domenica 30 settembre 2018

Domenica di ordinaria follia all'Ospedale Oftalmico di Roma

Mai ammalarsi di qualunque cosa la domenica, e ancor meno ammalarsi agli occhi e recarsi all'Oftalmico di Piazzale degli Eroi, a Roma.
 Ma se capita, si  potrebbe vivere una mattinata di  ordinaria follia nell'unico ospedale oftalmico della Capitale, con pronto soccorso dedicato, come è accaduto a noi oggi.

 All'ingresso del Pronto soccorso ci sono due sportelli attivi per l'accettazione; le impiegate redigono un verbale, facendo fare al paziente l'anamnesi e la patologia in atto; alla fine consegnano un numero con il quale si verrà chiamati alla visita. Come in ogni ospedale, al Pronto soccorso, si viene catalogati con due diversi codici, di  diverso colore:  all'oftalmico, forse per venire incontro ai daltonici, il verde per quelli più gravi e il bianco per i meno gravi.
 Intanto tra pazienti, gravi più o meno, si è creata una lunga fila di attesa, perchè lo specialista che visita è uno solo.
 A mezzogiorno - noi siamo arrivati verso le 10,30, quando c'era già una bella lista di attesa ( sei prima di noi in codice bianco, senza contare quelli in codice verde) - entra in servizio un secondo medico, riservato ai codici 'bianco'. Ancora un'attesa lunga più di un'ora e verso le 13,30 tocca finalmente a noi. Lo specialista  si chiama Monte Rita, la quale appena entrati nella sala visite, sapendo che la patologia era di un forte dolore all'occhio destro,  fa una manovra che procura un dolore ancora più forte, senza avvertire il paziente della manovra che stava per compiere. Alle rimostranze del paziente, la dott.ssa minaccia di chiamare i carabinieri. Il paziente si risente, naturalmente, per i modi disumani della dott.ssa, e dice di voler andar via rinunciando alla visita.

 Uscendo, dopo aver firmato  il foglio che toglieva ogni responsabilità al medico, augura  allo specialista di godere a lungo - data la sua giovane età -  di buona salute, per non incontrare - sottinteso - un medico come Lei (ma questo non glielo dice, ma l'interessata capirà ugualmente).
 La dott.ssa comincia ad urlare e facendo le corna, grida, come una posseduta: mi sta lanciando un anatema (ma forse non conosceva il significato della parola riferita alla scomunica in ambito religioso; mentre 'maledizione', con una estensione del significato).

 E così dopo 4 ore, si conclude con un nulla di fatto, l'avventura all'Oftalmico di Roma,dove non auguriamo a nessuno di andare e di incontrare uno specialista come il nostro.

 Ciò accadeva a Roma, nell'ultima domenica di settembre, all'unico Pronto soccorso oftalmico della Capitale.

LA' SINDROME DEL PENSIONATO' DEL GOVERNO GIALLOVERDE

Il Governo gialloverde, ovvero dei giovanotti contrattisti, ci sembra abbia la 'sindrome del pensionato'.  Perché invecchiati precocemente? O aspiranti alla pensione che molti loro coetanei se la sogneranno? Perchè godono già di una pensione, per cui se ne fottono di qualunque altra cosa ed hanno già fatto domanda per trasferirsi in Portogallo dove con la loro pensione dorata - comunque dorata - possono fare la bella vita senza pensieri? Veramente non capiamo molto di questo governo, ma sappiamo bene cosa sia la vita del pensionato, dalla cui sindrome questo governo ci sembra affetto. 

Il pensionato che ha, come noi, una normalissima pensione,  vive non guardando mai avanti e in alto, ma sempre  in basso, dove mette i piedi, perché la sua principale e più forte preoccupazione è quella di non inciampare e farsi male seriamente.  Gli basta andare avanti così. Tanto ha di pensione, tanto spende e tira a campare. Fare progetti per il futuro? Quale futuro? Il pensionato non ha un futuro, come lo hanno i pochissimi che ancor prima di andare in pensione, godendo di responsabilità miste a potere, il futuro se lo sono programmati con la complicità del potere medesimo, e perciò sono pensionati in attività.

 Il pensionato, che va in pensione quando lo stabilisce la legge, senza alcun riferimento alle sue capacità ed alla sua salute generale, impiega il suo tempo al circolo bocciofilo; al bar per leggere, senza acquistarli, i giornali (ammesso che abbia ancora voglia e desiderio di informarsi su quanto avviene, non fidandosi  solo della tv - ma quanti sono?);   nei centri commerciali, d'estate, quando si gode il fresco senza spendere una lira, e godendosi il via vai vociante e variopinto); fra i banchi del mercato, a braccetto della compagna o moglie o badante per  fare la spesa; programma le visite mediche e gli esami clinici, necessari passata una certa età (ma solo quelli che passa la mutua); qualche vacanza ma d'estate magari tornando al paesino d'origine; e il resto del tempo - che non è più tanto - lo passa con i nipoti, se ne ha: li prende a scuola, li porta in piscina, li aiuta a fare i compiti se ci capisce un pò, dando una mano ai figli che lavorando - dovendo lavorare anche controvoglia - non hanno la possibilità di farlo, come forse desidererebbero. 

Per il pensionato esiste solo il presente, l'oggi; il passato, ma solo se buono, nei ricordi, ed il futuro  non fa parte  del suo orizzonte di vita. Il paese, a causa di certa politica, va a rotoli? Il pensionato risponde: chissenefrega, io ho già dato, adesso tocca agli altri, se la sbrighino loro. Manco a dire: io mi godo la vita. che vita si può godere? Lui si tiene stretto, finché gli reggono gambe e testa, il presente. E basta.

 Questa è la bella vita del pensionato, alla quale sembra, nonostante tutto, molti aspirerebbero, se dobbiamo credere a quanti chiedono di andare in pensione il prima possibile.

 Il governo gialloverde, composto in buona parte da aitanti - fisicamente !- giovanotti, curiosamente ma utilitaristicamente, sembra avere la stessa sindrome. La sua politica economica si rivolge ai pensionati i quali, esattamente come loro, non pensano al futuro né il proprio né del paese, ma al presente, all'immediato,  che è l'unico tempo nel quale vogliono raccogliere frutti. I pensionati, con un aumento di pensione, anche se minimo; e il governo nella prospettiva delle  prossime imminenti elezioni nelle quali intendono con tali provvedimenti fare il pieno di voti, specie fra la categoria sempre più ampia ( non vogliono pure riformare la legge Fornero, imbrogliando i giovani per i quali si libererebbero esattamente, secondo i loro falsi calcoli, tutti i posti di coloro che vanno in pensione, per grazia ricevuta del governo gialloverde?) dei pensionati e di chi non ha lavoro, che si sono promessi di lisciare con il cosiddetto 'reddito di cittadinanza', consanguineo della 'pensione di cittadinanza'.

 Ma il futuro del paese? Il futuro è troppo lontano nell'orizzonte del Governo gialloverde che , pur ostendando sicurezza, non sa neppure se riuscirà a durare fino alla fine di ogni  mese che comincia. Il Governo  Di Maio -Salvini ( Conte  è stato inviato a Pietrelcina ad invocare il miracolo di durare) le riforme che potrebbero prospettare un futuro migliore per il Pese le hanno messe in calendario dal terzo anno in avanti della legislatura, che, secondo i proclami sempre più frequenti- perchè neanche loro ci credono! - durerà cinque anni. Intanto fanno il pieno di voti, vanno anche in Europa a fare sfracelli, e poi, dopo che anche loro saranno ubriachi di potere, torneranno a casa. 

E si  potranno giustificare - come già fanno ogni volta che qualcuno muove loro una obiezione - dicendo che avevano contro tutti, i poteri forti, la vecchia nomenclatura, la burocrazia dei ministeri messa lì dai governi precedenti, e perfino il Presidente della Repubblica - che Salvini e Di Maio rassicurano con la loro autorevole lungimiranza - e lo stesso ministro del tesoro, Tria, al quale stanno facendo fare la figura del burattino, più dello stesso Conte, il quale non parla mai, e quando parla, ha ricevuto l'autorizzazione preventiva dei due contrattisti, che gli hanno presentato anche il discorsetto che lui ha memorizzato.  



Il sabato del villaggio di Giovanni Valentini ( da IL FATTO QUOTIDIANO)


29.9.2018 - "Non è mai una buona cosa mettersi contro la stampa" (da "Luci nella notte" di Georges Simenon - Adelphi, 2005 - pag. 164). È vero che gli Ordini professionali derivano dalle corporazioni e che fu il fascismo a introdurli per alcune categorie, con la legge n. 897 del 1938. Ed è anche vero, come ha già ricordato nei giorni scorsi il direttore Marco Travaglio, che la loro abolizione è stata sostenuta da un grande liberale come Luigi Einaudi, oltre che dai radicali di Marco Pannella ed Emma Bonino. Ma ciò non toglie che "stralciare" l' Ordine dei giornalisti, istituito nel 1963, rappresenta - anche al di là delle intenzioni - un segnale preoccupante contro il diritto all'informazione che riguarda tutti i cittadini. Un avvertimento, una ritorsione o una rappresaglia, nei confronti di quel corpo intermedio o "quarto potere" a cui in ogni democrazia spetta il compito di controllare i poteri costituiti: quello legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario.  Il sistema editoriale italiano, come abbiamo scritto più volte in passato, non è esente nel suo complesso da vizi, limiti e difetti: a cominciare dalla progressiva estinzione del cosiddetto "editore puro", cioè l'editore per mestiere e passione civile che non ha interessi estranei da tutelare, né industriali né economici o finanziari. E la stampa, per dire i giornali, le televisioni, le radio e ora anche i siti online, non è certamente immune da peccati, colpe e omissioni. Ma resta il fatto che nessun Paese democratico può farne a meno né può fare a meno dei giornalisti, buoni o cattivi che siano.  Cominciare proprio dall' abolizione del loro Ordine professionale, dunque, equivale a intimidire un' intera categoria, a soffocarne l'autonomia e l' indipendenza, esponendola ancor più alla pressione degli editori. Significa smantellare una funzione fondamentale per la difesa della democrazia. Al di fuori di una riforma organica di tutti gli Ordini - quello dei medici, degli avvocati, degli ingegneri, degli architetti e così via - diventa un attacco alla libertà d' informazione, d' opinione e anche di critica, garantita dall' articolo 21 della Costituzione.  Lo stesso Einaudi, pur essendo favorevole all' abolizione, diceva: "Gli Ordini possono anche rimanere per quelli che intendono iscriversi, l' importante è che venga eliminata l' obbligatorietà dell' iscrizione ai fini dell' esercizio professionale". Ed è proprio questo il punto. Un conto è abolire l' iscrizione obbligatoria, come ipotizzava Einaudi, un altro conto è abolire un organo di autodisciplina che regola il comportamento dei suoi iscritti nell'esercizio delle loro funzioni, a tutela dei cittadini lettori e telespettatori, titolari del diritto all' informazione. E in quanto tale, funziona anche da deterrente in forza delle sue carte deontologiche, sulla privacy, sui diritti dei minori e dei malati.  Chi ormai ha quasi cinquant' anni di mestiere alle spalle può dire onestamente che il nostro giornalismo non sarebbe migliore senza l' Ordine professionale. Tanto più nell' era delle fake news, diffuse dalla comunicazione digitale all'insegna della post-verità: un genere di notizie false, propalate deliberatamente a fini di disinformazione, che non hanno nulla a che vedere con quelle inesatte, imprecise o scorrette dei giornali o delle televisioni. Tutto ciò non esclude che, insieme agli altri Ordini professionali, anche il nostro venga riformato o abolito, senza intenti intimidatori o persecutori. Se si indebolisce la libertà di stampa, si mettono a rischio tutte le altre libertà.







sabato 29 settembre 2018

Virginia Raggi-Pinuccia Montanari: il Duo MONNEZZA in piena attività a Roma

Inutile che ci vengano a dire che la monnezza (ed anche buche) esisteva anche durante il governo Alemanno e pure  il governo Marino. Vero, la monnezza è sempre stata una delle emergenze romane. Ma lo è stata anche ,ad esempio, una emergenza napoletana.  E allora perchè a Napoli - dove pure un pò di monnezza sarà rimasta in giro - non si parla più di 'emergenza monnezza', mentre a Roma, dopo promesse, momentanee pause, la monnezza continua a far parte del paesaggio cittaidno, non solo nei quartieri periferici - altra piaga romana - ma anche nelle zone residenziali ed addirittura in quelle centrali?

 Virginia Raggi governa - SGOVERNA - Roma da due anni e mezzo circa ed ancora non si ricorda un campo di attività nel quale ella abbia fatto qualcosa, perfino un pò meglio dei suoi predecessori.
 Pinuccia Montanari, secondo assessore della 'monnezza' arriva a Roma a dicembre del 2016, dunque fra un paio di mesi è in città da due anni, eppure la monnezza continua ad illustrare il paesaggio, nonostante che Lei abbia spesso dichiarato che l'emergenza era stata definitivamente risolta, che di topi in giro non ne aveva mai visti, mentre i cittadini ne lamentavano l'invasione a causa della monnezza non raccolta e sui cinghiali che negli ultimi tempi avevano messo in serio pericolo la vita di cittadini di Roma nord, ha dichiarato trattarsi di una 'leggenda metropolitana'.

 Qualche settimana fa sia lei che la sua socia del 'duo monnezza' hanno visitato  alcuni luoghi particolarmente 'lerci', ed anche un luogo di stoccaggio al salario per il quale gli abitanti avevano a lungo protestato. Viste lampo senza preavviso, hanno dichiarato le due bugiarde. Ed invece da giorni squadre speciali dell'AMA, quelle stesse che non sono in grado id mantenere pulita la città, le avevano lustrate da cima a fondo per far dire alle due 'quaquaraqua' che   non vedevano monnezza in giro.

Intanto i cittadini forse li rivoteranno - stando ai sondaggi - perchè crederanno alla favola che la monnezza a Roma l'avevano nascosta, sotterrandola, ai loto tempi, Alemanno e Marino, i quali, di notte, per far dispetto al Duo MONNEZZA, la va spargendo per la città.

venerdì 28 settembre 2018

Per i novant'anni di Ennio Morricone. Intervista di Pietro Acquafredda ( Class - ottobre 2011)

                                                   Il mio cinema come una sinfonia

                                                    Intervista a Ennio Morricone

 Quale pensiero si nasconde dietro un suono? O, per essere ancora più precisi, quale pensiero anima una musica composta per convivere con le immagini di un film? E, infine, quale delicato rapporto si instaura tra un regista e l'autore di una colonna sonora? Sono tutte domande alle quali gli addetti ai lavori da anni provano ad offrire risposte, ben sapendo che non esistono regole perché è una materia intimamente legata alle sensibilità, alle storie, alle visioni dei diversi protagonisti,. Ma sono anche domande di grande attualità ora che il Festival internazionale del Cinema di Rma ha scelto come presidente di giuria Ennio Morricone, il compositore per il cinema, ma non solo, più famoso al mondo, Oscar e Leone d'Oro alla carriera,  intellettuale dalle idee precise e taglienti. Una  delle assolute eccellenze intellettuali italiane.

Una volta Federico Fellini parlando della musica con riferimento al grande compositore Nino Rota, dichiarò di essere soggiogato dal suo mistero e si chiese poeticamente: dove va la musica quando finisce? Lei ha scoperto dove va a finire la musica?

La musica resta, la musica non finisce, siamo noi che non l'ascoltiamo più, che non vogliamo ascoltarla, distratti da altre incombenze. La musica resiste, resta nella memoria. Proprio ieri dicevo a mia moglie: ho in mente e non riesco a scacciarlo, vivendolo come una tragedia, il Tema di Deborah che avevo scritto per C'era una volta in America. Io volevo scacciarlo dalla memoria, mi dava un senso di oppressione, eppure non andava via. Oggi per fortuna no. Se portiamo il discorso in astratto, la musica non la cacci mai, ha una tale presenza nelle funzioni vitali dell'uomo che non se ne può mai fare a meno.

I futuri storici potranno ricercare un elemento distintivo nella musica del Ventunesimo secolo? Il mondo di oggi ha un suo suono particolare?

Non sarà facile individuarne uno caratteristico. Chi ha cultura tecnica forse potrà individuarlo, all'ascolto, dalla caratteristiche e qualità delle registrazioni. Non dalla musica che ascolta, perché la musica di oggi è quella di Mozart, ma anche di Strawinsky, Bob Dylan, Mina e il folk. La registrazione discografica ha aperto il nostro secolo alla musica, a tutta la musica, di ogni tempo. La musica del Ventunesimo secolo è tutta la musica che esiste. Per Vivaldi si può individuare anche l'anno esatto della composizione di questa o quell'opera, la sua musica ha una connotazione evidentissima. Oggi no.

Si potrà mai tornare ad un cinema senza suoni, senza musica?

Il cinema ideale è quello senza musica e senza suoni. Il cinema oggi è la realizzazione dell'ideale wagneriano: unire tutte le arti in un'opera totale. Gli storici non potranno non fare i conti con il cinema per capire pregi e difetti delle arti del nostro tempo. All'origine il cinema non prevedeva attori, suoni, parole, musica, ma solo immagini astratte. Ho visto degli esperimenti in tal senso, forse si tornerà a quel cinema. Nella videoarte già oggi si compiono esperimenti che tentano di portare il cinema ad un alto livello di astrazione.

Com'è il lavoro sul set?

Sul set, in tutta la mia vita, ci sono stato forse tre volte. Andai sul se di C'era una volta il West per le foto di rito, ma solo il primo giorno;  una seconda volta, qui nel Teatro della Cometa, a due passi da casa mia, dove Leone girava una scena di C'era una volta in America. Ricordo che fece girare ad un'attrice  trenta volte la stessa scena; e siccome non andava mai bene, spossato, se la tenne così com'era venuta. Al compositore delle musiche non interessa il set, lui entra dopo.

Che cosa dà la musica al cinema?

Se e quando il regista lo vuole, la musica dà moltissimo al cinema. Tuttavia, poiché la cultura musicale dello spettatore comune non è certo alta, al musicista si raccomanda di non infastidirlo, di non disturbarlo imponendogli una presenza sonora che gli farebbe trascurare la trama. La musica è un'aggiunta che nasce da un altrove sconosciuto al pubblico, che non è specificato, e che giunge  perciò, in maniera misteriosa e magica, come un ospite inatteso. Questo ospite inatteso per avere la sua efficacia, deve entrare nel film, significando.

Come si ottiene allora questo risultato?

 Non dipende solo dall'autore, ma anche al regista, perché la musica nel film ha bisogno di tempo, non può durare sette secondi. E poiché la musica arriva da un altrove inatteso, non può mescolarsi al treno che sferraglia, ai cavalli che scalpitano, alla folla che chiacchiera o ad altre componenti realistiche dell'immagine. La sua efficacia espressiva la raggiunge quando è 'sola'. Perché la musica nei film di Sergio Leone funziona sempre? Perché le lasciava campo aperto. Questa fu la sua intuizione di regista. La musica per essere efficace in un film ha bisogno di energia, spazio, tempo.

Tra breve sarà presidente della giuria del Festival  internazionale del cinema di Roma...

Non è la prima volta, ho già fatto parte delle giurie dei festival di Cannes e Venezia, e  perciò conosco il compito del presidente. In pratica, il presidente sente il parere dei giurati, poi esprime il suo; poi si vota e, in caso di parità, il suo voto vale il doppio. Semplice no?

Lei va spesso al cinema?

Abbastanza, vado a vedere film che sono certo non sono una 'bufala'. Naturalmente vado a vedere prima di tutti quelli con la mia musica; scrutando il pubblico in sala posso verificarne l'efficacia.

Quali film predilige?

Non c'è un unico tipo di film che mi piace. Posso però dire che C'era una volta in America un capolavoro assoluto, anche letterario, scritto da un grande romanziere, che sa inventare e scrivere storie. Mi piacciono molto i film di Giuseppe Tornatore, il suo Una pura formalità mi piace moltissimo - e non lo dico perché scrivo le musiche dei suoi film; nel prossimo tenterò un esperimento che spero gli piaccia.

 Ha avuto  mai contatti con Woody Allen che ha girato anche  a Roma?

Ci sono registi con cui non lavorerei mai, e Allen è fra questi: mette sempre musiche preesistenti. Gli piace il jazz...

Cosa dirà il giorno dell'insediamento della giuria  del Festival di Roma?

 Dirò ciò che disse a noi giurati il direttore del Festival di Cannes:  vorrei ricordare a presidente e giurati che un film che vince, ma non ottiene il favore del pubblico, rappresenta una sconfitta per il festival. Aggiungerò che mi resterà sempre il dubbio se premiare o meno un film d'arte, del quale intuisco che potrebbe avere difficoltà a incontrare il gradimento del pubblico; e, infine, che anche un film commerciale, se è bello e ben fatto, merita di vincere.


giovedì 27 settembre 2018

Sonia Bergamasco, anche nell'arte oltre che nella vita, sulle orme di Fabrizio Gifuni (suo marito)

Qualche mese fa abbiamo raccontato su questo blog la celebrazione di un evento importante per la cittadina di Sansepolcro (fondata nel 1012): il suo primo millennio dalla fondazione, avvenuta il 29 settembre del 2012, nella sala del Museo civico che custodisce la Resurrezione di Piero della Francesca, a detta di Huxley 'la più bella pittura del mondo'.

Per quell'occasione, abbiamo raccontato,  oltre a commissionare  un nuovo Quartetto per archi ( il n.9)  a Salvatore Sciarrino per l'occasione,  invitammo Fabrizio Gifuni a raccontare come verso la fine della Seconda guerra mondiale,  un capitano inglese, per risparmiare il celebre affresco di Piero della Francesca, salvò la città da sicuro bombardamento.
Quel capitano, che si chiamava Anthony Clarke, raccontò quella sua avventura in un  memorabile, commovente diario, che la sera del 29 settembre 2012 Fabrizio Gifuni rilesse sotto l'affresco di Piero.

Quella celebrazione la ricordiamo bene in tutti i suoi particolari perchè fummo noi a progettarla e realizzarla, su invito dell''allora sindaco di Sansepolcro, Daniela Frullani, consigliata dalla carissima amica, purtroppo scomparsa prematuramente, Paola Galardi.

Ieri quando abbiamo letto sul Corriere della commemorazione dei cinquecento anni dalla morte di Leonardo, nel Cenacolo, sotto l'affresco dell'Ultima cena, organizzata dal 'Piccolo' ed affidata a Sonia Bergamasco, ci è venuto in mente quel precedente, a causa di una serie  di analogie.

A Milano,  eccezionalmente sotto l'affresco di Leonardo - come del resto a Sansepolcro, sotto l'affresco di Piero - veniva festeggiato un grande artista e insieme un eroe del nostro tempo legato a quell'opera d'arte: la critica d'arte, sovrintendente e direttrice di Brera, Fernanda Wittgens,  come a Sansepolcro il capitano inglese Clarke.

In ambedue le serate si è fatto ricorso  anche alla lettura di  celebri testi di grandi del passato riferiti ai due affreschi - a Sansepolcro, di Aldous Huxley, a Milano  di Vasari e poi  di Goethe -  per mettere in risalto la bellezza  dell'arte, e per sottolineare che quella bellezza aveva dato un grande contributo alla civiltà.

Ambedue i protagonisti avevano rischiato grosso per salvare le opere d'arte e  i cittadini: il capitano inglese rischiò  addirittura la fucilazione; la sovrintendente, che era riuscita a salvare molti ebrei, finì in prigione per decisione del fascismo. Fernanda Wittgens ripeteva che era 'troppo bello essere intellettuali in tempi di pace', ma che era in tempi di guerra che si poteva misurare coraggio ed ardire degli intellettuali medesimi; e il povero, giovane capitano inglese, sospese il bombardamento di Sansepolcro  perchè non voleva avere sulla coscienza la gravissima colpa di aver distrutto  quel celebre affresco.Ora i nostri due eroi sono ricordati a Milano e Sansepolcro da due strade a loto intitolate.

Tutte queste curiose coincidenze ci sono venute in mente alla lettura della celebrazione leonardiana milanese che, ennesima coincidenza, avviene a sei anni esatti di distanza da quella di Sansepolcro : Sansepolcro, 20 settembre 2012- Milano,  25 settembre 2018, e, infine, ad opera di due attori: Gifuni-Bergamasco, uniti nell'arte ma anche nella vita.

Due nuovi ministeri stanno per essere inaugurati dal Governo 'del cambiamento': il Ministero 'dell'appoggio' e il Ministero 'dell'avanti e indietro. Ecco i ministri in pectore'

Chi in questi giorni, ma anche da tempo, legge Il Fatto e segue le giornaliere apparizione del suo direttore, Marco Travaglio in tv, avrà capito che aria tira nel suo giornale.

 L'altra sera, dal salotto di Floris ( La 7), nei pochi minuti che ci siamo sintonizzati con la rete di Cairo, ha invitato tutti ad imitare Conte per la sua discrezione: non straparla mai (in verità non parla neanche)  ed è sempre moderato e dimesso nei modi (per paura di sbagliare e perché teme che a sera, quando si tirano le somme a Palazzo Chigi, i due premier gli diano il benservito!). Ma questo Travaglio non lo ha detto e non lo pensa, figuriamoci!

 Interpellato poi sui rapporti fra i vari ministri della maggioranza, più precisamente sui rapporti fra i due 'del contratto' e Tria, ha spiegato che fanno bene i contrattisti a pungolare Tria il quale quando ha accettato di fare il ministro doveva sapere, anzi sapeva cosa l'attendeva: c'era scritto nel contratto. Se non accettava quel contatto si doveva rifiutare di accollarsi il dicastero dell'economia; se ne poteva restare all'Università, dove aveva una bella posizione. Dunque perchè scandalizzarsi di Rocco Casalino - che non è un ministro? Casalino ha detto quello che il Governo pensa. Se poi a scandalizzarsi sono i giornalisti, allora li ha invitati a tirar fuori tutti i messaggi ricevuti dai portavoce e  ministri dei precedenti governi. Sai che ridere!
 Che poi nei ministeri si annidino tecnici  dei precedenti governi è cosa nota, non è un mistero per nessuno, e quelli vogliono mettere il bastone fra le ruote del velocissimo Governo 'del cambiamento'.

 Il quale, sveltissimo in chiacchiere, quando deve assumere decisioni è lento, lentissimo, anzi immobile, come sul  decreto Genova 'urgente' da due mesi atteso. Non sappiamo come la pensi Travaglio. Quando deve parlare - lui parla solo ogni tanto di Salvini, il mostro 'nero' - di qualcosa di cui è meglio tacere, lui tace, come farebbe chiunque abbia deciso di appoggiare un governo anche con jl silenzio.
Per questo, ed anche per altro, Travaglio è il candidato n.1 a Ministro 'dell'appoggio'

 Ma c'è anche un altro Ministero in procinto di essere inaugurato nel gabinetto Conte, o meglio nel gabinetto Salvini-Di Maio: il Ministero 'dell'avanti e indietro'.  E Ministra in pectore, senza antagonisti, la Grillo, attuale Ministro della salute, da cui si dimetterà non appena  si insedierà nel nuovo dicastero, anzi prima, forse addirittura - e sarebbe meglio - da subito.

 Il modo ondivago con cui ha proceduto e procede ancora sul 'caso vaccini' è esemplare. Niente obbligo, occorre convincere i cittadini a vaccinare i propri figli, dunque via la obbligatorietà sancita dalla Lorenzin, su consiglio della comunità scientifica.

 C'è solo un caso nel quale  un vaccino può diventare obbligatorio: quando si verifica una epidemia di questo o quel malanno contro i quali ci si può vaccinare; ma solo ad epidemia accertata.
Scusi ministro, le hanno fatto notare, che si fa quando in una classe si è iscritto un ragazzo immunodepresso, la cui salute potrebbe essere messa a rischio dai compagni non vaccinati? Gli si cambia la classe, e va in una in cui tutti, per libera scelta delle proprie famiglie si sono vaccinati.

Ma come facciamo a saperlo se si sono vaccinati? Ancora per un anno non serve la certificazione medica, basta l'autocertificazione. E se qualche genitore 'no vax' certifica il falso' e di questo ci si accorge dopo che è accaduto qualcosa di grave che ha messo in pericolo la salute di una classe intera? Gli facciamo pagare una multa salata e l'obblighiamo a vaccinarsi.

Adesso però in Italia sembra esserci un mini epidemia di morbillo, passati i duemila casi in sei mesi o poco più. Ministra che si fa? La vaccinazione contro il morbillo  è obbligatoria, per tutte le altre le famiglie sono libere di scegliere. Ma che si fa, come ci si comporta? Basta l'autocertificazione o si deve pretendere la certificazione dell'Asl?

Mi sta confondendo - ha risposto la ministra - tutto a me doveva capitare? Per giunta ora che sono incinta?  E la Grillo è medico; comunque, medico o non medico, in attesa di insediarla nel ministero creato proprio per lei - il Ministero 'dell'avanti e indietro' - non farebbe meglio a 'mettersi in maternità' e pensare al nascituro che, ha dichiarato, vaccinerà? Lei il figlio suo lo vaccinerà, per mettersi al sicuro, per gli altri  le famiglie facciano come  credono, mica sono suoi.

Le nomine dei direttori di reti e tg in Rai, sotto il Governo 'del cambiamento', spettano, equamente divise, a Cinquestelle e Lega, ma tenendo presente il criterio della 'bella presenza'

Salvini ce l'ha fatta: aveva deciso che Foa doveva essere presidente della Rai,  e sebbene gli si siano messi contro sia i suoi (ex?) compagni di cordata che il compagno di contratto, alla fine l'ha spuntata. Della prima bocciatura in Commissione di Vigilanza se ne è bellamente fregato: poi il compagno di contratto, in previsione di successivi patteggiamenti ,e gli (ex?) compagni di cordata per ricevere assicurazioni sull'impero dell'ex capo, hanno consentito al Bullo  di ottenere quello che voleva.

 Giorgio Mulè , portavoce del Cavaliere sia quando era a Panorama - come è definitivamente ed inequivocabilmente chiaro - sia ora che milita in Forza Italia, non accorgendosi che il naso gli era cresciuto spropositatamente, ha trovato la toppa al cambio di decisione:  Foa viene in Commissione si fa  'audire' , facendosi conoscere e giudicare dai componenti la Commissione parlamentare, dopo di che la Vigilanza lo rivota, e questa volta anche con il nostro appoggio. Il nostro cambio di posizione è derivato da problemi di  forma ed anche di merito ( ma crede  Pinocchio-Muleè che noi siamo tutti fessi?).  E il naso  cresceva ancora al Giorgio-Pinocchio dei nostri tempi, mentre si sbracciava - arrossendo  ma non per insolazione - al fine di smentire ogni lettura del voto  come sottoscrizione del patto di non belligeranza del governo 'del cambiamento' verso le aziende e gli interessi del suo padrone di un tempo e di oggi.

 Adesso, oggi, il Cda Rai recepisce la decisione della Vigilanza ed insedia il consiglio nella sua interezza e nel pieno delle sue funzioni. Tempo qualche giorno ed arriva la seconda spartizione. Cosa chiede Cinquestelle in cambio a Salvini? Gli accordi sono stati già presi.

Cinquestelle, in cambio, chiede la direzione del Tg1, per la quale sono stati fatti nei giorni scorsi due nomi su gli altri: Di Mare e Matano. Ambedue i nomi - si dice - sono stati fatti da Spadafora, consigliere di Di Maio. Di Mare per la sua  ricca esperienza professionale su vari fronti; Matano, passato meno ricco, con qualche flop professionale in Rai perchè la sua scelta era avvenuta soprattutto in base alla sua 'presenza fisica', piacerebbe proprio in virtù della sua 'bella presenza', riguardo alla quale i giornali  hanno rammentato il siparietto con la Littizzetto e la De Filippi.
Insomma alla direzione del Tg1 qualcuno vorrebbe  il bellimbusto, ma soprattutto - ci permettiamo di  supporre - l'obbediente per natura.

Sempre al criterio della bella presenza  si sono ispirati - ma in questo caso con qualche ragione in più - i dirigenti Rai  per la scelta di alcune giovani conduttrici di programmi di intrattenimento che,  guarda caso, vanno male, nonostante tanta bellezza sbattuta in faccia ai telespettatori.

Infine la cucina giornaliera di Rai 1 è stata affidata a Elisa Isoardi, donna del premier ff. - non per questo, si diano pace i maligni - certamente  un pò per la bellezza e un po per... in attesa di verifica.

Nel frattempo l'hanno già eletta 'donna dell'anno'. Il servilismo della stampa italiana verso il potente di turno, Bullo-Salvini, è semplicemente vomitevole!

Salvini fa nominare il suo candidato alla presidenza Rai: Marcello Foa ( dal blog di Luigi Boschi)

Ventisette voti a favore. In mattinata il presidente aveva commesso una gaffe su Twitter: "Sono emozionato, non è una giornata come tutte le altre". Il Pd: "Non partecipiamo"
ROMA - Semaforo verde dalla Vigilanza. Marcello Foa è il nuovo presidente della Rai. Il sì con i voti di M5S, Lega e Forza Italia. "Non ho mai militato in partiti, sarò garante del pluralismo". Così il neopresidente. Il Pd non ha partecipato al voto. I "sì" sono stati 27, 3 i contrari, una scheda nulla e una bianca. Hanno votato 32 componenti della bicamerale su 40. E' stato raggiunto quindi il quorum di due terzi previsto dalla legge per rendere efficace la nomina del presidente.
• L'AUDIZIONE
"Nel gruppo del Corriere del Ticino - continua Foa nel corso dell'audizione - c'erano testate di diverso orientamento politico. Il mio ruolo non era di incidere sui contenuti delle testate ma di far sì che potessero svolgere nel modo migliore e con le risorse adeguate, senza alcuna intromissione"
Foa ricorda di aver voluto lui la collaborazione di De Bortoli nel gruppo che dirigeva. "Sono abituato a discernere tra le mie opinioni e i doveri del mio ruolo di garante del pluralismo e della qualità del giornalismo, principi a cui mi ispirerò se mi sceglierete. Non ho mai militato in un partito politico, non ho mai preso una tessera, non ho mai cercato appoggi politici per far carriera. Sono stato sempre coerente con me stesso, cercando di fare con umiltà il mio mestiere in base agli insegnamenti dei maestri, da Montanelli e Cervi". E aggiunge: "Il mandato che ho ricevuto dal governo non è politico, ma professionale", "fa appello al mio percorso professionale, e io intendo onorarlo in nome dei valori del giornalismo".

martedì 25 settembre 2018

Un saluto ( Luca Pellegrini); un moto di invidia ( per Bob Wilson); pietà per il povero Crimi , Cinquestelle

Leggiamo dai necrologi che ieri è morto Luca Pellegrini, anzi don Luca Pellegrini, sacerdote, con la passione per la musica (apprendiamo anche per il cinema) che abbiamo conosciuto tanti anni fa e frequentato nel tempo, apprezzandone il garbo, nel suo lavoro di collaboratore di artisti ed istituzioni.
 Da tempo non lo vedevamo  e non potevamo immaginare che tale sua assenza fosse dovuta principalmente alla sua malattia- immaginiamo il terribile male che ogni giorno, ancora e nonostante le cure, falcidia nel mondo milioni di persone, senza guardare in faccia a nessuno. Lui aveva solo 59 anni e da tempo era malato. Ciao Luca

Siamo stati presi da un  cattivissimo n moto di invidia che non riusciamo a contenere, alla lettura di due imminenti impegni, di uno dei registi più creativi, Bob Wilson. E non tanto per lui - chi non lo conosce e non ne apprezza la genialità? e perciò come fai a invidiarlo? - quanto per il fatto che nelle prossime settimane  lavora all'allestimento di due lavori in due luoghi che, in anni lontani, abbiamo visitato e calpestato in lungo e largo ( ai tempi di 'All'Opera!' vi facemmo alcune riprese ) rimanendone stregati, e che rappresentano le più belle meraviglie teatrali che ci sia stato mai concesso di vedere e frequentare: il Teatro Farnese di Parma e il Teatro Olimpico di Vicenza, per i quali egli stesso dichiara si sentirsi in qualche maniera quasi 'impotente' di fronte a tanta geniale bellezza.

 Dalle stelle alle stalle, ci si perdoni  la citazione,. sui giornali di oggi si legge ancora del caso tragico di Rocco Casalino, al quale tutti  del governo e del partito del quale sembra aver  contribuito a  costruire il successo elettorale,  dichiarano solidarietà
 Perfino Crimi, il pentastellato con moglie al seguito del Movimento medesimo da  lui messa in un posto dir eposnabilità nel Movimento - tutto regolare ! - che ha la delega per l'editoria, l'ha difeso. Crimi che ha dichiarato che sarà tolta la pubblicità ai giornali, che vorrebbe abolire l'Ordine dei giornalisti, ha invocato la deontologia professionale, alla quale sarebbero venuti meno i due giornalisti che hanno diffuso l'audio diffamatorio del Casalino;  sapete perchè? perchè hanno contravvenuto alla deontologia professionale che vuole non si rivelino le fonti delle informazioni. Capito?

lunedì 24 settembre 2018

Buone notizie. Storie di un altro mondo

Ieri, a lungo, abbiamo sfogliato Buone Notizie del Corriere della sera, al traguardo del primo anno di uscita. In prima pagina anche un messaggio di Mattarella, il taciturno, che si scusava per non essere stato presente alla festa di compleanno, ma che inviava un messaggio di congratulazioni.
 Notizie da un altro mondo. Sì, proprio così. Da nord a sud il paese raccontato da Buone Notizie,  è pieno zeppo di belle straordinarie storie: storie di grandi passioni, di inventiva, di solidarietà.

E chi non vorrebbe vivere in un paese  come quello raccontato da Buone Notizie ?Tutti, noi compresi, al punto che ci siamo decisi a telefonare alla redazione del settimanale del Corriere, per farci dare l'indirizzo, al fine di trasferircivisi.

Squilla il telefono del centralino del Corriere, una voce gentile ci dice che ci collega con Buone Notizie, che però, ha tutte le linee occupate e quindi ci mette in attesa. Forse tantissimi altri, come noi, hanno avuto la stessa idea: trasferirsi nel mondo di cui il settimanale parla. Restiamo in attesa per parecchi minuti, le linee sono ancora tutte occupate - ci avverte la solita voce gentile, pregandoci di attendere per 'non perdere la priorità acquisita.'..

L'attesa continua ancora, diventa quasi snervante; e per non rovinarci ulteriormente la vita già tanto rovinata di questo mondo che abitiamo, decidiamo di chiudere la telefonata. Anche perchè ci assale un dubbio: vuoi vedere che una massa di gente, fra cui anche scalmanati, delinquenti, immigrati come ne esistono tanti nel mondo reale, ha deciso di emigrare nel mondo di Buone Notizie?  Decidiamo, per non fare brutti incontri, di restare nel mondo che c'è.

 Riponiamo il giornale e accendiamo la tv: "Nessun lavoratore perderà il posto", tuona una voce roboante  che ha la faccetta  liscia liscia di un giovane politico del mondo in cui ora viviamo: "chi ha approvato il Jobs Act, prosegue, non è uno statista ma un assassino politico". Il riferimento è a Matteo Renzi che volle quella riforma del mondo del lavoro. "L'accusatore di Renzi, dice una voce camuffata, per il timore di essere riconosciuta e sanzionata, commenta: " Di Maio, proprio lui, l'accusatore, che si propone come salvatore della patria, non  è uno statista, ma un perfetto idiota politico.

Rocco Casalino. In che mani siamo finiti. Non è una giustificazione ricordare in quali mani eravamo finiti in passato. Non è il governo 'del cambiamento'? ( da Il Sole 24 Ore)

mezzi di informazione hanno diffuso la registrazione di un messaggio vocale, inviato dal portavoce del presidente del Consiglio Rocco Casalinoa due giornalisti, nel corso della quale il primo suggerisce una notizia da pubblicare, badando però di attribuirla a una «fonte parlamentare» del suo stesso partito. Più precisamente, Casalino afferma che nell’ipotesi in cui non fossero trovati i fondi per finanziare il progetto di reddito di cittadinanza, il Movimento Cinque Stelle, ritenendo che la responsabilità non è del ministro Tria, bensì di un certo numero di dirigenti del ministero «che proteggono il solito sistema» attuerà una «megavendetta» e «tutto il 2019 sarà dedicato a far fuori quei pezzi di m...».
In altre parole, se si è ben compreso, l’esponente dei Cinque Stelle dà ai giornalisti una notizia: all’interno del Movimento si pensa che alcuni alti funzionari dello Stato facciano ostruzionismo rispetto ai “desiderata” del partito e che se non venisse ottenuto il risultato che la politica ha promesso, questi pagherebbero con il posto di lavoro.
Al netto delle valutazioni politiche, l’interessato ha lamentato che la pubblicazione del suo audio violerebbe «il principio costituzionale di tutela della riservatezza delle comunicazioni e, se fosse accertato che sia stata volontariamente diffusa ad opera dei destinatari del messaggio [anche] le più elementari regole deontologiche che impongono riserbo in questa tipologia di scambi di opinioni».
Analogamente, anche per un giurista quale l’attuale presidente del Consiglio Conte, la diffusione dell’audio configurerebbe condotte gravemente illegittime che tradiscono fondamentali principi costituzionali e deontologici. Della stessa idea il presidente della Camera Fico, il quale sembra pure lui sottolineare una sorta di violazione deontologica da parte dei giornalisti che non avrebbero rispettato il dovere di segretezza sulla fonte della notizia.
Ma è proprio così? A noi pare di no.
Anzitutto va detto che siamo di fronte a una notizia di straordinario interesse pubblico, ovvero il fatto che un esponente di spicco di una forza al governo, ovvero per antonomasia «il potere vestito di umana sembianza», sembra affermare apertamente che qualora dirigenti del ministero non pieghino la propria attività al volere della politica, saranno “fatti fuori”. 
Dal tenore delle parole, il portavoce di Conte non sembra lamentare una scarsa collaborazione dei pubblici dipendenti nell’ambito delle linee dettate dall’esecutivo, doglianza legittima. Pare invece che la reazione, di una certa violenza, sia causata dalla mancanza di assoluta fedeltà alla linea dettata dalla politica: c’è bisogno di soldi, li dovete trovare; se non li trovate significa che lo state facendo apposta e allora subirete una «megavendetta».
Una simile minaccia sembra in netto contrasto proprio con il principio contenuto nell’articolo 97 Costituzione in base al quale la pubblica amministrazione, anzitutto, deve uniformarsi a criteri di buon andamento e imparzialità. Per di più, questo punto di vista è espresso con un linguaggio decisamente duro e a tratti volgare.
Una simile dichiarazione è di evidente rilievo pubblico proprio perché proviene direttamente dal portavoce del presidente del Consiglio. E poterne sentire le parole conferisce da una parte la miglior prova di autenticità, dall’altra aggiunge elementi al fatto, poiché ne si può apprezzare ancor meglio il tono.
Trattandosi di dato di interesse pubblico non sembrano esservi dubbi sul fatto che non vi fosse bisogno del consenso per la pubblicazione.
Vediamo ora se la raccolta del dato è stata illecita. 
L’audio è stato inviato direttamente dal portavoce ai giornalisti, sicché la raccolta sembra legittima. È infatti lo stesso interessato a fornire il dato personale, anzi proprio la registrazione della sua voce, sulla quale una volta “inviata” ai cronisti non può certo essere posto il veto di pubblicazione oppure una sorta di vincolo al trattamento, come ad esempio sembra affermare proprio Casalino quando chiede che la notizia sia diffusa come «fonte parlamentare».

In questo caso, poi, non c’entra affatto il vincolo di segretezza sulla fonte. Infatti, la voce di Casalino non è la fonte della notizia ma è la notizia stessa. E un personaggio di indubbio rilievo pubblico, quando compie affermazioni di altrettanto indubbio rilievo pubblico, non può mantenere la signoria sui modi di diffusione di esse. Se così fosse vi sarebbe un cortocircuito nel rapporto tra controllore e controllato nell’ambito del quale il secondo potrebbe pretendere di dominare il primo, sterilizzandone così del tutto il ruolo.

domenica 23 settembre 2018

Con la cultura si mangia, anzi la cultura si mangia. Ne è convinta l'Accademia di Santa Cecilia e pure la Feltrinelli

E' chiaro che con qualche anno di ritardo anche le istituzioni culturali hanno voluto reagire a quell'infelice uscita attribuita al ministro Tremonti che affermò, quand'era al posto di Tria, che "con la cultura non si mangia". Lo stesso ministro si accorse, incalzato da mezza Italia di aver detto una fesseria e  negò perfino di averla detta.

 Questi giorni sui giornali ed a Roma, più d'una istituzione culturale vuole ribadire, alla faccia di Tremonti che "con la cultura si mangia". Si vedono in giro cartelloni pubblicitari a Roma, sia di grande formato che di dimensioni più contenute sulle fiancate degli autobus.
 In un piatto è adagiato un violino fatto di una bistecca al sangue, di un lungo asparago e di pomodorini. E si legge: 'Alimenta le tue passioni' - Campagna abbonamenti Accademia di Santa Cecilia.
 Ed un secondo cartellone, sempre con un piatto sul quale è adagiato un pianoforte di cioccolato e tutt'intorno fragole, e in questo secondo caso c'è scritto in grande: 'Piaceri di Stagione', seguito dal solito invito a sottoscrivere un abbonamento alle stagioni di Santa Cecilia.

Insomma s'è voluta unire la passione per la cucina alla quale è impossibile sottrarsi - perfino un grande scrittore francese ha detto di recente che nel suo paese si parla più di cibo che di sesso - a quella per la musica che va alimentata perchè, come il cibo, dà un gran piacere.

Proprio oggi, all'indomnai della morte di Inge Feltrinelli, una grande pubblicità della omonima casa editrice campeggiava sui giornali.
 Anche nel caso della Feltrinelli , la pubblicità mostrava un piatto, con una bella fetta di torta ricoperta di cioccolato (forse tiramisu), e le posate per raccomandare di non divorarla con le mani. La pubblicità intendeva reclamizzare l'acquisto di una tessera. 'Assaggio di passioni', con la quale si otteneva uno sconto nell'acquisto dei titoli della casa editrice.

 Insomma musica e libri - possiamo dire 'cultura' in una sola parola - reclamizzati come cibi attraenti anche d'aspetto ( ad eccezione di quella bistecca al sangue , ripugnante, che costituiva il corpo del violino). Per la singolare coincidenza, c'è venuto da pensare che quasi certamente i dirigenti dell'Accademia di Santa Cecilia e quelli della Feltrinelli vanno dalla stessa estetista.

venerdì 21 settembre 2018

Per una sessantina di bambini, in carcere con le madri, il potente Stato di Salvini e Bonafede non riesce a trovare una soluzione più civile

La notizia della made tedesca squilibrata, e già dichiarata inadatta ad educare ed avere rapporti con i figli, piccoli nel nostro caso, ci ha letteralmente sconvolti. In un carcere, una persona con questa diagnosi  doveva essere vigilata ventiquattrore su ventiquattro ed i figli non le dovevano essere affidati.
 E invece no, ha avuto il tempo di gettarli per le scale, e in pochi minuti li ha persi tutt'e due: sicuramente non s'è resa conto di quel che faceva, anche perchè   c'era l'aggravante della tossicodipendenza ( era stata trovata in possesso di alcuni kg di droga e per questo portata a Rebibbia, appena qualche giorno prima).

Ma il fatto ci ha posti di fronte ad un caso - quello dei bambini detenuti in carcere assieme alle loro madri - che in uno stato civile non dovrebbe neppure esistere.
 In Italia, per fermarci al nostro paese augurandoci che fuori dei nostri confini questi problemi siano stati già risolti, ci sono in tutto - udite udite - 62 bambini che vivono con le loro madri in detenzione, anzi ora i bambini sono sessanta, perché due, quelli del nostro caso, sono morti.

 Beh, un paese come il nostro, grande come il nostro,  non riesce a trovare per sessanta bambini sessanta una sistemazione che non precluda definitivamente l'educazione di questi piccoli?

 In pochi giorni, a Genova, dopo la sciagura della caduta del ponte, sono stati reperiti  appartamenti nei quali mandare gli sfollati, mentre in tutta Italia, le sistemazioni più umane e civili che si conoscono ed in parte messe già in atto, non si possono trovare per sessanta bambini?

 Perchè papà Salvini,  è il termine tenero che il rude ministro usa quando parla di sè, non si pone il problema e  con il suo  compagno Bonafede, non gli dà soluzione quasi immediata? Si tratta veramente di pochissime unità, ed un paese intero non si può dichiarare incapace di provvedervi.

GIORNALISTI. GRILLO DOCET. NUOVA FUCILATA DI VITO CRIMI: ( dal blog di FRANCO ABRUZZO)

 “L’abolizione dell’Ordine di giornalisti è un tema presente sul tavolo del governo” e “l’essere giornalista di per sè non è garanzia di esenzione dalla possibilità di veicolare fake news”, che sono un fenomeno che riguarda non solo la rete ma anche la carta stampata. E' “sempre più urgente adeguare l’Italia agli altri paesi del mondo dove la figura professionale del giornalista è libera da ordini e condizionamenti, ma risponde solamente a regole che garantiscono autonomia e piena indipendenza sul lavoro”. LA RISPOSTA DI FRANCO ABRUZZO (portavoce del MIL): "Crimi, che vive nel mondo delle favole, non vuol capire che, tolto l'Ordine, resteranno vincolanti soltanto gli ordini degli editori. Oggi, grazie alla deontologia fissata per legge, i giornalisti, se  credono, possono opporre qualche no. Domani non sarà più possibile, perché saranno degli impiegati  tenuti, Codice civile alla mano, a essere 'fedeli' ai padroni".

L'iniziativa di Bonisoli per le fondazioni liriche, fa il paio con quella di Veltroni, quando era ministro, per il cinema, e merita di essere segnalata

Quando Vuolter, l'americano,  nella sue finzioni di ministro della cultura e nello stesso tempo 'cultore' del cinema (avremmo dovuto capirlo fin da allora dove sarebbe finito, altro che Africa) impose agli esercenti di praticare prezzi popolari almeno un giorno alla settimana per incentivare l'andare al cinema, specie dei giovani, noi ci dicemmo: quando avrà il ministero della cultura, un ministro che, amando la musica,  proponga una identica misura per i teatri e le sale da concerto?

Si sa che un simile ministro l'Italia non l'ha mai avuto - perchè, detto per inciso, la nostra musica è apprezzata più all'estero che in Italia e perchè i ministri come i cittadini  sono analfabeti in musica - fino ad oggi, quando, però, un ministro che proviene da una accademia milanese privata, s'è accordato con La Scala per una iniziativa di incentivazione  della musica presso i giovani,  e l'ha poi proposta anche alle altre fondazioni liriche, trovandole d'accordo ( forse per paura, senza neanche tanta convinzione, ma tant'è che l'hanno adottata).

E' la prima volta che un ministro  avalla ed anche impone - usiamo le parole giuste - una misura che, se  sposata convintamente da tutte le fondazioni liriche e doverosamente incentivata e promossa, potrebbe  avvicinare un pubblico giovane alla musica e all'opera,  che sono sinceramente troppo costose per le loro tasche.

Tutte le fondazioni liriche, Scala in testa, riserveranno nella maggior parte degli spettacoli in
cartellone una quota di posti (duecento per volta, per una decina di titoli scaligeri ) al prezzo simbolico di 2 Euro ai giovani fino a 25 anni. Si tratta di una rivoluzione e come tale doveva essere considerata.

Senonchè i giornali se ne sono fottuti, dandola con quattro righe, e i critici musicali pure, i singoli come la loro associazione ( Associazione critici musicali) sul cui sito della bella iniziativa non v'è traccia. Dormono sonni tranquilli, mentre il mondo cambia.

La maggiore delle sorelle 'GORI' dobbiamo ancora averla sul groppone in Rai

La fortuna delle sorelle Gori in Parodi è il legame di sangue e di affari con il maschio di famiglia, Giorgio, sia a zio Matteo che a zia Leopolda. In forza della quale ha osato perfino cambiare mestiere, passando dalla produzione tv alla amministrazione pubblica ( sindaco di Bergamo).
E le sorelle? Le sorella Cristina, la più nota e Benedetta, sempre ai fornelli notte e giorno, sempre per quella dannata vicinanza hanno cambiato ditta: da Mediaset, la grande, e da La 7 /  piccola, sono passate cucina compresa, alla Rai,  per il cui passaggio una mano gliel'ha data Camposanto dall'Orto, anch'egli dondolo fra Casa Renzi e Stazione Leopolda.

Approdate  in Rai le sorelle Gori hanno avuto in consegna il programma per eccellenza, la domenica, tutto per loro. Lei, la grande, conduttrice e padrona di casa; la piccola sempre in cucina , ma che ogni tanto, facendo drizzare i capelli anche ai calvi - una volta si è anche risentita per quell'alzata di capelli - è entrata nel salotto della sorella, sbraitando.

 La sorte di quel programma è a tutti nota. Settimana dopo settimana, i dirigenti dell'epoca che  hanno spesso pensato di cancellarlo,  alla fine optarono, per evitare la figuraccia, con ridimensionare la trasmissione, e di rimandare in cucina (meglio sarebbe stato direttamente a casa) la piccola.

 La stagione ,a giugno di quest'anno si è chiusa con un saldo negativo, le cui conseguenze nessuno pagherà, anche dopo che Renzi è andato a casa e nel Paese sono sbarcati i nuovi barbari. I quali  hanno promesso di mettere a fuoco e fiamme  tutto, ma di fronte alla grazia della sorella maggiore, si sono arresi, e le hanno concesso altro spazio, una specie di  prova di riserva, per vedere se è capace di affondare del tutto anche questa nuova trasmissione, per la quale a Torino gli stanno facendo ponti d'oro per farla entrare, su tappeto rosso, nel nuovo studio.

 C'è qualcuno che ci spiega perchè ad una che fallisce in una impresa (vero che la trasmissione non la faceva solo lei, colpe ne hanno dal direttore della rete al capostruttura, alla redazione ma anche Lei che ha sempre rivendicato di voler dare e lasciare la sua impronta), se ne da un'altra in premio?
 Il fratello delle due, Giorgio, faceva alla stessa maniera quando era produttore tv?

mercoledì 19 settembre 2018

Vittorio Emiliani ha ragione, ma nella foga del discorso... Però si metta l'anima in pace: cambiamento non ci sarà

Per capire l'essenza del problema - nel caso non fosse sufficientemente chiaro dall'articolo precedente, uscito su Il Fatto Quotidiano, a firma Vittorio Emiliani - vi raccontiamo un episodio occorso proprio a noi.

 Quando  Enrico Mentana traslocò dalla Rai a Mediaset, per aprirvi e dirigere il primo Tg di quell'azienda, noi gli telefonammo e chiedemmo di incontrarlo. Avevamo lavorato con lui nell'estate del 1986, in una lunga diretta da Villa Medici, per la Festa della Musica nel solstizio d'estate (che conducemmo in coppia) e successivamente  in un programma per Rai 3 che abortì prima ancora di essere messo in onda di sabato pomeriggio, dal titolo provvisorio 'Domani Domenica', nel quale fummo chiamati dalla Rai ad occuparci di musica, e Mentana doveva essere il conduttore, che finì a tarallucci e vino dopo alcune settimane di prove ed aggiustamenti. inutili, perchè non c'era 'un'idea' di programma.

Appena varato da Mentana il Tg5 lo incontrammo per  sottoporgli la nostra candidatura per seguire  la musica 'classica'- usiamo un termine che oggi sembra essere stato sostituito da altri più efficaci, come 'forte', proposto da Quirino Principe e adottato sempre più frequentemente,  specie nei consessi intellettuali.

Mentana apprezzò la nostra offerta ma ci disse molto sinceramente che lui aveva semmai bisogno di altri cronisti - che non sono mai troppi! - non di critici musicali, dando per scontato che la musica sarebbe potuta entrare forse semel in anno nel suo Tg, e dunque non c'era bisogno che vi fosse un critico musicale nella sua redazione. Nel tempo abbiamo spesso ascoltato qualche raro servizio del Tg5 firmato da una rampolla di casa Chailly, meglio che niente.

 Torniamo alla Rai, oggetto della lunga reprimenda di Emiliani. Negli organici Rai - che non è la BBC- che ammontano a 13.000 unità circa, vi sono quasi 1800 giornalisti. Si consideri che in Rai ci sono parecchie reti, parecchi Tg, e ci sono le  sedi regionali, tutte con una propria redazione per i Tg regionali.

 Fra questi 1800 giornalisti circa,  non ve ne è uno solo che capisca, ad esempio, di musica e se ne occupi in tutte le occasioni che, per quanto non frequenti, sono certamente più presenti che nei Tg di Mediaset o de La 7.

 Se Mediaset, che ha ormai più di un telegiornale, dovrebbe avere qualche giornalista che capisca e si occupi di musica, di bellezze italiane (che non sono solo quelle di Miss Italia) e di altri argomenti più legati alla cultura ed allo spettacolo; a maggior ragione dovrebbe averlo la Rai (che dovrebbe essere lo specchio del nostro paese, ricco di storia e bellezza)  che svolge servizio pubblico ed è finanziata dal canone. E invece no.

Nella foga del discorso, Emiliani,   elencando vecchie glorie dei tempi che furono, quando, si potrebbe dire con il poeta.' beltà splendea...' sugli schermi televisivi pubblici, cita nomi  che per quanta buona volontà avessero nello svolgere alcuni compiti, apparivano - o appaiono, i sopravvissuti - del tutto inadeguati. E fa il nome anche di Gregorio Zappi, nostro amico scomparso prematuramente, che si occupava di musica per il Tg1. I suoi servizi, costruiti tutti con una formuletta, sempre la stessa, che evidentemente soddisfacevano i direttori dell'epoca, erano banali, Emiliani. Si può dire.

Di conseguenza ciò che Emiliani evidentemente vuole difendere è  il principio che nei Tg Rai un GIORNALISTA che capisca, anche MOLTO  poco, di musica  (come Zappi), come degli altri settori che rappresentano le eccellenze del nostro paese, ci debba comunque essere. E su questo siamo d'accordo con lui.

 Solo che temiamo che la sua invettiva resterà inascoltata anche dalla Rai 'del Cambiamento' che presto vedremo attivata dal Governo 'del cambiamento', il quale la parola cultura non l'ha nemmeno citata nel contratto di governo, anche perchè la coppia Spaccone- Di Maio / Bullo-Salvini che guida tale cambiamento, non sa neppure dove sia di casa.

E perciò,si metta l'anima in pace Vittorio Emiliani, anche per un altro motivo: perchè nei giornali, i maggiori, che hanno tutti uno o più critici musicali, gli articoli di critica musicale, sono ridotti al lumicino per presenza ed estensione; e  troppo spesso non sono molto lontani dalla formuletta superficiale che utilizzava Gregorio Zappi, nei suoi servizi musicali per il Tg1:  striminziti, generici, superficiali, deferenti, in una parola INUTILI!

(E vediamo se questa volta l'Associazione Critici Musicali si rivolta nella tomba, nella quale sembra essersi rinchiusa, benchè all'anagrafe vi sia registrata ancora fra i vivi!)

Vittorio Emiliani in difesa della cultura in Rai ( da Il Fatto Quotidiano)

Caro direttore, l’Italia sembra ormai sprofondata nella più cupa ignoranza, siamo l’ultimo Paese in Europa per numero di laureati rispetto al totale della popolazione (metà della Germania
all’incirca), l’abbandono degli studi anche prima della scuola dell’obbligo è diventato un’epidemia, vantiamo il più alto tasso di giovani che non lavorano e non studiano. In certi quiz di fronte a domande su Hitler e Mussolini, giovani sicuramente diplomati e magari laureati li collocano nel 1970 o ’80… Da accasciarsi piangenti. Le vendite dei giornali sono crollate perché dicono che loro “si informano sul web”. E si vede.
A tutto questo potrebbe porre un argine la Rai-Tv che continuiamo a chiamare “la più grande azienda culturale del Paese”. Una volta forse. Oggi, tranne la benemerita Radio 3, le pagliuzze di cultura dobbiamo ricercarle col lanternino. Eppure la cultura fa ascolti: Billy rubrica di libri di Bruno Luverà è una delle trasmissioni di più alto share di Rai 1. Lo stesso Osvaldo Bevilacqua, da decenni, con Sereno variabile, a metà fra il culturale e il turistico, tiene su gli ascolti estivi di Rai2 e altrettanto Geo&Geo su Rai3 anche con le repliche.
Per contro la Rai ha cancellato nell’ultimo ventennio tutte le altre trasmissioni ambientali settimanali nel momento in cui il tema Ambiente incombe nel mondo: via Ambiente Italia con le sue scomode inchieste, via Tg Montagna, Bellitalia ridotta a una cosina domenicale, Linea Verde “spettacolarizzata” con comici e altro, Nel Regno degli animali estinta da secoli, e via di questo funebre passo.
Del resto fra i 1.760 giornalisti a contratto la Rai, dai tempi del rimpianto Gregorio Zappi, non ha più un redattore o una redattrice che sappia davvero di musica. Tant’è che dobbiamo sorbirci come grande tenore Andrea Bocelli, che un’opera non è mai riuscito a cantarla e che l’altra sera all’Arena di Verona si è voluto provare in un Di quella pira da piangere rispetto ai veri tenori che l’Italia, malgrado la crisi della didattica vocale, ha, Vittorio Grigolo o Francesco Meli per esempio. Strombazzata per giorni su Rai 1 come “evento dell’anno”, la serata con Bocelli ha raccolto meno spettatori di Techetechetè e pochi di più di Reazioni a catena. Giustamente, la prima è una trasmissione rievocativa della Rai d’antan che spesso era di gran classe. Penso al duetto Mina-Battisti, indimenticabile.
Ma anche per la vasta e sempre declamata tematica della Grande Bellezza, cioè dei beni culturali e paesaggistici, andati in pensione, anni fa ormai, Tina Lepri del Tg2 e Fernando Ferrigno del Tg3 (e di Bellitalia) la Rai non ha allevato nessun redattore specialista della materia (sulla quale si sentono nei Tg castronerie a non finire). Rimane, isolato, Igor Staglianò, ora a Rai1 autore di splendide inchieste come quella sui Parchi o sull’abusivismo. Solo però.
Possibile che un’azienda da 13.000 dipendenti dei quali 1.760 giornalisti, con un bilancio di 2 miliardi e 340 milioni di euro (più di tutto il ministero per i Beni culturali) al 73 % da canone, non trovi il modo di organizzare dei corsi di formazione giornalistica per le materie più schiettamente culturali come musica, arte, archeologia, architettura, paesaggio? Possibile che queste materie vengano delegate (quando lo sono) ai canali satellitari con ascolti pari a prefissi telefonici?
Tutti prodotti da esportazione fra l’altro, mentre dobbiamo sorbirci su Sky certe “americanate” indicibili, come quella su Raffaello morto perché aveva troppe femmine assatanate, quando si sa che perì di malaria, ucciso dai medici che gli cavarono sangue e lo fecero collassare… Non che non amoreggiasse, ma di sesso non è mai morto nessuno, a 37 anni.
                                                                                            FQ| 13 settembre 2018

Il Teatro Regio di Torino risponde GRAZIOS(AMENTE) a Bonisoli

Il Teatro Regio accoglie con favore ed entusiasmo la nuova proposta avanzata dal Ministro dei Beni e della Attività Culturali Alberto Bonisoli per avvicinare gli Under 25 al mondo della lirica con biglietti a 2€. «È un’iniziativa per portare il più possibile la cultura vicino alle nuove generazioni che la considerano spesso con scetticismo o superata» ha dichiarato il Ministro.
Il Sovrintendente del Teatro Regio, William Graziosi, sottolinea che: «il progetto è in linea con le iniziative già messe in pratica dal Regio che prosegue e accresce così, la politica di divulgazione del suo ricco e inestimabile patrimonio artistico; lavoro che da molto tempo coinvolge tutti i settori del Teatro e che porta al Regio circa 40.000 ragazzi ogni anno. Abbiamo da poco presentato la Stagione de I Concerti nella quale i 12 appuntamenti sono gratuiti per gli Under16. Un vero e proprio invito per avvicinare il nuovo pubblico agli imprescindibili capolavori della Storia della Musica. Quest’anno – prosegue Graziosi – stiamo costituendo una Agenzia Formativa, un progetto di formazione professionale e artistica riservato ai giovani che avranno così la possibilità di sviluppare le competenze acquisite durante il loro percorso di studi».
In aggiunta, gli under 16 entrano gratuitamente al Regio per assistere a cinque spettacoli della rassegna Al Regio in famiglia e a cinque recite della Stagione d’Opera e di Balletto.

Riformare il FUS preme a tutti i ministri. Perchè?

Tutti i ministri sono intervenuti nel corso della loro reggenza del dicastero della cultura sul FUS,   e la gran parte per tagliarlo più o meno drasticamente. Quando si è riusciti, protestando, a tenerlo per qualche anno agli stessi livelli, si è trattato quasi  di un miracolo. Sull'orgoglio poi manifestato da Franceschini , per  avere avuto il ministero più bello e importante del nostro paese, meglio  far finta di non averlo sentito, perchè Franceschini, anche lui, sapeva benissimo che se lui lo considerava tale, non la pensavano come lui i membri dei dicasteri più autorevoli del governo. A Franceschini gli anni di permanenza al Collegio romano sono stati sufficienti per lasciare la sua impronta, non sempre memorabile, accanto a  numerosi strascichi per le sue cosiddette riforme.

Perchè tutti i ministri vogliono intervenire sul FUS? la ragione profonda non è tanto difficile da comprendere. Lì ci sono i soldi da distribuire, e con quella distribuzione, che può premiare e castigare, si mettono le mani sulle istituzioni culturali, ai cui vertici presumono di mettere fedelissimi od accondiscendenti.

Basti pensare alle ultime malefatte del direttore generale - ora ex - Salvo Nastasi, con i suoi fantasmagorici algoritmi, per capire come in una sola legislatura si possa fare terra bruciata delle istituzioni musicali e non solo, sparse sul territorio, grande medie o piccole, giovani o storiche. Nastasi si è distinto, addirittura attribuendosi il merito di non procedere più alle assegnazioni attraverso strani giri e maneggi, con la Commissione ministeriale consultiva composta da membri di suo gradimento, non tutti all'altezza del compito, con alcuni membri jolly insediati stabilmente in tutte le commissioni ministeriali, ma tutti sempre e comunque ubbidienti al capo benefattore,  il quale, affidando tutto all'algortimo, oggettivo a suo dire, che fa le cose senza guardare in faccia a nessuno, senza particolarismi o favoritismi ( di quali lui si è macchiato nel corso degli anni): ne ha ammazzato la gran parte, sacrificandola al dio dell'oggettività.
 In una sola botta centinaia di istituzioni musicali che presidiavano il territorio sono sparite dalla faccia della terra, grazie a Nastasi,  che  già solo per questo andava processato

Ora Bonisoli dice di volerlo anche lui riformare, perchè , dopo aver sentito i responsabili delle istituzioni, ha capito che cosi come stanno andando le cose ed i criteri adottati per l'assegnazione non funzionano.  Ha rassicurato: la pensano così anche le istituzioni.
Noi ci auguriamo che lui, a differenza dei suoi predecessori, non faccia altri casini, peggiorando ancora di più la situazione.

Riformare il FUS preme a tutti i ministri. Ma come?

“Come già anticipato nel recente incontro con l’AGIS, una delle priorità del mio mandato sarà quella di impegnarmi concretamente per un reperimento di risorse ad integrazione del FUS per il 2018”. Lo ha dichiarato ieri, nel corso dell’Assemblea Generale dell’AGIS – Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, Alberto Bonisoli, Ministro dei Beni e delle Attività Culturali.
Proprio il meccanismo del finanziamento allo spettacolo è stato uno dei temi dell’intervento del Ministro, accompagnato da Onofrio Cutaia, Direttore Generale dello Spettacolo dal Vivo. Senza entrare nel merito del metodo attuale, Bonisoli ha sottolineato come “sia necessaria una revisione, che in ogni caso sarà effettuata di concerto con gli operatori del settore dello spettacolo e non pregiudicherà in alcun modo le risorse previste dall’attuale meccanismo, che continueranno ad essere regolarmente erogate”. Di grande importanza, per il Ministro, l’attenzione verso le nuove generazioni, “che dovranno essere guidate, attraverso un lavoro comune tra governo ed operatori, ad una maggiore fruizione di un settore importante come quello della cultura e dello spettacolo”. L’Assemblea dell’AGIS, introdotta dal Presidente Carlo Fontana, ha visto inoltre gli interventi di Filippo Fonsatti, Presidente di FEDERVIVO, e Mario Lorini, Presidente dell’ANEC. (AGIS)

martedì 18 settembre 2018

Vuoi vedere che Bonisoli qualcosa fa?

Bonisoli aveva cominciato on il piede sbagliato quando aveva messo fine alle domeniche gratuite - la prima di ogni mese - per consentire ai cittadini di visitare musei siti archeologici, monumenti del Belpaese,  giustificandosi che tale decisione era stata presa d'accordo con i direttori delle varie istituzioni che non riuscivano a governare gli ingressi - eccessivi- delle domeniche gratuite, specie nei periodi di maggiore afflusso turistico.

 E noi per per primi avevamo gridato allo scandalo rimproverandogli di voler applicare alle bellezze del nostro paese gli stessi criteri commerciali dell'Accademia privata dalla quale egli proviene.

 Non tutti la pensavano come noi. E uno su tutti, velatamente , si proclamava d'accordo con Bonisoli, per andar contro Franceschini. Vittorio Emiliani, attivissimo su questo fronte, aveva fatto supporre che il predecessore di Bonisoli aveva adottato tale misura per far vedere che sotto il suo ministero l'affluenza nei musei e monumenti era enormemente cresciuta. Graie, inveiva Emiliani, se uno conta le entrate gratuite delle prima domeniche del mese...

 Si sa come è andato a finire. nel disordine più totale simile a quello che forse si verificherà in Europa sull'ora legale. Juncker ha proposto, in uno dei suoi momenti più lucidi, di lasciare ad ogni paese la decisione.

 In Italia i musei potranno decidere ciascuno per proprio conto, ma gli ingressi gratuiti dovranno concentrarsi nelle 'basse' stagioni, quando cioè l'affluenza turistica non è alta.

 Ora per la prima volta il ministro assume una decisione e la impone alle fondazioni liriche che vivono coni soldi dello Stato, senza i quali avrebbero tute già chiuso i battenti. si comincia con i biglietti a due Euro riservati ai giovani per ogni spettacolo, ma si dovrà andare avanti anche su altre materie. cachets, coproduzioni, repertorio, scambi ecc...

 Noi lo andiamo dicendo da anni: possibile mai che il ministero non ricorre a certe correzioni, mentre poi da da vivere alle fondazioni ? Bonisoli ha annunciato che  dovrà essere ritoccato anche il FUS e rivisti i criteri di attribuzione.
 Ecco, in tal caso, ci auguriamo che non faccia come i suoi predecessori, che quando hanno messo mano al FUS ha fatto solo danni.

Il ministro Bonisoli in azione

Dalla prossima stagione i giovani sotto i 25 anni potranno entrare alla Scala con biglietti a 2 euro. Lo annuncia il ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli che oggi ha incontrato il sovrintendente Alexander Pereira. "È un'iniziativa rivolta alle nuove generazioni che spesso considerano la cultura con scetticismo o perché vivono un disagio, la cultura non è una soluzione ma può aiutare". Il progetto, aggiunge, è stato proposto alle altre 14 Fondazioni Liriche e tutte hanno aderito. Per la Scala sono già state individuate 15 opere e 7 balletti, per i quali saranno messi in vendita i ticket a prezzo speciale per un totale di 2.200 posti.
   

lunedì 17 settembre 2018

Leggendo e ascoltando si impara:Baglioni come Wagner - Paul McCartney sulle pratiche di ispirazione dei Beatles - un eroe maledetto del rock

 Wagner, pardon Baglioni, all'Arena di Verona. La Rai ha trasmesso una delle serate di Baglioni all'Arena di Verona, il cantautore si è esibito su un palco circolare piazzato al centro dell' Arena, davanti ad una folla immensa sulle gradinate che lo circondava. Baglioni anticipando  lo spettacolo ha dichiarato che lui, come Wagner, ha realizato quella antica idea di 'opera totale' : musica, canto, danza,  scene, luci. Non c'era Mollica a sottolinearlo, ma oggi Aldo Grasso, al posto di Mollica,  l'ha dichiarato sublime.

Passatempi d'ispirazione per i Beatles. Paul  McCartney - il sopravvissuto del gruppo, che ogni volta che pubblica un nuovo disco, ci fa rimpiangere quelli - sempre quelli , sempre gli stessi, del lontano loro passato insieme - ci ha, forse involontariamente, rivelato una delle loro fonti di ispirazione.  Accadeva al tempo che furono insieme. Quando si riunivano per parlare o discutere di nuovi progetti, si sedessero in circolo, ed al segnale convenuto, si sbottonassero tutti la patta, tirassero fuori l'uccello e, mentre il capogruppo  gridava i nomi di celebri attrici sexy del momento, si masturbassero in gruppo.
Pentito poi di aver rivelato tale loro fonte di ispirazione, e nel timore che altri ne approfittino, il sopravvissuto del gruppo ha ridimensionato le volte in cui sono ricorsi a tale pratica, addirittura una volta sola o forse due-ha rettificato. Ma chi gli crede?

Quel brano non finisce più perchè l'autore è fatto. Ci scusiamo se la memoria ci tradisce in questo caso, non ricordando  più nè l'autore strumentista, nè il gruppo di cui era leader, e neanche il titolo del brano. La notizia che ricordiamo bene, anzi benissimo, l'ha fornita, facendo cosa assai gradita agli studiosi del rock, una informatissima giornalista ( Paola De Angelis? ) che conduce nel pomeriggio di Radio 3, uno dei tratti di 'sei gradi'.
 Insomma parlando di un carismatico leader rock del secolo corso, e riferendosi ad un brano strumentale inciso dal vivo (durante un  concerto?) la giornalista ha così spiegato la lunghezza eccessiva del brano divenuto un cult: era talmente alterato che non la smetteva più, poteva andare avanti all'infinito. Era fatto, voleva dire, e guai a fermarlo.  Buono a sapersi!


Per i novant'anni di Ennio Morricone. 1


                                         
                                       Ennio Morricone: idea per un film

                                     Senza musica nel paese che non c’è  
                                   

Ennio Morricone, all’indomani della sua esperienza di presidente della giuria del Festival internazionale del film di Roma, 2011, rivelò ( a noi, nel corso di una lunga intervista, uscita all'epoca sul mensile Class, ottobre 2011,  e che ripubblicheremo nei prossimi giorni) questo suo soggetto cinematografico raccontato tanti anni prima a Pasolini e Fellini, e successivamente anche a Montaldo.  Ma che attende ancora di essere realizzato.

La storia - in realtà un soggetto cinematografico in piena regola - la raccontai la prima volta molti anni fa a Pasolini, mentre lavoravo ad uno dei suoi film. C’era una volta un paese perfetto, straordinario, dove regnava una pace sociale fantastica. Tutti si volevano bene. Un paese che tutti noi vorremmo esistesse davvero. Questo paese non aveva un governo, aveva tuttavia un capo che, giustamente, si compiaceva della situazione in cui viveva il suo popolo. Il quale popolo, per mostrare a tutti il proprio stato d’animo, sfruttava i colori dei vestiti: il bianco contraddistingueva chi era sereno, i colori scuri quelli che sereni non erano. Quel popolo, inoltre, non conosceva l’orologio, perché l’orologio avrebbe procurato ansia. Un paese quasi inerte. Un giorno al capo di quel popolo venne in mente che c’era ancora qualcosa capace di turbare gli animi del suo popolo: era la musica, in grado di modificare profondamente gli animi. E così la bandì dal suo paese. La sua proibizione trovò consenzienti alcuni cittadini, ma dissenzienti altri che si coalizzarono per eludere quel divieto. Imponendo quel divieto al suo popolo, il capo divenne un dittatore. Ma le naturali inflessioni melodiche del parlare ed il conseguente ritmo, non potevano essere eliminati del tutto.

Di conseguenza, coloro i quali dissentivano da quella imposizione sfruttavano qualunque occasione, anche quelle offerte dalla quotidianità, per dar vita ad una parvenza di melodia e di ritmo. Tutti parlavano come robot, senza inflessioni. I suoni di tutti i giorni diventarono una ‘nuova’musica, ma organizzata. La situazione volgeva verso la tragedia e il capo-dittatore avvertiva questa contrapposizione, pur non dichiarata. Una notte fece un sogno. Sognò che andando sulla riva del mare quando il mare diventava verde, cioè verso le prime ore del pomeriggio - in quel paese era il mutare del colore del mare a scandire le ore del giorno - avrebbe avuto una grande rivelazione. Sperando di far tornare la pace sociale, raccontò al suo popolo questo sogno, e capo e popolo si recarono il giorno convenuto ed all’ora convenuta, in riva al mare. E cosa accadde? Accadde che, uscendo disordinatamente dalle acque, s’erano dati convegno davanti a quella folla, tutti i grandi musicisti della storia, i quali cantavano e suonavano la loro musica (Nel montaggio, questo racconto‘cinematografico’, prima commentato dalla mia musica, prevedeva che, alla fine, tutti i più grandi musicisti cantassero insieme) Il capo comprese la lezione e tolse quel suo dannoso divieto. Cosa insegna questa storia? Insegna che la musica vinse, e che in quel paese tornò la serenità.

Quando lo raccontai a Pasolini, gli diedi inizio e fine del racconto, il resto avrebbe dovuto inventarlo lui. Ero molto interessato a capire come avrebbe immaginato la rivoluzione di quei cittadini che, non potendo fare a meno della musica, sfruttavano ogni mezzo per eludere quel divieto, senza dare nell’occhio. Pasolini, alla fine del racconto, chiamò Fellini a telefono, il quale ci raggiunse in taxi immediatamente; feci anche a lui lo stesso racconto e, dopo averlo ascoltato , disse: “vorrei fare un film su questa storia, adesso, però, non posso perché devo fare un film su San Paolo - il film su San Paolo non lo fece mai .

Ma Fellini non fece mai neanche quel mio film, ma poco dopo fece ‘Prova d’orchestra’. Anche lì c’è la rivoluzione per scelta dei musicisti, anche se spostata: prima la rivoluzione e poi l’arrivo del direttore che distrugge, con un fortissimo colpo di gong, la rivoluzione dei musicisti e li comanda a bacchetta.

Non voglio essere presuntuoso, ma l’idea di ‘Prova d’orchestra’ c’era in quel mio racconto: il dittatore /direttore fa rinascere la musica, anche se tristissima. La mia ‘favola’ insegna che la musica è indispensabile, fa parte della nostra vita, e che i cittadini di quello strano paese, quando si resero conto di non poterne fare a meno, trasformarono in musica i suoni di ogni giorno.
                                                                             (testo raccolto da  Pietro Acquafredda)