sabato 20 maggio 2017

La musica che l'Accademia di Santa Cecilia non vuol sentire. Appunti sulla stagione 2017-18

E' stata presentata la prossima stagione - a detta di un noto gazzettiere e cantore, a fasi alterne: una grandissima stagione - dell'Accademia di Santa Cecilia, sia sinfonica che cameristica, dove però nè il 'grandissimo' e neppure il 'grande' riusciamo a scorgervi, trattandosi di  una 'normale' stagione di una istituzione 'prestigiosa', con i soliti nomi, tranne qualche faccia nuova che, evidentemente, appartiene, alla larga, ai medesimi giri di sempre.
Era naturalmente presente anche Pappano, di ritorno da una tournée europea dove ha fatto ascoltare il Respighi con il quale oltre dieci anni fa si era presentato nelle capitali europee la prima volta con la sua orchestra romana. Mentre nelle tournée successive,  volendo accreditare l'Orchestra ceciliana fra le star europee, via Respighi e dentro il grande sinfonismo ottocentesco, che è poi quello che anche in questa stagione riprende Pappano, ricorrendo ancora una volta a Mahler, che  nel giro di poche stagioni, è stato presentato già infinite volte; e ,addirittura, nel corso di alcune recenti stagioni una medesima sinfonia due volte a poca distanza l'una dall'altra.

Ma c'è una musica alla quale l'Accademia continua ad essere sorda del tutto. In stagione non si riesce più ad ascoltare un nome da tempo assente, e tutte le volte che vengono presentati nomi nuovi, senza eccezione, sono  sempre tutti stranieri. Ai quali soli  l'Accademia fa credito, anche se giovani; mentre non le riesce di farlo anche per i giovani, soprattutto direttori, italiani, come anche per quelli di un certo nome che, per ottuse tradizioni, non vengono anche a Roma, ma restano magari a Milano o altrove.  Cattive abitudini che nessuno si incarica di cambiare o evitare.
Nelle scorse settimana ci si è chiesti perchè Muti o Chailly, tanto per fare due nomi, non debbano dirigere a Roma. Perchè? E noi aggiungiamo: perchè Pappano non dirige anche all'Opera di Roma, perchè?

Quest'anno c'è dell'altro. Da tempo andiamo dicendo che certe agenzie  di rappresentanza artistica giocano un ruolo eccessivo nella programmazione. Chi non ci crede vada con la memoria al tempo in cui in Italia dominava con la complicità - disinteressata?- degli organizzatori, Valentin Proczinski, con sede a Montecarlo: 'Old and New Montecarlo', si chiamava, e forse si chiama ancora, la sua agenzia monegasca, che qualche favore fiscale procurava agli artisti che gli avevano affidato la rappresentanza. Anche allora eravamo fra i pochissimi che denunciarono una tale ingiustificata presenza.

Nel programma sinfonico di quest'anno: 28 concerti in tutto, spicca la presenza di direttori, tutti stranieri, che provengono dalla agenzia americana, IMG Artists, dalla quale viene anche Pappano. Facciamo due conti. Se togliamo i due concerti diretti dal nuovo direttore principale, Mikko Franck, e il concerto diretto da Rizzari, assistente di Pappano, da 28 scendiamo a 25 concerti.
 Di questi 25, 11 li dirige Pappano, ed è bene che la sua presenza sia così rilevante;  2 sono a affidati a Temirkanov;  e  un concerto ciascuno ad una schiera di direttori della scuderia IMG, dalla quale viene, primo della lista, Pappano. E cioè. Denève, Petrenko, Orozco-Estrada, Manfred Honeck, Jacob Hrusa. E così i concerti affidati a direttori della IMG sono complessivamente 18 su 25.
 A tutto il restante mondo dei direttori, restano appena sette programmi, i quali sono affidati a Chung, Gatti - due ex direttori dell'Orchestra dell'Accademia, con i quali è bene mantenere rapporti - e poi  a Gergiev ( che farà tutte le sinfonie di Ciaikovski in tre serate: ancora con queste inutili,offensive scorpacciate?), Luisotti, Noseda e qualche altro, un paio di loro sono stabili in orchestre americane. Forse sono da mettere in relazione alla prossima trasferta di ottobre in USA? Ma questo è solo un cattivo pensiero mentre  i conti precedenti sono fatti.

A noi che per diciotto concerti, i direttori provengano tutti della IMG sembra eccessivo. Ed è questa la ragione per cui direttori che da tempo non si ascoltano a Roma si continuerà a non ascoltarli.

Ma c'è anche un'altra cosa, e riguarda la serata inaugurale della stagione con il 'Re Ruggero' di Karol Szymanowski, strenuamente voluta da Pappano che l'opera del compositore polacco ha presentato già a Londra nel 'suo' Covent Garden.
L'opera, scritta al principio del Novecento, la prima volta che la si ascoltò in Italia fu nel 1945, una ventina d'anni dopo la sua stesura, e fu al Massimo di Palermo, essendo l'opera ambientata proprio nella capitale siciliana. Sempre il Massimo di Palermo la fece riascoltare nel 1992, e poi ancora nel 2005. Mai ne seguì una sua ripresa in Italia, e forse neanche in gran parte del mondo, nonostante l'insistenza palermitana.

Ora nessuno intende vietare a Pappano di innamorarsi di un'opera e di eseguirla. Né imporgli un certo repertorio. Però, considerando lo sforzo produttivo che una inaugurazione comporta, ci vien da chiedere al direttore se non era il caso di riversare tale sforzo produttivo, mettendo per un attimo la sordina alla sua passione per 'Re Ruggero', altrove; e, perchè no, su molti capitoli della musica italiana che da tempo non vengono più riletti. E, comunque, su un alto lavoro - fra i tanti dimenticati- per il quale si potrebbe ragionevolmente sperare una ripresa o addirittura l'entrata nel repertorio. Cosa che non accadrà con 'Re Ruggero', nonostante la passione, quasi viscerale per il 'suo' suono, espressa da Pappano per l'opera di Szymanowski.

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