domenica 31 luglio 2016

I soldi sono la lingua che tutti parlano. Parola di Vittorio Avanzini, patron di Newton Compton, intervistato da Antonio Gnoli su Repubblica

' I soldi sono la lingua che tutti parlano'  - e che conoscono alla perfezione aggiungiamo noi alla efficace espressione di Vittorio Avanzini intervistato su Repubblica da Antonio Gnoli, per raccontargli l'avventura della sua casa editrice all'inizio malvista da tutti per il semplice fatto che aveva  attuato una politica che riguardava anche i prezzi dei libri e che si fondava su due elementari principi: titoli non astrusi e prezzi di copertina bassi, ambedue causa del suo successo. Avanzini ci ha fatto venire in mente le discussioni di questi giorni sugli alti stipendi in RAI, discussioni subito sviate da un ciclone strumentale: il cambio dei direttori dei TG.
 ' La lingua dei soldi che tutti parlano' l'abbiamo ascoltata anche da Campo Dall'Orto e dalla Maggioni. Il primo, quando gli hanno chiesto se il suo stipendio ( 650.000 Euro) non fosse alto, ha risposto candidamente: mi hanno proposto quella cifra ed io ho accettato, non c'è stata nessuna discussione: perciò che volete da me? Forse che avrei dovuto dire, scusate, non vi sembra troppo alto? Praticamente quasi 2.000 Euro al giorno, lordi naturalmente. E che altro voleva?
 Questo naturalmente non l'ha detto; lo diciamo noi. Peggio la Maggioni, dalla carriera direttoriale fulminante, prima a Rai News - senza grandi risultati almeno pari a quelli che Di Bella sta raggiun gendo da poco più di qualche settimana -  e poi catapultata sul trono di presidente, ha spiegato così il suo stipendio che  viaggia  ben oltre i 300.000 Euro: se si vogliono i professionisti migliori bisogna pagarli, altrimenti quelli, secondo le leggi del mercato, vanno altrove. Per dire che una presidente di azienda come Lei, con tanta esperienza e ottimi risultati, sta sul mercato e viene pagata secondo le regole del mercato medesimo.
 Allora noi, che non ci arrendiamo quasi mai, abbiamo fatto una semplice riflessione. Ma allora tutti quelli che hanno stipendi di molto inferiori a Campo Dall'Orto e Maggioni,  appartengono al sottomercato, a quello dove la merce non è di prima qualità?
 Ed il pensiero, per  non buttarla sul personale che  ci avrebbe depresso mortalmente, è andato a settori dei quali tutti si riempiono la bocca e si dichiarano paladini, come il settore della cosiddetta 'cultura', anche in RAI. Per vedere, in base agli stipendi dei vertici, in quale considerazione essi sono tenuti dalla azienda. Ed abbiamo scoperto - sempre che valga la logica di Campo Dall'orto  e ancor di più della Maggioni - che Silvia Calandrelli, direttrice di Rai Cultura, ha uno stipendio al di sotto dei 240.000 Euro che dovrebbe costituire il tetto massimo dei dirigenti apicali nelle aziende pubbliche, e che, per la precisione,  raggiunge  i 226.000 Euro; e che Pasquale D'Alessandro, a capo di Rai 5 guadagna più di lei, e cioè 247.000 Euro, superando anche se di poco il tetto. Mentre, tanto per fare un nome ed un esempio di altro pianeta, esterno alla cultura, Andrea Vianello, campione di flop a Rai 3, guadagna 320.000 Euro.
 Per non svuotare tale logica  che misura i contenuti con i soldi, sarà ben difficile che si riportino tutti gli stipendi alla soglia dei 240.000 che è poi quanto guadagna il Presidente della repubblica.
 Di ricordo in ricordo. Quando Luciano Berio, dopo essere stato commissario dell'Accademia di Santa Cecilia, venne eletto sovrintendente/Presidente/Direttore artistico, ritenne che il suo stipendio non fosse all'altezza e se lo aumentò ( intorno ai 350.000  Euro). Dopo la sua morte, il suo successore pensò bene di non toccarlo quello stipendio e per una decina d'anni lo ha avuto così alto ( ad una domanda sull'argomento avrebbe risposto come Campo Dall'Orto: l'ho trovato e me lo sono tenuto). Senza che mai gli  sia passata  in testa l'idea che l'azienda Rai per dipendenti e fatturato era almeno dieci volte quella di Santa Cecilia, mentre lo stipendio del suo direttore generale non era neppure il doppio di quello di Cagli.
 Noi, in fondo, saremmo anche d'accordo nel riconoscere al solo direttore generale dell'azienda Rai - 13-14.000 dipendenti - uno stipendio che superi il tetto, ma non di tre volte; sebbene anche in altre grandi aziende pubbliche che hanno bilanci e dipendenti pari a quelli della Rai i capi si siano autoridotti lo stipendio fino al tetto stabilito per legge, ma aggirato bellamente, nelle more della discussione sulla natura pubblica o privata della Rai. Sì, magari il suo stipendio superi pure il tetto, ma deve rendere conto di quello che fa e dei risultati, altrimenti paga.
 E questa è una regola che non si conosce da nessuna parte e non si attua mai,  specie in Italia.

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