Gli allarmi sulle nubi radioattive non sono mai da prendere alla leggera. Ma proprio per questo vanno soppesati restando ancorati a ciò che si può provare. Nikolaj Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa (lo possiamo considerare sicuramente un falco di Putin), ha fatto trapelare la notizia che sarebbe stato colpito un deposito di armi e materiale bellico con «inviato dall’Occidente» e che una non ben identificata «nube radioattiva» si starebbe spostando in direzione europea, nell’area polacca. Secondo Patrushev, citato dall’agenzia Ria Novosti, «un aumento dei livelli di radioattività sarebbe già stato segnalato in Polonia». Paese da cui non c’è nessuna conferma: anzi, l’Agenzia atomica nazionale polacca ha definito «false» le parole di Patrushev, spiegando che non ci sono pericoli in tal senso.


Partiamo dai fatti scientificamente certil’uranio impoverito è un metallo pesante che non può in nessuna maniera essere la causa di una qualunque fenomeno di radioattività, meno che mai nell’aria. Come metallo pesante non ha un profilo radiologico. Anzi è chiamato impoverito perché ha una componente radioattiva più debole di quella che ha lo stesso uranio che si trova già in natura, nell’acqua e in mezzo al terreno (e che, va ricordato, per diventare per esempio combustibile per le centrali nucleari, deve subire un processo di arricchimento). Dunque, tornando ai fatti: se un deposito di materiale bellico con uranio impoverito è stato colpito possiamo essere certi che non ci possono essere conseguenze né a livello di nubi pericolose trasportabili nell’aria, né a livello locale (esplosione a parte, beninteso). Altro fatto concreto di particolare importanza. Non siamo più nel 1986 quando accadde l. Come qualcuno ricorderà ci vollero giorni per rilevare i primi segnali della nube tossica che si stava spostando con i radionuclidi per l’Europa (giunse anche in Italia, arrivando a contaminare a causa delle piogge il latte e la verdura). Ma oggi? Esistono almeno due reti di rilevazione delle radiazioni in tempo reale per il territorio: la prima è quella del Joint Research Center della Commissione europea. Che viene aggiornato in continuazione con le centrali e i sensori sparsi per tutto il territorio non solo europeo e che non dà nessun segnale di allarme (in questo momento, per paradosso, c’è un piccolo segnale, comunque nella norma, che arriva dal Libano per possibili spostamenti di materiale). La mappa continuamente aggiornata è visionabile da tutti a questo indirizzo. L’altra fonte è chiaramente quella dell’Aiea, l’Agenzia internazionale che gestisce le più delicate partite internazionali in campo nucleare, la stessa agenzia che in questi mesi è entrata a Chernobyl e nelle altre centrali ucraine come quella di Zaporizhzhia e ha denunciato la complessa situazione di questi siti. Nessun segnale è arrivato dall’Aiea. La notizia, per come è stata data, non può essere considerata vera sulla parte che attiene alle conseguenze «radioattive».