martedì 27 maggio 2014

I Renzi della musica italiana

E'inutile negarlo, senza Renzi il PD andava in vacanza. A vita. L'interessato, più intelligente e furbo di tutti quelli del partito insieme, attribuisce la vittoria alla comunità del partito. Quale comunità? La comunità alla quale sembrerebbe riferirsi esisteva da prima, e nonostante ciò, il PD era andato sempre di male in peggio.
 Anche il suo governo è una comunità - come recitano gli istruiti soldatini, sui quali diciamo la verità non avremmo scommesso nulla in principio ma che ora, almeno in parte, cominciamo ad apprezzare. Ma con tutto ciò, senza Renzi il suo sarebbe un governicchio. I suoi soldatini/chierichetti questo lo sanno e stanno al loro posto.
Nella musica, restando a Roma, vi sono due Renzi: Muti all'Opera e Pappano a Santa Cecilia. Non vi sono altri esempi in Italia di identificazione totale di una istituzione musicale con il suo condottiero. In teatri storici, come ad esempio La Scala e La Fenice, vince e regna il gioco di squadra. Ciò non vuol dire che il gioco di squadra non possa produrre risultati buoni, anche ottimi e forse in taluni casi anche superiori  complessivamente a quelli conseguiti nelle istituzioni di 'un solo uomo'. Gli esempi dei nostri due grandi teatri non li abbiamo fatto a caso.
 Di Santa Cecilia lo abbiamo scritto tante volte che l'Accademia è diventata un'altra cosa con l'arrivo e la permanenza di Pappano. Cagli non c'entra nulla, o c'entra solo marginalmente. Ne siamo convinti. Il giorno in cui dovesse andar via Pappano e non arrivasse un suo pari grado, per autorevolezza, simpatia e capacità di coinvolgimento, l'Accademia tornerebbe ai suoi passati splendori da routine. Addio pubblico osannante - anche se il pubblico, purtroppo, si rivela spesso di bocca buona e capace di sopportare qualunque cosa gli venga somministrata; è tragico ma è così - addio dischi, addio tournée, addio giornali accucciati ai suoi piedi.
 Stesso discorso vale per Muti. Il direttore si sbraccia anche dal lontano Oriente, dove si trova ora in tournée, a favore del suo teatro, che dice essere il migliore del mondo, la sua orchestra la migliore il coro il migliore. ma via Muti, il teatro ripiomba nel grigiore di un tempo (di sempre). Sì, anche nel caso del Teatro dell'Opera di 'Roma Capitale' dove Muti é 'Direttore onorario a vita'. Fuortes non può far nulla, non si illuda.
 Questi casi potrebbero essere avvicinati, per la possibile tragicità dell'epilogo, che non auguriamo per nessuna ragione al mondo, in assenza dei padri padroni, a Berlusconi ed il suo partito azienda, con la sola differenza che in quest'ultimo caso il partito si tiene insieme e marcia solo con la promessa e la concessione di posizioni di potere assolutamente non meritate, mentre nella musica chi stona o sta fuori tempo, non può far fesso il direttore per molto. 
 Infine, a proposito di Muti, leggiamo in una intervista della Bentivoglio per Repubblica che al maestro 'manca Abbado', e che, dopo la sua morte lui 'si sente solo'.
  Possiamo dire come la pensiamo, con tutto il rispetto ed anche un pò di affetto per il maestro Muti? Non crediamo neanche ad una parola del maestro. Mentre siamo convinti che Abbado mancherà abbastanza ai giornalisti i quali erano ormai abituati che dopo un'intervista a Muti, ce ne doveva essere una anche ad Abbado, a stretto giro di posta. E lo sa bene anche la Bentivoglio che assieme ad altri pochissimi, apparteneva al cerchio magico, che frequentava ed intervistava l'uno e l'altro.

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