mercoledì 9 novembre 2016

All'Arena di Verona un sovrintendente 'irresponsabile', per volere di Fuortes

Grandi manovre all'ombra del colosseo della lirica mondiale, l'Arena di Verona. Il commissario nominato da Franceschini, prima dell'estate,  con l'incarico di evitare il fallimento della Fondazione lirica veronese, Carlo Fuortes, avrebbe fatto il suo lavoro, fra i mugugni generali, specie per quei due mesi di chiusura della Fondazione e per il licenziamento del corpo di ballo. Certo contenti i lavoratori non sono, ma forse non c'era altra strada per evitare il fallimento - che mai e poi mai sarebbe potuto avvenire, diciamocelo con chiarezza. Forte e contento di tale risultato, il sindaco Tosi contava di ricostituire il CdI (Consiglio di Indirizzo) - così si chiama ora il vecchio Consiglio di Amministrazione  delle Fondazioni liriche - e di rimettere in sella il perito agrario Girondini che lui aveva promosso sovrintendente, per meriti e competenze di militanza leghista, e che era all'origine del dissesto finanziario della fondazione che - non dimentichiamolo - vanta la platea più vasta del mondo, da tutti invidiata, ed anche  la più grande emorragia di soldi pubblici per contentare parenti ed amici degli amici dell'ex perito agrario e del sindaco suo protettore.

In verità Tosi proponeva anche una seconda soluzione, un piano B, dopo il fallimento del piano A- che era quello di riportare Girondini in sella. Voleva cioè chiudere l'Arena e creare una nuova società per la sola stagione estiva, con soci privati  attinti dal ricco milieu industriale della zona. E le prove generali le aveva fatte fare già da un pio d'anni dallo stesso Girondini, con la creazione della società 'Extra' che gestiva le attività 'in attivo' dell'Arena. La storia dell'Arena e la sua attività nel resto dell'anno Tosi le  avrebbe mandate a farsi fottere volentieri e senza nessun rimpianto.

Una volta approntato il piano di risanamento, per poter far arrivare all'Arena i fondi previsti dalla legge Bray, il commissario Fuortes sarebbe potuto tornare a Roma a fare il sovrintendente all'Opera, anche per gestire il via vai di grandi registi cinematografici scritturati per le opere in cartellone.
 E invece no, gli stessi lavoratori- 'cornuti e mazziati', si direbbe a Roma - avrebbero gradito la permanenza di Fuortes, perchè non si fidano di quelli che Tosi vorrebbe far rientrare dalla finestra in Arena. E così Fuortes ha avuto il suo commissariamento prolungato fino a marzo 2017, quando ci saranno le elezioni comunali a Verona, dove potrebbe candidarsi la compagna di Tosi e saremmo di nuovo 'punto e a capo' di una storia già vista, con la costituzione di un nuovo CdI, di nomina 'Tosi & famiglia'.

Ad affiancare già Girondini, a febbraio, e poi Fuortes  è arrivata la principessina di casa Micheli, Francesca Tartarotti, prelevata dall'Opera di Firenze, direttamente da Renzi per premiare  Tosi con il quale negli ultimi tempi sembrava essersi creato un feeling da sfruttare in futuro. Di lei si dice  che se non funzionasse come amministratrice, potrebbe impersonare  Turandot, la principessa di ghiaccio, come controfigura in Arena, la prossima estate, per via di quel suo sguardo irresistibile e fulminante nello stesso tempo..

Ma la stagione chi la fa? Chi scrittura gli artisti? Fuortes che non sa neanche distinguere un soprano da un basso?  Anche per questo problema è pronta la soluzione; ed è lo stesso Fuortes a suggerirla, di gran fretta, a Franceschini, facendogli nominare sovrintendente Giuliano Polo, in forza  all'Accademia di Santa Cecilia, sebbene ai conti dovrà pensarci sempre lui e la Tartarotti. E dunque un sovrintendente, al debutto in tale carica, che non deve fare il sovrintendente, ma il direttore artistico, e che però a sua volta non essendone capace (non l'ha mai fatto, anche se prima di fare l'amministratore faceva il musicista - ma fare il direttore artistico e in un teatro d'opera  siamo convinti sia cosa ben diversa) si servirà  di un assistente, Giampiero Sobrino, anch'egli musicista, che proviene dal Teatro Verdi di Salerno, feudo di De Luca, che appartiene al 'giglio magico' di Renzi. Ma al giglio magico allargato.

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