sabato 6 settembre 2014

Se i direttori artistici capissero qualcosa del loro lavoro, non ci sarebbe bisogno di consulenti,coordinatori, esperti. Dalla Scala a Santa Cecilia ecc...

Un direttore artistico di teatro, così come oggi se ne hanno parecchi in Italia, e cioè incompetente in fatto di voci, non serve. E, per questo, i sovrintendenti pensano di bastare essi stessi che assumono in proprio la doppia carica di sovrintendente e direttore artistico (naturalmente con doppio emolumento, come ha fatto da anni Bruno Cagli a Santa Cecilia e Lissner, imitato a ruota da Pereira alla Scala). Ma stretti dalla necessità,  si dotano il più delle volte del direttore musicale, anch'egli più competente in  fatto di orchestra che di voci, e, in aggiunta, anche di un 'consulente artistico',  o di un 'coordinatore o segretario artistico' che sarebbe una sorta di  esecutore materiale degli intenti ed interessi del sovrintendente.  Ma non è detto ancora che egli sappia qualcosa di voci. Se facessimo l'elenco dettagliato di molti direttori artistici facenti funzione, scopriremmo che ben pochi di loro sanno distinguere un soprano da un basso - esageriamo ovviamente, ma non troppo. Scegliere un cast vuol dire non solo conoscere le agenzie, e questo tutti sanno fare, ma sapere di che tipo di voci questo o quel titolo ha bisogno.
 E allora che si fa?  I teatri si dotano di un'altra figura , l'esperto di voci o di cast. Milano, alla Scala, ne ha uno, preso dall'estero, pietra angolare del cartellone scaligero, sul quale  gli interlocutori del teatro fanno affidamento. Ma non c'era già Lissner sovrintendente  e direttore artistico? E non c'era anche un coordinatore artistico, come Gaston Fournier- Facio? (a proposito che fine ha fatto? Ha seguito Lissner in Francia? si è messo a riposo? o conta di tornare a lavorare a Roma,  chiedendo il ricongiungimento alla famiglia, una volta che - ma chi ci crede?- Cagli lascerà, e forse con lui anche  parte della sua corte? Nell'organigramma scaligero il suo nome non compare più, come non compare più neanche quello di Carlo Maria Cella, direttore dell'ufficio stampa, al suo posto è arrivato Besana direttamente dalla Filarmonica!).
  Ma perchè continuare a creare nuovi ruoli dirigenziali o operativi nei nostri teatri, solo perché i capi in testa, nominati  più dalla politica che per la competenza, non capiscono un fico secco di ciò che fanno?
 Ecco perché sarebbe ora, visto che a fine anno tutti i consigli di amministrazione decadono, si nominassero o si cercassero persone competenti, risparmiando tempo e soldi. E quelli che oggi hanno l'incarico di direttore artistico? Beh, vadano finalmente a fare un altro mestiere.
Il caso è simile a quello di tanti politici che esercitano tale ruolo come una professione a vita, anche perché non hanno mai fatto altro, il che spiega anche la ragione del mantenimento dei loro vitalizi: se smettono di fare i politici che cos'altro possono fare, non sapendo fare nessun lavoro? Ve lo immaginate Gasparri- facciamo il suo esempio, perché  la sua persona è per noi semplicemente indigesta! -  impegnato in qualunque lavoro, serio, oltre quello di parlare a ruota libera ed essere responsabile di disastri irrimediabili? Ma potremmo anche fare l'esempio di Casini? Oltre che il passerellatore, che altro potrebbe fare? Lui è nato politico, ed ora che non conta più nulla, si esercita in passerella, abbronzato, tirato a lucido, con la faccia ingrugnata, ma del tutto inutile. Perché nessuno più lo prende in considerazione.

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