martedì 8 settembre 2015

La VECCHIA Italia dura a morire impedisce la nascita della NUOVA Italia

 A partire dalle istituzioni, dove la VECCHIA Italia si è radicata da tempo e sradicarla, per impiantarne una NUOVA di zecca appare ogni volta, ad ogni nuovo tentativo, impresa impossibile. E' da quarant'anni circa che si discute dell'alleggerimento del nostro sistema  parlamentare bicamerale;  con Renzi, ma anche prima di lui, si torna a parlarne,  e mentre si era prima tutti d'accordo nella sua soppressione, ad eccezione ovviamente degli stesi senatori - i quali non si sono ridotti neanche gli stipendi per sè e per tutti i dipendenti delle camere, e perciò  potevano autoridursi ? - ed oggi alla viglia di una imminente discussione in aula, si rimette tutto in discussione. I senatori, quale che sia il loro numero - almeno su quello, sulla sua riduzione, c'è un qualche accordo? e perchè non si parla della riduzione anche dei parlamentari? - devono essere eletti, sostiene l'intransigente Brunetta, senza la modifica dell'art.2 del disegno di legge, dove si dovrebbe parlare appunto della elezione dei senatori ( ed ha aggiunto senza la modifica, nella legge elettorale del soggetto avente diritto al premio di maggioranza:coalizione e non lista) non se ne fa nulla. Punto a a capo, senza nulla concludere.

 Alla Biennale di Venezia si prospetta la riconferma per il terzo incarico consecutivo di Paolo Baratta alla presidenza. Ma come, non ci si doveva fermare a due, al massimo, e nel caso di Baratta forse a quarto, essendo già stato altre due volte presidente,  non consecutivamente? Sì per tutti ci si doveva e deve fermarsi a due, ma per Baratta. No, lo ha previsto l'ultima legge di stabilità, che ha derogato al principio dei due incarichi consecutivi. Quando ci sono gli amici non si guarda in faccia a niente e  nessuno. Anche il direttore della sezione cinema, verrà prorogato di 12 mesi, come sia lui che Baratta speravano, si auguravano ed hanno ottenuto. Pur avendo denunciato quest'ultimo che in Italia si fanno molti film, troppi, dunque se ne devono fare meno, mentre loro due restano ancora per molti troppi anni al timone dell'Istituzione veneziana. Mentre nel resto del mondo ad ogni scadenza di mandato i vertici vengono rinnovati senza che caschi il mondo. In Italia no.

In Campidoglio tira una brutta aria, solo Marino non se ne accorge, fa finta di non accorgersi. Perchè non l'hanno mandato a casa? Non ne ha combinate già troppe,  perfino la lunga vacanza in America mentre Roma era messa a fuoco e fiamme dai clan malavitosi ed attendeva il suo ritorno per dare il via ai lavori del Giubileo che non saranno mai finiti in tempo? Adesso se la prende con Alfano - che già di suo ha tante colpe  al quale imputa di essere stato con Alemanno meno duro che con lui, perchè ambedue appartenevano al medesimo partito; dimenticando però che se lui non va a casa dipende solo dall'imminente Giubileo, dalla paura di perdere il Campidoglio da parte delle forze di sinistra e dalla volontà di resistere dei consiglieri comunali fino alla fine della legislatura, perchè anche loro 'tengono famiglia'.
 E lui continua con la solita lentezza che ha fatto iniziare troppo tardi i lavori del Giubileo, solo perchè ha lottato strenuamente per mesi contro la nomina di un Commissario, la qual cosa ora ha dovuto subire, pur recalcitrando.
 E con la sua solita e proverbiale lentezza, altro rimprovero che Roma gli fa - non ha ancora nominato il nuovo Amministratore delegato di Musica per Roma, lo spagnolo Noriega - esperto di corride e sponsorizzazioni, come sottolinea oggi sul Corriere maliziosamente Paolo Conti - dopo averlo  scelto fra centinaia di candidati che avevano risposto ad un bando internazionale del quale Marino si vantava, ed averne resa nota l'elezione già un mese fa. Marino ancora non lo nomina (chissà con cosa sta barattando il decreto di nomina, a questo punto urgentissimo) ed anche il gioiello - così lo chiamano - dell'Auditorium rischia di perdere lucentezza ed accumulare ritardi.

Toh, chi si rivede. Paolo Pinamonti, musicologo veneziano, graziato da Mario Messinis, all'epoca sovrintendente della Fenice,  che lo mise a fare il direttore artistico,  e, finito il mandato di Messinis come di Pinamonti,  richiesto dal teatro di Lisbona, dopo il quale anche Madrid, non volendo privarsi della sua competenza,  lo chiamò a dirigere il teatro della Zarzuela.
 Ora, al termine del mandato madrileno, ecco che Pinamonti riciccia a Napoli, al  Teatro San Carlo, chiamato dalla Purchia, messa e confermata lì da Nastasi,  contro il parere di De Magistris. Sempre meglio,quanto a competenza del suo predecessore De Vivo, fattosi direttore artistico sul campo- sappiamo come- senza nessuna credenziale precedente in fatto di preparazione, oltre quella di alcune recensioni discografiche per il vecchissimo Radio Corriere tv. Buonanima. Ma Pinamonti deve per forza fare il direttore artistico a vita? Non poteva tornare in laguna  e mettersi, al Lido,  meritatamente con i piedi a mollo?

Lamberto Sposini, vittima di un gravissimo problema, negli studi della 'Vita in diretta', alcuni anni fa, s'è rivolto alla magistratura chiedendo alla RAI per 'ritardi nei soccorsi' danni per 10.000.000,00 di Euro; la sua richiesta è stata respinta dal tribunale, in febbraio, Sposini ha presentato ricorso, e l'udienza è stata fissata per il luglio 2016, nel frattempo...
 Analoga attesa, nonostante i proclami di Zingaretti, si ha nella prenotazione di visite mediche specialistiche in ospedali e analisi. Ad una nostra conoscente che aveva bisogno dell'eletrocardiogramma, e che aveva telefonato per questo ad un ospedale, hanno fissato un appuntamento per marzo del 2016, nel frattempo...

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