mercoledì 1 maggio 2019

Salvini, alla Lega e al sottosegretario Siri, pensaci tu, non ti curare di Conte. Salvini è, di fatto, a capo di un governo di 'secessione'

Mentre Giuseppe Conte, che ha preso in mano il caso Armando Siri, chiede pazienza, non accenna a calare la tensione tra Lega e M5s sulla vicenda del sottosegretario ai Trasporti del Carroccio, indagato per corruzione. L'interessato, per il momento, non ha alcuna intenzione di dimettersi, anche perché può contare sul sostegno del suo partito, che non intende mollarlo nonostante le ripetute richieste di un passo indietro da parte dell'alleato. Un sostegno che, secondo il capo del M5s, non sarebbe però così unanime. 

"Ci sono tensioni nel governo ma il governo andrà avanti", aveva dichiarato in mattinata il vicepremier Luigi di Maio, "noi chiediamo le dimissioni perché per noi é un'inchiesta che implica una questione morale. Poi sono sicuro che se verrà giudicato innocente, tornerà a fare il sottosegretario".

"Credo - ha detto ancora Di Maio - che la stragrande maggioranza degli italiani condivida il fatto che uno che è coinvolto in un'indagine di corruzione e che parla di mafia non possa restare sottosegretario. Detto questo ho piena fiducia nel fatto che Conte stia seguendo la vicenda e trovi una soluzione per questo governo e per noi e credo anche che Salvini farà la scelta giusta, anche perché ormai ci sono parlamentari della Lega che quando li incontro mi dicono che Siri debba dimettersi".

Ma in caso di rinvio a giudizio...

"Alla Lega ci pensa la Lega", taglia corto Matteo Salvini con chi gli chiede un commento alle dichiarazioni di Di Maio, "noi ci stiamo occupando di vita reale e quindi non ho tempo da perdere con altre polemiche, ho detto tutto quello che dovevo". In serata, al termine di un comizio a Civitavecchia (dove è spuntato uno striscione 'Io sto con Siri'), il leader del Carroccio dirà di non aver sentito il ministro del Lavoro durante la giornata, segno che il rapporto con l'altro vicepremier rimane piuttosto teso. 

Più loquace il numero due della Lega, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti che, a margine di un appuntamento elettorale a Genova dichiara che, se arrivasse un rinvio a giudizio, il patto di governo Lega-M5S parla chiaro: "Nel contratto che abbiamo stabilito ci sono delle regole che ci siamo dati. È chiaro che il rinvio a giudizio presuppone che ci sia una verifica preventiva, che al momento però nessuno conosce". Il vicesegretario federale della Lega ha ricordato che "il Presidente del Consiglio e Siri si sono spiegati, non conosco il contenuto dell'incontro, ma al momento resta lì anche se credo non abbia le deleghe, quindi resta li'".

"Nessuna melina", garantisce quindi Giorgetti, che non ha consigli da dare a Siri: "Non ho parlato con Armando, bisogna capire la sua situazione ma mi sembra che lui sia assolutamente tranquillo, almeno così dichiara, quindi giustamente non capisce perché deve dimettersi se non ha fatto nulla". È una situazione individuale - conclude - ma è chiaro che se si fa politica quasi quotidianamente si è sotto tiro, sotto attacco degli avversari politici e non solo. È una cosa da mettere in conto per chi fa politica".

Più netta, in un'intervista a Repubblica, Giulia Bongiorno, ministro della Funzione Pubblica: "Siri è stato trattato dai media come un condannato definitivo, mentre è un indagato per fatti di corruzione che ha subito chiesto di essere ascoltato, ma ancora non ha reso interrogatorio. Da oggi secondo me dovrebbe calare il silenzio, in attesa dei chiarimenti che fornirà".(AGI)

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