martedì 24 luglio 2018

Nuovi studiosi: sveltisti e inaffidabili

L'altro ieri ci siamo presi la briga di ricopiare e pubblicare su questo blog, alcuni dei contributi scritti da Carlo Majer per il mensile Applausi ( rubrica 'Ouverture) nel 1994, da noi ideato e diretto per un triennio, tanto quanto durò la sua uscita in edicola. E lo abbiamo fatto per una semplice ragione. evitare che un giorno, volendosi ripubblicare tutti gli scritti di Carlo Majer, quelli sfuggano a raccoglitori improvvisati e sveltisti.

 Lo stesso proposito ci ha spinti anche a recensire il nuovo volume che raccoglie scritti di Mario Bortolotto, curato per Adelphi da Pellegrini-Colajanni, perché in esso abbiamo notato la vistosissima assenza di almeno due dei tanti scritti di Bortolotto per Piano Time; due scritti che avevano il peso e le dimensioni di saggi critici, dedicati rispettivamente a Boulez interprete ed a Richard Strauss compositore, a seguito della uscita di una monografia sul musicista a firma Quirino Principe.
All'indomani della morte di Bortolotto, su questo stesso blog, scrivemmo di lui, ricordando anche la sua collaborazione a Piano Time; paventando una pubblicazione postuma di suoi scritti, facemmo sapere che noi conserviamo gelosamente ancora i manoscritti di molti dei suoi contributi.  E citammo espressamente l'editore Adelphi come possibile destinatario anche di raccolte postume di Bortolotto, Ma come si è visto poi, parole al vento.

Restando a Piano Time, ci fece  grande impressione leggere in un pamphlet, un paio di anni fa, dedicato a Sylvano Bussotti, di cui non ricordiamo l'autore - ma forse per la ragione che stiamo per dirvi non meriterebbe comunque di essere citato - che il musicista aveva scritto 'qualche pezzetto, negli anni Ottanta anche per Piano Time, ma aveva esteso nello stesso periodo la sua collaborazione a numerose altre riviste'.
Basterebbe sfogliare i numeri di Piano Time di quegli anni per constatare che Bussotti vi ha scritto ogni mese, e in alcuni numeri anche più pezzi - come quando pubblicò una sua autointervista, di cui conserviamo ancora il manoscritto bicolore.
 In quegli anni Bussotti ebbe con Piano Time l'unica  sua collaborazione giornalistica continuativa, al punto che con i pezzi ivi comparsi si potrebbe  allestire un volumetto.
Perché allora quella inesattezza? Per stupidità.

 Infine un altro caso che ha a che fare con Alberto Savinio e la sua raccolta Scatola sonora,  recentemente riedita, per il Saggiatore,  in una silloge allargata, a cura di Francesco Lombardi, nipote di secondo grado di Nino Rota, a lungo curatore dell'archivio del maestro presso la Fondazione Cini che, a ben guardare, ha procurato più danni che guadagni alla giusta conoscenza del suo parente. Anche lui improvvisatosi nel caso in questione, ricercatore, si è rivelato sveltista ed inattendibile.
Di quella importante raccolta e del suo autore, noi ci siamo occupati per molto tempo, facendo confluire i risultati dei nostri studi in un saggio apparso su 'Nuova storia contemporanea', relativamente alla collaborazione di Savinio al mensile Documento. A quel nostro studio allegammo  anche alcuni inediti, ritrovati (alcuni anche ricostruiti) che il Lombardi ha incluso, giustamente, nella nuova edizione.
Ora il Lombardi non avrebbe potuto altrimenti avere accesso a tali nuovi testi, inediti,  se non attraverso il nostro studio, citatissimo nella bibliografia saviniana, ma  volontariamente omessa in quella del Lombardi. Perchè, verrebbe da chiedersi' E l'unica risposta possibile è: stupidità!

 Un ultimo caso, infine, che riguarda la buonanima di Daniele Lombardi, eclettico  pianista/compositore fiorentino. Al quale, sempre per Piano Time chiedemmo di formulare ed articolare in più puntate un metodo'per lo studio del pianoforte', che lui compilò giovandosi anche della sua bravura grafica e che usci per un intero anno sul mensile.
 Molti anni dopo, ma non postumo, Daniele Lombardi pubblicò in volume quell'originale metodo per lo studio del pianoforte. Nella prefazione, necessaria, annotò che lo aveva immaginato per Piano Time, (il cui direttore glielo aveva richiesto). Ma lui non lo scrisse. sembrò una sua iniziativa proposta al direttore della rivista. Il direttore eravamo naturalmente noi. Gli chiedemmo conto della dimenticanza e la sua risposta fu: "chi non sa che Piano Time eri tu?".
 Ma allora perchè non dirlo? Specie per i più giovani dopo trent'anni dalla sua uscita sulla rivista?

 In tutti questi casi  si è trattato di complotto, congiura un pò ai nostri danni? No, in tutti i casi semplice stupidità. Solo? No, forse mista a una piccola dose di invidia: medicina efficace per lenire ferite anche passate.

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