martedì 23 settembre 2014

Troppo tardi per tutto e tutti. Dopo l'addio di Muti a Roma

Tutti piangono,  o fingono di piangere, ad eccezione di alcuni irriducibili che si dicono votati alla difesa delle ragioni della musica, mentre sono i veri barbari che proprio la musica stanno mettendo a fuoco e fiamme. Piange perfino Alemanno per la grave ferita inferta a Roma con l'uscita di scena di Muti. Parla proprio lui che di questa disfatta è artefice primo con la nomina di quell'incapace De Martino- perchè Muti non si oppose all'epoca, con la stessa forza con cui, al contrario, sostenne la candidatura di Vlad e di Micha? perchè non  caldeggiò la discesa a Roma di Cristiano Chiarot, sovrintendente della Fenice che  si è rivelato oltre che competente, il miglior sovrintendente delle fondazioni liriche italiane, tanto che ora viene candidato  a tutti i posti disponibili, come fanno con Pappano pensando al suo futuro lontano da Santa Cecilia - a reggere le sorti del teatro ed a fabbricare  una voragine di debiti, con il suo avallo, meglio: consenso, pur di tenere Muti all'Opera e i dipendenti del teatro allegri.
Anche in questo caso le colpe maggiori sono della politica, la cattiva politica che in Italia ha più potere della buona, in ogni cosa. Se da sempre ai teatri avessero detto: questi sono i soldi, fateveli bastare e chi sgarra paga  di tasca sua, la drammatica situazione economica nella quale versano anche i teatri lirici non sarebbe mai arrivata. Invece, i politici mettono ai vertici persone di loro fiducia, finchè stanno al potere li foraggiano oltre misura salvo poi a venire scoperti in questo sporco gioco al cambio di poltrone. Cambia il sindaco, cambia il sovrintendente e per cambiarlo lo accusano di aver truccato i conti, vero o falso che sia, lo cacciano con tale accusa che poi si rivela magari esagerata.  Se invece arriva un nuovo politico amico, allora si allargano nuovamente i cordoni della borsa fino al successivo trasloco di reggitori dei Comuni. Si fanno disastrosamente voragini nei bilanci, e poi miracolosamente, quelle voragini vengono riempite.
 Abbiamo letto oggi che Muti era stato tenuto all'oscuro della voragine nei conti del teatro. L'articolista non dice cosa avrebbe fatto se ne fosse venuto a conoscenza. Se ne sarebbe andato prima?  Non sappiamo, ma certo è che quando Muti chiedeva al sovrintendente Catello una spesa in più, piccola o grande che fosse, mai s'è sentito rispondere: maestro non ci sono soldi. E così nel paese di bengodi sono andati avanti per anni. Poi il disastro emerso che ha messo in crisi l'intero sistema, e il piano per risalire la china: niente più straordinari, niente più premi assurdi e si lavora di più.
 Cosa ci sarebbe di così strano in tale piano di risanamento? Nulla perché gli orchestrali godono di privilegi infiniti, basta un colpo di tosse, non hanno stipendi da fame, e lavorano poco. Sì, poco. perché nel tempo libero che resta, tanto, loro lavorano da liberi professionisti, anche all'interno del teatro con concertini davvero scandalosi, come le ben note 'toccate e fughe' proprio dell'Opera in piazze e strade. Uno schifo. Il caso di Vincenzo Bolognese, spalla dell'orchestra che abbiamo segnalato in un post  di ieri, è emblematico.
 Ora il tempo a disposizione è finito, ed è finito per sempre. O le rivendicazioni - ignobili, anche se sindacali  - cessano una volta per tutte per ricominciare, anche senza Muti - sebbene tutti sappiamo che sarà ancora più dura senza di lui! -  oppure il destino del teatro è segnato: la chiusura.

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