giovedì 8 dicembre 2022

Dopo il Boris di Musorgskij che ha inaugurato la stagione 2022-23 alla Scala di Milano

                                    Ascesa e Caduta di uno Zar

Dunque ieri sera, nonostante le contestazioni e le ammonizioni fuori luogo di qualcuno, è andato in scena alla Scala, per la serata inaugurale di stagione, Boris Godunov di Modest Musorgskij, con la direzione di Riccardo Chailly, la regia di Kasper Holten e  una compagnia di canto prestigiosa, affiancata da due cori, uno di adulti, con il suo nuovo direttore Alberto Malazzi, e l'altro di voci bianche, guidato da Bruno Casoni, per molti anni direttore del Coro scaligero, ambedue superbi, consci del loro fondamentale ruolo nell'opera di Musorgksij. 

 Esecuzione e spettacolo  all'altezza della circostanza, quando la Scala  mette insieme il meglio del meglio. Su tutti, monumentale ed umanissimo il Boris di Abdrazakov, e il Pimen, intensissimo e lacerante,  di Ain Anger.

Il regista ha voluto sottolineare il ruolo della cronaca del monaco Pimen che della vicenda dell'ascesa di Boris dà una versione diversa da quella ufficiale. E per questo ha inondato il palcoscenico di rotoli di pergamena sulla quale il monaco ha scritto la sua cronaca segreta.

 A noi il rotolo centrale srotolato fino al soffitto,  ci ha fatto venire in mente, gli Exultet, quegli antichi rotoli di pergamena. che si ponevano sui leggii nelle celebrazioni liturgiche pasquali e che mostravano ai fedeli, nel mentre  il celebrante ne leggeva il testo, attraverso miniature, gli eventi illustrati, od anche quegli spettacoli dei pupari  imperniati sulla figura del narratore che legge un cartiglio di memorie, mentre i suoi sodali muovono i pupi.

 Dunque uno spettacolo che non esiteremmo a definire 'popolare', nel senso che mentre mostra l'azione in palcoscenico, intende suggerire che  non è tutto vero ciò che si vede, come  narra la cronaca segreta di Pimen.

 La storia di Boris è abbastanza semplice, come semplice è quella di un qualunque despota che sale al trono, apparentemente con il plauso generale,  che comprende anche quello della religione ( questo  legame di sacro e profano ha generato sempre disastri e ne genera anche ora)  e forse anche con le migliori intenzioni. Ma che poi si rivela, per quello che è, un despota sanguinario, e quegli stessi che l'hanno prima celebrato, ora  lo fanno cadere, addirittura portandolo alla morte.

 E' questa la storia 'ufficiale' di Boris. Pimen narra invece una storia parallela : quella di un usurpatore che dopo un periodo di relativa tranquillità sul trono e, di conseguenza, anche del suo paese, viene spinto dall'ingordigia ad annettersi paesi vicini,  a sottovalutare le condizioni del popolo,  e, tormentato dai rimorsi e spaventato dalla notizia che esiste un pretendente che attenta alla sua sovranità, impazzisce fino alla morte.


La storia si ripete sempre uguale senza insegnare mai nulla

 Che Boris, la sua vicenda umana e la sua sete di potere, possa essere un efficace antesignano dell'attuale dittatore sanguinario russo, Putin, è del tutto evidente. E perciò il timore della vigilia che la rappresentazione di Boris, potesse giovare all'attuale despota russo è fuori luogo. La sorte di Boris, prima osannato e perfino benedetto, poi tradito da una congiura ordita da quegli stessi boiari, suoi sostenitori di un tempo, fa pensare a Putin. Non può essere altrimenti.

 Uomo del KGB, dunque con scheletri nell'armadio, arriva al potere con una manovra delle élite del suo paese, e con l'appoggio della Chiesa ortodossa;  le stesse élite -  gli oligarchi, altrimenti chi ?-   che poi chiedono al despota qualcosa in cambio e, non ottenendolo,  si organizzano per detronizzarlo; che è l'ultimo atto che manca alla vicenda politica di Putin, che non potrà discostarsi più di tanto da quella dello storico Zar Boris. Che ci siano continui tentativi di far fuori Putin lo rivelano anche le 'morti' improvvise di tanti suoi fedelissimi che a lui devono le loro gigantesche fortune. Ma a farlo fuori ancora non ci sono riusciti. 

 A raccontare la vera storia di Boris pensò Pimen,  a raccontare quella di Putin ci pensano ogni giorno giornali e tv, solo che il suo 'popolo' non può leggerli nè ascoltarle, e dunque la verità gli è celata. E, per questo, la reazione di massa si fa ancora attendere, nonostante la misura sia colma e il malcontento  sempre più esteso.

 

La Scala a Sant'Ambrogio

 Il teatro milanese ogni 7 dicembre diventa, per generale convinzione, il centro del mondo.  Per questo tutti, soprattutto quelli che contano, vogliono esserci; non importa se sono al loro debutto operistico, addirittura in un 'palco reale' - come ha candidamente confessato Giorgia Meloni, elegantemente vestita, che  prima di ieri sera non aveva mai messo piede alla Scala; mentre in teatro non  era la prima volta.

 Il palco reale ieri era affollatissimo: in prima fila,  presidente Mattarella con figlia, Ursula von der Leyen, sindaco Sala, premier Meloni, presidente del senato La Russa, e poi altri in seconda fila, nel palco accanto  Sangiuliano.

 All'arrivo in teatro, Mattarella, come già  in altre precedenti occasioni, è stato salutato da una lunghissima ovazione ( lasciamo perdere le standing ovation), all'inno nazionale è stato fatto seguire l'Inno europeo, in omaggio alla presidente della Commissione europea; la rappresentazione inappuntabile ed alla fine lunghissimi applausi per tutti.


 Boris in diretta tv

Come, da tradizione, il punto debole, della serata era la diretta tv, considerando anche qualche incidente nella trasmissione, che si è bloccata due volte.  A Rai Cultura,  evidentemente con poca dimestichezza con la musica, le va bene qualunque cosa e  lo dimostra ogni volta che ci mette le telecamere. Che fa alla Scala?  Pesca due volti noti della tv - da qualche anno  Carlucci e Vespa - li sostiene con un  gruppo di autori ( a digiuno o quasi, come loro, di musica) che, per far dire  quello che dicono, potevano risparmiarsi quei soldi; contatta poi alcuni personaggi (di qualcuno ascolta le insistenze) - il dilettantismo in fatto di musica è l'unica condizione per parteciparvi, agevolati gli 'orecchianti' - ed imbastisce la serata.

 Come ad esempio con Corrado Augias che, adesso, viene sempre presentato come quello 'che parla di musica in tv' ( e noi aggiungiamo: senza capirla fino in  fondo) il quale esalta l'esecuzione così: ' si pensi solo  a quei pianissimo eseguiti da una grande orchestra'; mentre boccia la regia; poi Sonia Bergamasco 'regista d'opera' che di musica sa, ma che di regie d'opera ne ha fatta solo una - dunque altra promozione, senza aver frequentato; la sempre intrufolata  sig.ra Paolo Severini, vedova Melograni, già ex Guidi, presidente di un 'Comitato Toscanini',  che, pur latitante da tempo, è autoincarico sempre utile da spendere; e poi un professore giovane, esperto di cultura russa, alla quale al Carlucci ha chiesto di indicare qualche libro da leggere per conoscere la cultura russa. E lo 'sfortunato' ha risposto. Persone strampalte, interventi privi di qualunque interesse, comparse inutili.

 Alla fine dell'opera, mentre il chiasso della sala e gli appalusi coprivano qualunque voce, Vespa si è arrischiato, esattamente come l'anno scorso, a parlare con Alberto Mattioli, giornalista della Stampa, del cui discorso non abbiamo capito una sola parola sia noi che i telespettatori. La Carlucci, subito dopo, nel retropalco, interpellava la coppia di primi ballerini scaligeri che  davanti al pubblico dell'Arena di Verona, quest'estate, si erano dichiarati amore eterno, finché dura. Che noia!

 Dulcis in fundo, Carlucci alla fine del collegamento saluta così: ' è stato un onore esserti accanto' rivolto a Vespa, non ai telespettatori.  Ci è venuto il dubbio che essere accanto a Vespa fosse la ragione principale per cui ha accettato di  essere alla Scala per la tv.


Ascolti tv

Su Rai1 Boris Godunov – Teatro alla Scala, dalle 18 alle 21:31, ha ottenuto un ascolto medio di 1.495.000 spettatori pari al 9.1% .

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