazione del giudice, "il fatto non costituisce reato". Non sono ancora state rese note le motivazioni del giudice sulla sua decisione ma, intanto, la professoressa all'uscita dall'udienza ha esultato: "Sono molto soddisfatta, perché ho vissuto il processo come una grande ingiustizia, il mio era un commento, un parallelo storico e non doveva essere un motivo per un processo. Mi preoccupa questa tendenza a criminalizzare il dissenso, le voci critiche. L'Italia democratica non merita questo". Il metro di giudizio che non considera diffamatorio un parallelismo tra i governatori di uno dei più cruenti dittatori della storia e un ministro di una Repubblica democratica è da considerarsi come nuovo limite nei dibattiti pubblici.
Le parole di Di Cesare seguono la linea di pensiero dell'opposizione di governo, che lamenta la criminalizzazione del dissenso e lo fa su tutti i media esistenti, dalla tv alla stampa, passando per i social e le radio. La professoressa, uscendo dall'udienza, ha mostrato la bandiera dell'Anpi con il tricolore italiano. Intanto, un cronista de il Giornale, Pasquale Napolitano, è stato condannato a otto mesi di carcere da un altro giudice monocratico per aver riportato fatti (non opinioni), concedendo lo stesso spazio anche per le repliche delle persone coinvolte nel suo articolo. La sentenza di Roma spalanca le porte a ulteriori filoni che potrebbero nascere sulla falsariga delle dichiarazioni della professoressa, senza che ci siano gli estremi per una diffamazione.
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