martedì 7 ottobre 2014

Ministro Franceschini, possiamo spiegarle la differenza tra le Fondazioni liriche e i Teatri di tradizione - che lei non conosce?

Ignorare da parte di un Ministro anche fondamentali differenze fra enti ed istituzioni di diversissimo genere, per giunta ben definite dalla Legge n.800 (famigerata per alcuni e benedetta per altri) è brave, gravissimo. E il ministro Dario Franceschini ignora profondamente la differenza abissale che esiste fra Fondazioni lirico-sinfoniche (14 nel nostro paese) e i Teatri di tradizione ( 28 nel nostro paese- per il Ministro sarebbero 29, stando a quanto si è letto ieri sui giornali, per il suo desiderio di aumentarle di numero, a causa della conclamata buona amministrazione, che è poi la ragione per la quale li cita). Sorvoliamo sulla differenza - basta che il Ministro si faccia portare dal suo grande grosso direttore generale Nastasi la legge per informarsi - per venire al nodo. I 28 ( 29 secondo Franceschini!) spendono molto meno delle 14 Fondazioni lirico-sinfoniche che da sole assorbono il 48% circa dell'intero FUS, che ricevono complessivamente  contributi pubblici ( fra Stato ed Enti locali) per  300 milioni di Euro, e che hanno accumulato, negli ultimi dieci anni un debito colossale, pari all'incirca al contributo che ogni anno  ricevono - e cioè sui 300 milioni di Euro - al quale contributo un altro centinaio di milioni (Legge Bray) si è aggiunto per tirare fuori dai guai i teatri ( 8 su 14) più disastrati che hanno dilapidato anche parte del patrimonio, oltre che dato fuco per cattiva, anzi pessima amministrazione, ai contributi, per alcuni teatri anche cospicui ricevuti ogni anno.
 Le cifre sono quelle a tutti note, il Ministro che prometteva rivelazioni sconvolgenti  non ha detto nulla di nuovo.
 Di nuovo ha detto, anzi fatto sapere, che lui non conosce la differenza fra Teatri di tradizione e Fondazioni lirico-sinfoniche, che è la stessa che corre fra  programmazioni 'stagionali' e 'annuali'( salvo alcuni casi, come il Teatro Bellini di Catania, segnalatosi negli anni per essere un carrozzone costosisssimo  foraggiato, per fini tutt'altro che artistici dalle Regione Sicilia e da altri).
I Teatri di tradizione fanno sì lirica, con  la finalità di distribuirla sul territorio, ma non la fanno per tutto l'anno, bensì per alcuni - pochissimi - mesi l'anno; non hanno un'orchestra stabile, fanno anche prosa ed altro, e per ciascuno di questi capitoli ricevono, sempre dal FUS, appositi specifici finanziamenti. Tutta lì la differenza? Sì, e non è da poco.  all'incirca 150-200  persone fra strumentisti e coro,  i teatri di tradizione non li hanno in organico, e di conseguenza non hanno neanche l'alto numero di impiegati e tecnici ( a Roma, e Franceschini dovrebbe saperlo,  tolta l'orchestra e il coro, il resto dei dipendenti del teatro è quasi il doppio delle cosiddette 'masse artistiche'. Che ci faranno con orchestra e coro esternalizzati. E chi ce li ha messi nei vari uffici se non i sindaci  succedutisi nell'amministrazione della Capitale, tramite i loro servi? Capito, ministro?)
 Il Ministro ha ragione solo quando dice che finanziando i teatri con una somma, abbastanza cospicua ( che poi tanto cospicua non è se si pensa che va distribuita per 14 enti, e che negli ultimi anni è andata sempre più erodendosi, e che la somma complessiva del finanziamento per due terzi ( 180 milioni di Euro circa) è a carico dello Stato, l'altro terzo spetta agli enti locali), ha il diritto di controllare il loro operato e di esigere che si modernizzino. Giusto e sacrosanto. ma se la 'modernizzazione' per Franceschini ( e Nastasi, che la va predicando da anni) vuol dire 'sfascio', allora il nostro invito, rivolto a tutti, è di scendere in piazza, se solo si hanno a cuore le sorti della musica in Italia. Franceschini non ci sarà più al Ministero, ma il suo successore  lo stramaliderà,  e insieme a lui anche Nastasi e Marino e Fuortes, quando il folle piano della cosiddetta esternalizzazione sarà messo in atto, creando più problemi organizzativi e  di qualità, di quanti si sognava di risolverne. Chi risponderà per conto di Fuortes che questi problemi non li ha previsti ( a proposito è vera la notizia che anche Fuortes porti il grembiulino dell'osservanza massonica, che tante porte riesce ad aprire, talvolta immeritatamente?)
Le ricette per modernizzare i nostri teatri non sono tanto difficili da proporre ed attuare, se solo il Ministero lo volesse.
1. I vertici dei teatri sono nominati  scegliendoli fra persone di provata competenza amministrativa, e non fra i servi leccaculi  ed incompetenti di questo o quel sindaco, questo o quel ministro, COME FINO AD OGGI E' SEMPRE ACCADUTO. E lo stesso criterio il ministro dovrebbe adottare anche per i membri delle commissioni del suo dicastero, che fino ad oggi, compresa la recente, sono apparse agli occhi di tutti scandalose.
2. I vertici restano in carica non più di due mandati triennali. Dopo di che via, per non creare incrostazioni di vario genere e malaffare.
3.Chi non amministra bene, se scelto per la sua competenza, deve rispondere concretamente della cattiva amministrazione, altrimenti che stava a fare?
4. Il repertorio dei teatri deve essere improntato  alla diffusione ed al mantenimento   della nostra tradizione operistica, tenendo in cartellone sempre i titoli più importanti  che sono poi quelli che in Italia e nel mondo riempiono i teatri, essendo capolavori riconosciuti ed anche amati.
5. Gli allestimenti non devono essere costosi,si ponga un tetto ai costi per allestimento (in Italia qualche teatro già lo fa) e una volta prodotti in proprio o coprodotti devono essere utilizzati per diverse stagioni.
 6. I cachet dati a direttori, solisti, registi, scenografi e costumisti non possono più essere  i più alti che in Europa si danno a tali artisti, come i diretti interessati vanno spudoratamente dicendo ogni volta senza che essi stessi, data la grave situazioni economica, accettino e propongano di abbassarli.
7. Si formino nei vari teatri le 'compagnie stabili',con contratti triennali, che hanno il duplice compito di formare  sul campo i giovani cantanti, a seguito di  durissime selezioni, e nello stesso tempo abbassare di molto i costi per ogni produzione. All'estero esistono da sempre.
 8. Lo Stato assicuri finanziamenti triennali, mettendo fine alle decurtazioni annunciate ogni anno magari a fine esercizio che mettono nei guai anche i buoni amministratori, ai quali una cifra viene promessa ad inizio d'anno ed un'altra inferiore erogata a fine anno.
9. Le orchestre ed i cori devono restare stabili per una produzione che deve essere assolutamente aumentata e di molto ( non come ha fatto Fuortes a Bari che ha portato la produzione da 35 a 39 alzate di sipario - speriamo di ricordare bene, ma su per giù l'aumento risultava tanto risibile da apparire ingiurioso - lasciando poi il teatro per dieci mesi e passa a spasso, a succhiare soldi dei finanziamenti), ma ogni tre anni  ci devono essere  verifiche per  tastarne l'efficienza. Se un ballerino, poniamo questo caso che è il più chiaro, non può più ballare, non può restare in teatro con quella stessa qualifica, ma lo stesso discorso vale per strumentisti e coristi. Così si assicura la professionalità e garantisce la qualità delle prestazioni, non ESTERNALIZZANDO.
10. Liberare finalmente  il Ministero della presenza di Nastasi che è all'origine di molti mali occorsi alla musica,  dacchè lui  siede sulla sua poltrona.
  Al di fuori di queste regole semplici e chiare, il Ministro cominci a considerare il melodramma e la musica italiana un bene da preservare  e valorizzare per la crescita anche civile del nostro paese e non come un pozzo senza fondo che succhia solo soldi. Chissà che le cose non cambino veramente.
Auguri ministro e  la prossima volta si informi un pò prima di parlare.

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