venerdì 5 maggio 2017

Le orchestre italiane sono indisciplinate. Chi è l'autore di una simile calunnia apparsa sul Corriere della Sera?

Senza Valerio Cappelli che ci informa puntualmente su tutto ciò che accade nel mondo musicale, avanti e dietro le quinte, i lettori dei giornali resterebbero all'oscuro della complessa macchina che muove il mondo musicale italiano

Ieri, ad esempio, ci ha rivelato qualcosa che noi mai e poi mai avremmo supposto, e cioè che nelle orchestre italiane, anche in quelle che vanno per la maggiore e 'in giro per l'Europa', ci sono sacche di indisciplina che comunque non  sfuggono al suo occhio attento e lungo di cronista. Il quale, nei più recenti concerti dell'Orchestra di Santa Cecilia, ha beccato un paio di strumentisti, fra quelli seduti nelle prime file, fronte pubblico, quindi sotto gli occhi di Pappano,  che se la ridevano contenti, senza pudore. Rispondevano forse ad un sorriso di compiacimento del direttore? Neanche per sogno. Se la ridevano e basta.

Sempre Cappelli, sempre ieri, ci ha rivelato  alcune confidenze di Riccardo Muti, che lui ha incontrato nei giorni scorsi, il quale gli ha ricordato che non dirige l'Orchestra ceciliana dagli anni Ottanta, per una ragione simile. Un orchestrale, appena iniziate le prove del Requiem di Verdi, voluto da Muti in pianissimo, disse al direttore, coram populo: ' Maestro, ha messo la sordina?'. Muti se l'è legata al dito e da allora non ha mai più diretto l'Orchestra di Santa Cecilia Questo avrebbe detto a Cappelli.

Possiamo, anzi dobbiamo credergli fino in fondo, a Muti? Chissà.
Non è che Muti, dagli anni Ottanta in avanti, non ha mai più diretto orchestre italiane,  perché lo ha fatto dalla Scala al Maggio al San Carlo, all'Opera di Roma, oltre l'amata 'Cherubini'. E vuol farci credere il direttore che non ha mai assistito ad episodi simili e che nessun altro orchestrale, dopo quello screanzato dell' Orchestra di santa Cecilia, durante le prove,  abbia beccato mentre parlava con il vicino o si distraeva?

Noi di prove ne abbiamo seguite tante, con diverse orchestre. Da quella della Rai di Roma, ai tempi della sua esistenza, quando i direttori dovevano interromperle più che per correggere certi passaggi, per invitare gli orchestrali a fare silenzio e a non distrarsi. 

Più ancora, per dieci anni consecutivi, ogni Capodanno abbiamo seguito, a seguito di un incarico Rai per il Concerto di Capodanno, trasmesso da Rai 1, dalla Fenice, le prove d'orchestra, dalla prima all'ultima, in quel teatro.
 Immancabilmente i componenti di alcune famiglie strumentali, sempre gli stessi e sempre delle stesse famiglie, erano continuamente distratti, ridevano e parlottavano al punto che il direttore  invitato, rinunciava a riprenderli di continuo, dopo aver constatato che i suoi interventi venivano subito dopo disattesi. Ne ricordiamo uno in particolare come fosse ieri. Qualche volta, indignati perfino noi, ne abbiamo parlato con la dirigenza del teatro la quale ha fatto sempre spallucce, come a dire: purtroppo è così, non possiamo farci nulla. Ma come?

Anche l'orchestra di santa Cecilia aveva questo vizio, almeno fino all'arrivo di Pappano. Un vizio che credevamo finalmente perduto, prima della rivelazione di Cappelli. Ma forse non avremmo dovuto farci illusioni, per un vizio così antico e  radicato. Anche Giuseppe Verdi, ai suoi tempi, notava che gli orchestrali italiani 'sono molto indisciplinati, più indisciplinati di quelli francesi'. Non possiamo dimenticare  alcuni orchestrali che durante le prove, ma forse anche durante il concerto della domenica pomeriggio, ancora nell'Auditorium di via della Conciliazione, parlavano fra di loro e qualcuno - potremmo fare i nomi, ma non li facciamo per carità cristiana e soprattutto perché non compete a noi farli - ascoltava con l'auricolare le partite di calcio che si svolgevano in quelle stesse ore.

Questi ed altri episodi appartengono alla storia patria dell' Italia musicale. Possibile che solo a Muti, dopo quell'episodio degli anni Ottanta, non sia capitato mai più di esserne testimone?  Neanche una volta al Teatro dell'Opera? Boh!

E allora qual è la ragione per cui non dirige  l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia?
 Chi ha seguito, negli anni di sua permanenza a Roma, al Teatro dell'Opera, le polemiche quasi giornaliere fra Muti e Cagli, ammiraglio dell'orchestra ceciliana, saprà trovare altri motivi, futili anch'essi, della sua assenza da Santa Cecilia. La quale sta tentando, magari in maniera maldestra e con ritardo cronico, di sanare quella situazione, come ha fatto, ad esempio, candidando al Premio 'Presidente della Repubblica' il noto direttore.

Ora vorremmo fare noi una piccola, forse insignificante, rivelazione. Nei giorni in cui Riccardo Muti, con gesto da vero italiano e meridionale verace,  lavorò a L'Aquila , dopo il terremoto, fermandosi per una settimana in quella città di rovine, avemmo modo di parlare spesso con lui ed anche di intervistarlo ufficialmente. Era il periodo in cui si venne a sapere, a seguito degli interventi di Vespa ed Alemanno, andati in pellegrinaggio a Salisburgo per incontralo, che Muti avrebbe assunto un  incarico all'Opera di Roma ( non un incarico qualunque, perché lui stesso ci disse che avrebbe risollevato le sorti del teatro e dell'orchestra, portandovi tanti suoi amici direttori e solisti di grido 'come ho fatto con il festival di mia moglie a Ravenna' - testuale)  

Nel corso delle nostre chiacchierate, il discorso cadde anche sull'Orchestra di santa Cecilia che aveva tenuto all'Aquila  un concerto diretto da Pappano.  Quando gli facemmo notare che l'Orchestra ceciliana, recentemente, era cresciuta, lui smorzò subito il nostro entusiasmo: 'ma che quella è un'orchestra?' - testuale.
 Naturalmente demmo a quella affermazione confidenziale (che, perciò, non citammo nell'intervista, anche perché la tragedia aquilana imponeva il riserbo su qualunque altro argomento non altrettanto rilevante) il peso che meritava, in considerazione delle circostanza nella quale era stata pronunciata: alla vigilia, cioè, del suo sbarco al Teatro dell' Opera di Roma, la cui orchestra, neppure lontanamente poteva essere paragonata, per qualità, a quella ceciliana, prima della 'cura Muti', che doveva per forza produrre i suoi effetti. Miracolosi!

Ma allora perchè Muti non dirige a santa Cecilia?  Potremmo anche aggiungere: perchè Pappano non dirige al Teatro dell'Opera?
Perchè direttori( ed anche solisti) del grande giro, alcuni vengono regolarmente in Italia ed altri mai?
Perchè quando Abbado era alla Scala, Muti non ci ha messo mai piede? E perchè Muti, a sua volta, quando era alla Sala, non vi ha fatto mai mettere piede ad Abbado, a dispetto dei finti calorosi inviti a ritornare?
 Vogliamo aprire il capitolo delle miserie umane? Preferiamo di no.  

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