sabato 4 novembre 2023

Senatori a vita per alzare la qualità del Parlamento cercasi. Un nostra noterella

 La riforma, infine, "supera la categoria dei senatori a vita di nomina del Presidente della Repubblica, precisando che i senatori a vita già nominati restano comunque in carica".

Il testo "si ispira a un criterio minimale di modifica della Costituzione vigente - si legge nel comunicato finale del Consiglio dei ministri - in modo da operare in continuità con la tradizione costituzionale e parlamentare italiana e da preservare al massimo grado le prerogative del Presidente della Repubblica, figura chiave dell'unità nazionale".

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 Tralasciando gli altri punti della riforma costituzione riguardanti prevalentemente il nuovo sistema di elezione del premier- per la quale viene del tutto esautorato il Presidente, ci soffermiamo su due punti riguardanti la nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della repubblica.

 Innanzitutto con la loro uscita dal Senato, il livello medio dei senatori, nel senso della loro qualità umana professionale e politica - il discorso si può estendere a tutti i Parlamentari - tocca il suo minimo storico. Ogni giorno constatiamo quanto immeritatamente - a causa della loro elezione, su proposta dei partiti -  siedano in Parlamento, in ogni partito, di tutti i sessi e di ogni et persone 'qualunque'. Le eccezioni per 'presentabilità', 'autonomia' e 'autorevolezza' oltre che 'dignità' in ogni senso, sono davvero eccezioni. L'unico cambiamento, premetteteci di dirlo in tutta sincerità, che si nota dopo la loro elezione è che quasi tutti si danno una 'ripulita' ( detto alla 'romana') esteriore, solo quella ovvio, la natura non si può cambiare. Vestono e si presentano di gran lunga meglio di come erano prima. Forse solo perchè guadagnando soldi che fuori del Parlamento non avrebbero mai guadagnato per via delle loro professioni ( ammesso che tutti ne abbiano avuta una) si possono permettere abiti e cura della persona più regolari ( magari anche pagando qualcuno che li istruisca). 

 Anche a  noi sembra, le volte che abbiamo preso in considerazione la questione, che siamo costretti, nostro malgrado,   a vergognarci di certi rappresentanti 'del popolo' mandati in Parlamento.

 I pochi senatori a vita, di nomina presidenziale, recavano e recano prestigio all'assemblea, trattandosi di personalità in vista, anche internazionalmente, per meriti riconosciuti da tutti ( salvo dalla Casellati,  poverina!) nei vari campi dell'attività e creatività umana.

 Nel disegno di legge appena approvato in Consiglio dei Ministri, si fa loro il favore di restare anche dopo la riforma, fino al momento in cui Il Creatore non se li chiamerà. Ma questa è una grande concessione della Meloni la quale, diciamolo, assieme a Sangiuliano, è rimasta scottata del vergognoso pasticcio che insieme hanno procurato al Teatro San Carlo - hanno dimesso Lissner, per metterci, come premio, Fuortes; il tribunale ci ha rimesso Lissner,  ha rigettato il ricorso del Teatro, e di Fuortes non si sa quale fine farà: un casino anche legislativo, di cui si occupa anche la Consulta -! allo scopo unico di prendersi in tutta fretta la Rai.

 I senatori a vita, eventualmente dimessi, ope legis, dalla signora Meloni, non avrebbero certamente fatto ricorso ai tribunali italiani, per rientrare e restarci; ma forse il ricorso l'avrebbe fatto qualcun altro per loro, ed altri guai avrebbe avuto la madre della madre di tutte le riforme.

 La quale, in verità, ha cambiato idea: ha detto nelle ultime ore, che,  dopo la riforma, si dimetterà per essere confermata premier dal plebiscito degli elettori. Ne è sicura? Ha fatto bene i conti? E' così sicura di sé? Non teme che la sua azione di governo, diamo tempo al tempo, potrebbe essere bocciata alle prime grandi difficoltà del paese, per le quali si dimostrerà inadeguata (qualche avvisaglia c'è già stata); le toccherà tornare all'opposizione per rifarsi una verginità, che in questo primo anno di governo sembra aver perduto, in attesa di una possibile, ma non immediata, rielezione a Premier. Sempre , naturalmente, che la riforma passi. 

 Ma Lei non teme l'eventuale esito negativo del referendum;  nel dubbio, non ha detto se si dimetterà, come invece sarebbe logico e sacrosanto, qualora la sua contestata madre di tutte le riforme fosse bocciata, seguendo l'esempio di Renzi che, agendo di conseguenza, si dimise, e che, nelle ultime ore ha dichiarato che se la correggeranno quella riforma, che ora è pasticciata, lui la voterà in Parlamento.

 E' la stessa storia del Ponte sullo Stretto al quale solo Salvini crede e tiene? Si farà mai? (Pietro Acquafredda)

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