martedì 15 settembre 2015

Ascoltare la lezione della musica nell'Ungheria populista e antiebraica.


La musica - ci ha ricordato il Maestro israeliano Omer Meir Wellber in una bellissima lezione tenuta al Jewish and the City Festival di Milano - ha bisogno di qualcuno che la componga, di qualcuno che la esegua, e di qualcuno che la ascolti. Se manca
uno di questi tre ‘attori’ la musica è niente, non è. Ecco perché auguro il maggior successo possibile a un altro noto direttore d’orchestra, l’ungherese Iván Fischer, che ha composto e appena messo in scena a Budapest l’opera lirica ‘La giovenca rossa’, schietta denuncia della deriva populista, intollerante, razzista e antiebraica in atto nel suo Paese (e in una discreta fetta d’Europa). Che musica sia, dunque.
Fischer l’ha composta, gli orchestrali l’hanno suonata e i cantanti cantata, ma il pubblico, soprattutto gli uomini del potere, l’avranno ascoltata?
Riferimenti ritmici klezmer, rap e mozartiani, narrano un pogrom scatenatosi in Ungheria nel 1882 con la solita accusa del sangue (gli ebrei avrebbero ucciso una giovane contadina).
Così la ‘prima’ dell’opera si trasforma in un colossale j’accuse contro il governo di Viktor Orban oltre che, naturalmente, in un dito puntato contro la società che alle ultime elezioni ha dato quasi il 20 per cento al partito neonazista Jobbik.
Iván Fischer, già direttore principale della Washington National Symphony Orchestra,
dice di credere fermamente nella “responsabilità della cultura riguardo a ciò che accade ogni giorno”.
E in Ungheria non è l’unico ad avere ancora una visione critica e attiva del ruolo dell’intellettuale. Lui, ebreo, si sente a disagio, tuttavia continua a dedicarsi
alla Budapest Festival Orchestra anche se ha fatto trasferire la famiglia a Berlino. Sembra di tornare indietro, che la Storia si ripeta. Giorno dopo giorno, caso dopo caso. Il famosissimo pianista András Schiff giura che non metterà mai più piede
nella sua amata patria finché al governo ci sarà Orban; il popolare attore e regista Róbert Alföldi viene prima rimosso da direttore del Teatro Nazionale
perché non è allineato e poi messo in ridicolo
per la sua omosessualità. Che brutta musica.


Stefano Jesurum. Corriere della Sera, 22 ottobre 2013)

P.S. Due anni fa Stefano Jesurum, scriveva questo articolo sul suo giornale, il Corriere, denunciando una situazione che già allora si presentava assai difficile e che avrebbe dovuto indurre tutto il mondo, almeno quello occidentale, a riflettere. Oggi  che è sotto gli occhi di tutti la deriva populista, intollerante e razzista, e pure antiebraica, l'Europa vi assiste impotente, ma COLPEVOLE ( P.A.)

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