venerdì 1 febbraio 2019

Giorgio Battistelli parla, ancora una volta ma a diverso microfono, della sua nuova opera ( dal titolo 'Sette minuti', che dura oltre due ore). Ora con Giuseppina Manin, Corriere, come aveva fatto due mesi fa circa con Riccardo Lenzi, de L'Espresso. Dicendo le stesse identiche cose anche sul mondo del melodramma e la sua organizzazione. E noi, non essendoci nulla di nuovo, a commento, ripubblichiamo quello che già scrivemmo in quell'occasione

"Una delle domande fondamentali che pone 'Sette minuti', infatti è: che cosa sei disposto a fare pur di salvare il tuo lavoro?... non è soltanto un problema di difesa del diritto al lavoro per legge... ma di vera e propria salvaguardia della dignità umana che oggi viene continuamente umiliata e schiacciata".

Un rischio simile è avvertito anche nei teatri italiani, tra i lavoratori della musica, chiede l'intervistatore ( Riccardo Lenzi). E Battistelli: " Credo sia necessario creare una unione, un movimento di difesa dei diritti umani dei professori delle orchestre italiane. I diritti umani sono fondamentali in quanto corrispondono ai bisogni vitali, spirituali, economici e materiali di un individuo. Tutto questo oggi viene tritato, frantumato, perché la maggior parte dei teatri italiani è OSTAGGIO del pareggio di bilancio che sembra l'unico orizzonte posto da chi sovrintende ai finanziamenti".

 E ancora l'intervistatore: Eppure proprio Lei, Battistelli, qualche anno fa, in rappresentanza del Ministero, firmò per il licenziamento dei musicisti del Teatro dell'Opera di Roma.

" In quel momento - si difende  Battistelli  - fortemente critico e di tensione fra la fondazione lirica romana, il Ministero di cui ero rappresentante e l'amministrazione comunale, compresi che quello era l'unico modo per disincagliare quella situazione. Portarla all'estrema conseguenza avrebbe prodotto una reazione non soltanto dai lavoratori ma soprattutto dal mondo della politica, che poi infatti, a seguito di quella decisione, fece rientrare tutto nei canoni del rispetto reciproco".
" Per me fu un prezzo  molto alto, ma rivendico ancor oggi quella scelta che fu strategica, politica e culturale in difesa dei professori d'orchestra. Se fossimo andati alla scontro sarebbe stato davvero un disastro".

" Il teatro d'opera come forma culturale  e artistica... ha come elemento fondamentale la musica. E i dirigenti dei teatri dovrebbero partire proprio da questo, da ciò che rappresenta la scelta di un titolo, di un'opera e come realizzarla con i giusti mezzi artistici... Questo presupporrebbe una visione eminentemente artistica, che spesso è assente o messa in secondo piano. Perché ad avere la precedenza, talvolta anche per obbligo o necessità, sono l'impatto economico  l'ossessione di quante presenze ha prodotto quello specifico evento".

Termina così l'orazione, anche a propria discolpa, di Giorgio Battistelli. Alla quale segue la chiusura dell'intervistatore: Insomma i teatri  d'opera italiani oggi hanno un debito di circa 400 milioni di Euro. C'è bisogno di idee: non ci si può aspettare che un Babbo natale-Ministero per magia li cancelli".
 E qui finisce il canto a due voci fra Battistelli e Lenzi.

POSTILLE

- Accusa Battistelli essere i teatri ostaggio del pareggio di bilancio. Il pareggio di bilancio, caro il nostro compositore, è un sacrosanto dovere di chi amministra la cosa pubblica, anche in ambito artistico. Ci piacerebbe capire cosa accadrebbe se il nostro compositore, dichiarasse di non voler più sottostare al 'pareggio di bilancio' nell'amministrazione delle sue finanze personali. Chi verrebbe a salvarlo? Nessuno! Gli amministratori devono badare ai conti, anche quando sovrintendono ad un  teatro d'opera. I soldi non sono infiniti,  e per questo occorre  muoversi nell'ambito delle disponibilità. Come può il pareggio di bilancio costituire di per sé un freno alla programmazione artistica? Mai; semmai i cattivi amministratori, e solo loro, si vanno difendendo con simili argomentazioni peregrine.

- E poi c'è la storia drammatica, consumatasi alcuni anni fa all'Opera di Roma, con Battistelli che allora faceva parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione, in rappresentanza del Ministero. La minaccia del licenziamento di orchestra e coro - le cosiddette 'masse artistiche' -  da parte di Fuortes, fece ridere l'Europa della musica tutta, e di quella decisione anche Battistelli, musicista a differenza di Fuortes,  fu complice. Solo Simona Marchini disse che era una follia, oltre che una idiozia. Battistelli si difende dicendo che fu una giusta strategia per evitare il peggio. Ricorda male Battistelli. Perchè se è vero che strumentisti e coristi furono costretti ad accettare condizioni capestro ( valide ancora oggi  se, all'inaugurazione di stagione , giorni fa, vi fu una protesta in proposito) è anche vero che Fuortes, e Battistelli con lui, dovette battere in ritirata.

Come potè Battistelli, da musicista come si professa  e difende, difensore - oggi(!) non ieri - anche dei diritti sacrosanti dei professori d'orchestra  avallare una decisione che prospettava  per ogni produzione la formazione di  una orchestra e di un coro esterni, a chiamata, contrattualizzati   per ciascun titolo e a tempo determinato?

- Non crede poi Battistelli che come il sovrintendente, pur dovendo fare i conti con i soldi di cui dispone può amministrare e progrtamamre bene, gli orchestrali possano suonare  anche bene e benissimo conoscendo l'entità, anche non superlativa, del proprio stipendio?
 Gli stipendi degli orchestrali delle nostre fondazioni (come quelli dei vertici delle stesse, che non sono uguali dappertutto, nonostante l'ente finanziatore maggiore sia uno solo: lo Stato, e variano da fondazione a fondazione ) sebbene non siano 'lauti' non sono nella maggior parte dei casi 'da fame'. E quegli stessi stipendi sono regolamente arrotondati da entrate ulteriori per attività private o parallele organizzate dell'ente stesso. Dunque si può suonare bene con gli stipendi che si hanno.

Una annotazione personale. Per una decina d'anni ho seguito, per incarico (consulenza artistica) ricevuto da Rai 1, tutte le prove del Concerto di Capodanno della Fenice. Ebbene in quelle giornate, sempre gli stessi orchestrali, mostravano indisciplinatezza,distrazione, perfino chiacchiericcio e risatine. Sempre gli stessi, contro i quali, in quelle giornate e per tutti gli anni, nessuno dei vertici del teatro è mai intervenuto, pur conoscendo bene le singole situazioni.

  - Alla fine delle sue dichiarazioni, Battistelli colpisce ancora,  affermando che  non ci si può riferire sempre a quanti spettatori un EVENTO - anche lui usa la parola dannata - è riuscito a portare in teatro. Sbaglia: anche il pubblico deve interessare. Se poi si decidesse che un'opera, mettiamo dello stesso Battistelli, debba essere fatta solo per lui e la cerchia dei suoi amici ed ammiratori, allora occorrerebbe  riportare indietro la storia dell'opera, ai lontanissimi tempi della  sua nascita, quando veniva allestita e  finanziata dalla a alla z, da una corte, per sé e i suoi componenti. Ma Battistelli non è un principe e neppure un re e sembra non possa ancora permettersi di autofinanziare una  sua opera, anche se  ne sforna una quasi ogni anno.

-Infine. Dopo la ricomposizione del trauma all'Opera di Roma, che avrebbe dovuto vedere il sovrintendente e tutti i membri del CdA dimissionari, accadde che Fuortes restasse al suo posto, irriso dal mondo intero - ma lui è sempre un 'bravo amministratore(!) nonostante la gaffe - e Battistelli venisse promosso a 'direttore artistico' in seconda, giacché un direttore artistico, miracolato al tempo e per opera di Muti, c'era già; si dovette inventare per lui una programmazione operistica e concertistica 'contemporanee', e perfino un festival che ebbe una sola edizione. Forse Battistelli quando  accusa l'essere  ostaggio del pareggio di bilancio, fa riferimento al fatto che quel festival  e la sua stessa programmazione non ebbero un seguito dopo il primo anno perché i soldi non bastavano?
Cosa si sarebbe dovuto fare? Continuare la programmazione 'contemporanea' per mandare definitivamente in fallimento l'Opera di Roma che, come è a tutti noto, ha una cinquantina di milioni  di Euro di debiti pregressi, nonostante la buona( !) amministrazione di Fuortes, che riesce a chiudere i bilanci in pareggio, ma che quando vuole lui, spende e spande? Come ha fatto con la famosa Traviata di Verdi affidata alla coppia Coppola-Valentino, che solo dopo  ripetute riprese in teatro ed alcuni imprestiti a teatri esteri è riuscita ad ammortizzare  le spese  di produzione.

- Lenzi, caro Lenzi, la sua chiosa sui debiti è davvero fuori luogo e troppo banale per essere presa in considerazione. La montagna di debiti delle Fondazioni liriche italiane ha un unico creditore: lo Stato, con il quale essi hanno sottoscritto un piano di rientro della durata di alcune decine di anni - esattamente come è stata condannata a fare la Lega con i 49 milioni di Euro spariti che deve restituire in 70 anni. Capito?
Se le fondazioni riuscissero, nonostante Battistelli, a vivere con i soldi disponibili, salvo poi a trovarne degli altri, sarebbe già un grosso traguardo raggiunto. E, di conseguenza, lo Stato per premiare tale disciplina, potrebbe con un tratto di penna cancellare quella montagna di debiti.Che c'è di tanto strano? Ma poi? Poi, sempre e comunque: CHI SBAGLIA PAGA, MA PRIMA VA A CASA, e I POLITICI FUORI DALLE ISTITUZIONI CULTURALI, alle quali sono estranei per nascita, estrazione sociale, formazione ed interesse personale.

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