giovedì 16 giugno 2016

Roberto Giachetti vuole suicidarsi (politicamente) gettandosi dal Ponte della Musica, mentre Gianni Letta, credendo di vivere in eterno, assume nuovi incarichi

Il candidato sindaco del Pd a Roma, in attesa del tragico ballottaggio di domenica prossima - quando viene data per vincitrice la Raggi, con tutta la sua inesperienza, nell'intento di  dare una lezione al Pd ed ai suoi esponenti che si sono mangiati Roma in anni e anni di malgoverno,  sedendo a tavola, insieme con Alemanno e tutti i suoi boys, i corrotti e i ladri - ha deciso dove tenere l'ultimo comizio,  ed ha scelto, per naturale masochismo e volontà di autodistruzione, un luogo  che potrebbe portargli davvero jella, trattandosi di un monumento allo spreco ed all'inutilità, il cosiddetto 'Ponte della Musica'. Voluto  da quell'incosciente di Veltroni che voleva collegare ' americanamente' sport e cultura, inaugurato dal suo successore Alemanno almeno quattro o cinque volte, senza mai riuscire ad attirare l'attenzione della città, e, alla fine della storia, intitolato ad un musicista che, per quanto brillante e geniale, è poco noto e certamente non appartenente al ristretto numero di quelli di' prima fascia' - in una città in cui  grandissimi musicisti hanno una strada dedicata in periferia - quale è Armando Trovajoli. Alla cui intitolazione non sono estranei Gianni Letta e quel salotto buono di Via Condotti che si riunisce da Battistoni e di cui l'ex sottosegretario è frequentatore assiduo, e dal quale uscì - per dirvi se conta - l'indicazione di un ex presidente della Rai, passato inosservato ai più,  e noto quasi esclusivamente come 'inviato' a Mosca de 'La repubblica'.
I frequentatori assidui di quel salotto nel quale hanno intessuto rapporti  solidi,  sono nate amicizie e elargiti anche favori reciproci,  avevano una dépendance all'Olgiata, nella villa del compositore. Per riconoscenza, alla sua morte, suggerirono all'analfabeta Alemanno, di intitolargli quel ponte , assolutamente inutilizzato dalla cittadinanza, e bisognoso  di periodici restauri, per cancellarne i segni dello stato di abbandono, conseguenza della sua inutilità, di intitolarlo ' Ponte della Musica Armando Trovajoli'.
Sarebbe ingiusto incolpare Trovajoli  di aver portato male a quel ponte inservibile, che  male se lo sa fare da solo. Certo è che anche dopo quella intitolazione, spiegabile solo con l'ignoranza di chi la propose e  di chi l'accettò, il Ponte, a differenza degli altri trafficatissimi, resta lì solitario e attraversato complessivamente da qualche decina di passanti al giorno., mentre più intensa ma anche più losca è la vita che vi si svolge sotto le sue arcate, sulle sponde del Tevere.
 Un momento di notorietà,  l'unico, con il risvolto della sua utilizzazione,  a mò di belvedere , l'ha avuto dopo il crollo degli ultimi piani del palazzo,  nel quale ha sede il teatro Olimpico. Chiuso il Lungotevere, transennate le vie di acceso, i curiosi che volevano ammirare quel disastro,  dovevano necessariamente scegliere di attraversare il ponte e  fermarsi, sulla sua estremità, a guardare.
 Letta, Gianni in questo caso (meglio precisarlo, perchè di Letta che contano è piena l'Italia) non si espande però a causa di quel ponte, sarebbe poca cosa. Si espande ancora, a Roma,  assumendo la presidenza della Fondazione del Teatro Eliseo, retto da Barbareschi, incurante dei grattacapi che gli potranno venire in questi mesi dalla 'reggenza' del partito di Berlusconi, convalescente. Ma con gli anni che ha - ottantuno! - gli impegni (ed anche i traffici) politici, gli mancava ancora di mettere lo zampino in un'altra istituzione culturale della Capitale? Dopo Musica per Roma, Accademia di Santa Cecilia, premi Carli, Agnes, Comitato Andreotti,  Associazione Civita (per un elenco, ancora incompleto, si legga  il precedente post: Antico gioco del letta).
Se ne stia a casa, non necessariamente a ricamare, può sempre leggere, guardare la tv, ma anche frequentare salotti, andare ai concerti, come già fa, all'Opera,  presiedere le giurie di numerosi premi e qualunque altra cosa egli voglia, ma  per un attimo dica a se stesso che quando è troppo è troppo. Perchè, già prima di quest'ultimo incarico, il suo nome viene fuori per qualunque cosa.

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