mercoledì 24 settembre 2014

Solidarietà fra teatri d'opera all'insegna del 'mors tua vita mea', dopo l'addio di Muti

Muti l'ha detto nella sua lettera d'addio ufficiale a Fuortes ( ve ne sarebbe anche una privata della quale a noi, sinceramente, non importa un bel niente), pubblicata oggi in fac-simile dal Messaggero: in Italia desidero dedicarmi prevalentemente alla mia orchestra Cherubini. Punto e basta. E gli altri teatri che navigano in acque infide assai simili a quelle romane, cosa fanno?, supplicano Muti di andare ad annegare da loro. Loro lo aspettano a braccia aperte; e Muti dovrebbe essere così stupido da accettare  un altro simile abbraccio mortale in Italia? Lo invoca Napoli con un invito che rasenta il ridicolo:  'Riccà, napule aspiett' a te!'; dimenticando che  Muti, da Chicago, per bocca del suo amicissimo Isotta-si lesse sulCorriere - dopo le porcherie del San Carlo durante i Mondiali di calcio disse che  nella sua geografia professionale, Napoli  l'aveva cancellata definitivamente.  Insiste Firenze, ricordando al maestro i suoi trascorsi inizi fiorentini, auspice Vlad, Roman non Alessio, al cui invito, pensando ad Alessio, il maestro potrebbe rispondere, per tagliar corto: abbiamo già dato.
 Naturalmente piovono inviti anche dall'estero;  chi non lo vorrebbe Muti, anche se solo per dirigere un titolo a stagione,  o anche a stagioni alterne. Solo Roma è stata così fessa da lasciarselo scappare. In questo coro generale, fra gli stranieri spicca  Vienna, dove l' ultima volta di Muti all'Opera di Stato austriaca, meno di dieci anni fa, è stata  con Mozart (Così fan tutte); e Mozart anche la penultima ( Nozze di Figaro). Se Muti decidesse di dirigere  in questo o quel teatro, tolti ovviamente Scala e Roma, ma anche Napoli e Firenze ecc...  - per l'Italia,  unica isola felice, sarebbe in laguna, la Fenice - gli si organizzerebbe qualche recita con il titolo che desidera in ventiquattr'ore;  prove, recite e via, senza entrare più nei meccanismi di organizzazione e gestione del teatro, come ha fatto esperienza diretta a Milano ed indiretta a Roma, con i risultati che sappiamo.
 Adesso il maestro è abbastanza  avveduto per capire che , in qualunque posto del mondo, anche fosse il miglior direttore esistente, sempre meglio farsi vedere per breve tempo, fare il pattuito e poi scappare, facendosi ringraziare e semmai rimpiangere; mai restare un minuto di più con il pericolo di dover fare poi una  ritirata che certamente non gli fa fare una bella figura.
 Muti, per tornare a Roma, in realtlà non avrebbe dovuto accettare l'invito dell'Opera,   avrebbe dovuto rifiutarlo, gentilmente, ma rifiutarlo, ancora prima di insediarsi in quell'incarico davvero buffo di 'direttore onorario a vita'. E, del resto, dopo i primi entusiasmi, quando capì che le cose a Roma non erano così tranquille come gli avevano dato ad intendere - e forse lui stesso aveva finto di capire  se pensiamo che poi l'incarico che si voleva per lui  egli stesso ridimensionò tantissimo, temendo quel che poi è accaduto - doveva prendere un fugone. Invece dette ascolto alle lusinghe romane, ai suoi amici, ed ora s'è trovato nei guai.  Sarebbe davvero stolto se ci cascasse ancora. Perchè in Italia  non sì è capito che la festa è finita e che per  ricostruire occorre smettere privilegi e esigenze ingiustificate e lavorare di più.

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