lunedì 12 marzo 2018

Daniele Rustioni ha fatto quello che Renzi avrebbe dovuto fare: emigrare e non farsi vedere per un pò.

Giunge graditissima la notizia che Daniele Rustioni, l'ancor giovane direttore d'orchestra italiano, sposato ad un'altra nostra eccellenza musicale, la violinista Francesca Dego, è stato nominato direttore dell'Opéra di Lione, seconda in Francia solo a quella di Parigi. Senza dimenticare che anche un altro nostro direttore, pure egli ancor giovane, Andrea Battistoni, ha un incarico stabile in Giappone. Dunque lo scambio di musicisti fra nazioni e continenti esiste e coinvolge anche il nostro paese, dove, ad un italiano - come abbiamo quasi giornalmente accusato - viene sempre immancabilmente preferito uno straniero.

E Battistoni e Rustioni non sono che due casi di  direttori impegnati all'estero fra i molti altri italiani, da Gatti ( Amsterdam) a  Roberto Abbado (Valencia),  e financo la Scappucci (Liegi). La quale però, giorni fa, parlando dei suoi prossimi impegni ha dimenticato - garda caso - di citare il suo unico incarico stabile: Liegi. Non le sembra adeguato alla sua  improvvisa notorietà?

E ciò nonostante, esiste un male tutto italiano - non ci sembra che all'estero sia altrettanto endemico. E cioè  che gli italiani più valenti in ogni campo, musica compresa, prima di essere apprezzati per quel che valgono anche in Italia, devono farsi valere all'estero.

La carriera di Riccardo Chailly non è che un esempio lampante. Debuttò giovanissimo financo alla Scala,  ma poi è arrivato sempre secondo; c'era sempre qualcun altro prima di lui, anche se nel suo caso quelli che lo precedevano in graduatoria, si chiamavano Abbado e Muti.  Si potrebbe dire una cosa analoga anche di Luisi, che dopo i successi e gli incarichi stabili all'estero ( Dresda, New York) ha ottenuto un incarico a Firenze, succedendo a Zubin Mehta - per quanto il povero ha una bella gatta da pelare, lavorando in un teatro che ha ancora grossi guai, nonostante la presenza finora non brillante del 'salvatore' dei nostri teatri, Cristiano Chiarot.

 Chially prima di arrivare alla Scala, nel ruolo che si è ampiamente guadagnato, ha avuto il suo lungo periodo, prima di 'apprendistato'  e soprattutto di 'affermazione' all'estero:  Amsterdam e poi Lipsia.

 Per tornare a Rustioni, il giovane direttore prima di volare a Lione, qualche incarico l'ha avuto in Italia, a Bari ( Teatro Petruzzelli) prima e poi a Firenze ( Orchestra della Toscana). Ora ha pensato bene di andarsene per qualche anno fuori d'Italia, dove ha detto che tornerà molto saltuariamente, almeno fino al 2022, perché fino a quella data il suo calendario di impegni è già completo. E perchè - e questo non ci piace molto - in Italia si programma sempre con troppo ritardo ( la stessa manfrina la fa sempre Cecilia Bartoli che , poi, quando esce un nuovo disco, trova il tempo per  scorrazzare anche per l'Italia).

Rustioni così facendo, ha  indirettamente  voluto dire al fiorentino Renzi che anche lui- come promesso e consigliato da amici- avrebbe dovuto prendere la via dell'esilio rigeneratore, dopo la sconfitta del referendum, senza attendere l'amara conferma delle 'politiche' che hanno praticamente spazzato via dalla faccia dell terra il suo partito.  Fai come ho fatto io, caro Renzi - sai bene che le vittorie soprattutto in Italia hanno molti padri, mentre le sconfitte uno solo, come nel tuo caso, dove però le tue responsabilità non sono di poco conto - e come ha annunciato di fare anche il Dibba. Non fare come Veltroni che dopo aver minacciato della sua assenza il paese, anticipando che sarebbe andato a fare il missionario in Africa, s'è riciclato, più comodamente, ancora in Italia, dandosi al cinema.  Dove ottiene il successo che negli ultimi anni gli aveva negato la politica, forse anche perché i potenti - compresi quelli di un tempo ma che ancora contano - possono sempre contare su uno stuolo di gente pronto a servirli.

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