lunedì 13 giugno 2016

La tragedia infinita del teatro Valle a Roma non è ancor giunta alla fine



Tre mesi fa abbiamo scritto  per l'ennesima volta del Teatro Valle ( come si potrà leggere nel post che riproduciamo qui sotto), chiuso ed abbandonato da due anni, senza che nulla accadesse dopo, nonostante le assicurazioni di assessori ( Barca prima e Marinelli poi) proni al sindaco 'faccia di Marino', e di operatori culturali guidati da Marino Sinibaldi( direttore di Radio3, direttore Teatro di Roma, direttore di mille altre cose, candidato ad assessore alla cultura in caso di vittoria di Giachetti. Che altro deve fare? ) che doveva fungere da garante per l'esercito di occupanti 'ILLEGALI' dello storico teatro. 
Passano due anni e nulla accade, tre mesi fa viene firmata la convenzione fra Stato e Comune per il passaggio di proprietà, e lo stanziamento, che loro definiscono 'spedito', di 3 milioni necessari al restauro del teatro, precedente la sua riapertura, che veniva data per sicura, a marzo, in tempo per la prossima  stagone teatrale.
Passano ancora tre mesi e ieri si  viene a sapere che  il finanziamento spedito  non è stato ancora spedito, e che ci vorrà ancora del tempo e che, infine , in lavori non potranno essere appaltati se non verso la fine dell'anno. E quindi addio anche alla prossima stagione, se ne riparlerà, se tutto andrà a buon fine- come nessuno spera più- per la stagione 2017-18.
 E Franceschini e la sua bella Di Biase (  che aveva nella passata legislatura comunale il ruolo di presidente della Commissione cultura del Campidoglio, e che nelle recenti elezioni è risultata la più votata a Roma, oltre che la più bella consigliera, alla quale il marito ha regalato una importante  operazione di 'recupero' nella sua circoscrizione elettorale, facendo apertamente campagna elettorale per Lei ma con i soldi nostri) che fanno? Latitano. Il commissario Tronca ormai è con un piede fuori, e i prossimi candidati al Campidoglio neppure sanno che esiste il problema  Teatro Valle 'bene comune'.
 Ieri Pierluigi Battista, sul Corriere, giustamente faceva notare che egli  non sostenne l'occupazione ritenendola illegale. Ma ora, il povero giornalista che non può che inveire e denunciare, è costretto a denunciare che nulla si può fare con il governo del paese e della città ugualmente illegali, perchè inadempienti rispetto agli impegni assunti per il Teatro Valle.  Ma contro di loro non si può mandare la polizia per stanarli e portarli nella pubblica piazza dove li attendono gli insulti e non solo gli insulti dei cittadini. Al contrario, proprio l'altro ieri, la 'seconda' occupazione degli ex occupanti del Valle che si sono sentiti presi in giro, in poco tempo è stata  sventata dalla polizia. 


Solo oggi abbiamo appreso che la proprietà dello storico teatro Valle, a Roma, è passata dallo Stato al Comune di Roma, e che ambedue i soggetti metteranno insieme circa 3 milioni di Euro per procedere - loro dicono 'speditamente' - al restauro completo dell'edificio ed al suo ammodernamento e successivamente  alla riapertura ed all'affidamento, probabilmente al Teatro di Roma - asso pigliatutto - gestito dai compagnucci del partitino al governo della città e che ha già la gestione, oltre che del Teatro Argentina, di altri spazi teatrali. Insomma un vero e proprio circuito teatrale destinato a soddisfare, passando ogni volta di mano ad ogni cambio di governo della città, gli appetiti di cosiddetti operatori culturali nati e formati all'ombra di qualche sezione di partito.
 E noi che pensavamo - visto che il teatro è chiuso dall'estate del 2014 - che i solertissimi Franceschini e la sua compagna ed ora moglie De Biase, e Marino e la Marinelli  avevano  già avviato i lavori di restauro e ripristino della storica sala, oltre che della sua illustre facciata del Valadier. No, tutto come due anni fa circa, nel frattempo il teatro è rimasto chiuso e forse il suo deperimento strutturale è andato ancora avanti.
 Nella discussione sul futuro del teatro Valle si è inserita ora la Fondazione Romaeuropa, apparentemente alla chetichella, ma per vantare una specie di diritto di prelazione sulla gestione del teatro, per bocca di  Fabrizio Grifasi direttore generale ed artistico della Fondazione e dell'omonimo festival, e membro del CdA  'A VITA'.
 Dice Grifasi: prima di destinare lo spazio  nel centro di Roma a qualcuno, si discuta della sua finalità, di quale progetto impiantarvi, perché anche il Teatro Valle non può finire ad essere una scatola che vive di 'ospitate'. Grifasi naturalmente, senza dirlo apertamente, fa capire di poter   vantare qualche diritto, se quello spazio viene destinato a 'coltivare' la nuova creazione teatrale', nel quale campo la fondazione da lui diretta 'A VITA' si è specializzata. A proposito di Grifasi ed anche della Veaute, anch'ella Presidente 'A VITA' della medesima fondazione, specializzatasi anche in 'VITALIZI', perché non schiodano lasciando, dopo molti anni ormai, il posto ad altri?
Non lo diciamo perché abbiamo qualche mira, noi non siamo più in età da essere considerati all'altezza. Dunque lo diciamo per  i 'Nuovi teatranti' ai quali la Fondazione terrebbe immensamente,  a suo  dire, mentre è governata da vecchi ( meglio 'adulti' che però diventeranno anche vecchi restando sempre lì, ' A VITA'), attaccati alle poltrone, come nessun altro.
 Ora, si sa anche della mancanza cronica di spazi teatrali nei quali ospitare le manifestazioni del festival che dopo essere stato condensato per anni nella stagione estiva, e su palcoscenici allestiti ad hoc ( negli ultimi anni a Santa Croce in Gerusalemme) ora ha una programmazione autunnale, spalmata lungo due o tre mesi, ospitata dove può.
E' evidente che Grifasi e la sua Fondazione,  di cui è membro 'A VITA', guardano al Valle anche come ad un possibile spazio nel quale trasferire buona parte della programmazione festivaliera. Insomma come si dice a Roma, con 'una fava due piccioni', sbattendo in faccia soltanto la nobilissima idea che chi avrà la gestione del Valle , l'otterrà con un progetto ed una finalità  degne del teatro e di  una autonoma consistenza culturale. Come soltanto la Fondazione Romaeuropa potrebbe garantire - che è ciò che vuol dire Grifasi, ma che non ci trova d'accordo.
Perchè se Romaeuropa continua a fare ciò che ha sempre fatto -  magari ogni tanto con nuovi filoni di interesse e nuovi artisti, mentre invece per la gran parte sono sempre gli stessi;  questo  basta e avanza - al Valle possono provvedere altri. O bisogna pensare che senza Grifasi la cultura a Roma rischia di dissolversi?

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