giovedì 2 gennaio 2014

Valerio Cappelli, cronista d'assalto.Per finta

Dell'articolo comparso oggi sul declino del 'teatro musicale italiano' assai circostanziato, nel sito www.luigiboschi.it, non condivido alcune valutazioni, e prima di ogni altra cosa  il panegirico al 'cronista d'assalto' del Corriere, che farebbe giornalismo d'inchiesta. Semmai Valerio Cappelli è semplicemente  uno dei pochissimi che si occupa di certi problemi, ma non sempre come dovrebbe.
Come nel caso dell'Opera di Roma, per la quale lui ha fatto, in tutti gli anni della gestione De Martino, il fiancheggiatore e cantore.  La gestione De Martino-Vlad-Muti era la migliore al mondo, questo ci ha raccontato. Anzi l'anno scorso ci ha anche informato che il grande sovrintendente De Martino era a Vienna per il Concerto di Capodanno. Provinciale! Quest'anno dove è andato, Cappelli? 
Mai  una volta che  si sia dato pena di andare ad informarsi sull'effettivo stato delle cose? Ed il suo carissimo amico Vlad non gli ha mai detto delle difficoltà economiche? Non ne sapeva nulla? Sveglia caro Cappelli. 
Poi, quando Marino ha fatto sapere in giro che voleva cambiare timoniere ed equipaggio, mantenendo soltanto l'ammiraglio MUTI, ha scoperto la verità. Povero cronista scrupoloso.  Da allora non ha mai neanche nominato, per una volta sola, il decaduto De Martino, per Cappelli unico responsabile del disastro, con la complicità- anche questa scoperta solo ora dal Cappelli segugio - dell'intero consiglio di amministrazione e del suo capo, il vice di Alemanno, Vespa.
 Che la storia potesse finire in questa maniera tragica era evidente da tempo, specie a chi si occupa di vicende operistiche in Italia come Cappelli. Nel periodo in cui gli amministratori dei teatri sono scelti dai sindaci in carica, tutto fila liscio: il Comune  per far bella figura dà al teatro tutto quello che vuole, anche troppo ( All'Opera di Roma 20 milioni di Euro circa l'anno: ma vi sembra una cosa possibile e decente?). Quando cambia il colore dell'amministrazione comunale, e i dirigenti delle istituzioni culturali non vogliono lasciare la poltrona con le buone, si ricorre ai metodi bruschi: "20 milioni non te li dò più, e quest'anno, nonostante le promesse, te ne dò di meno". A Roma è accaduto questo all'epoca di Ernani, e puntualmente si ripete ora con De Martino. Solo che  contemporaneamente si scopre anche l'altarino della voragine del bilancio, superiore a quella immaginabile e quantificabile  nel taglio che il Comune aveva minacciato.
Di tutto questo Cappelli viene a sapere solo quando De Martino è praticamente affondato da Marino sindaco. Ma, in tempo, per stendere tappeti rossi  per l'arrivo di Carlo Fuortes; ancora non dice nulla dei nuovi consiglieri di amministrazione, sui quali pure si potrebbe dire più che qualcosa. Ora lui inizia il peana preventivo dell'intera giunta Fuortes( che resta  a Musica per Roma, al Petruzzelli ( che ha appena lasciato, dopo aver assunto l'incarico a Roma), e continua a fare il presidente di IZI spa - tutto questo è poco interessante per il cornista d'assalto Cappelli)
Qualche maligno ipotizza che Cappelli qualcosa  sapesse, prima ancora che scoppiasse -  anche per suo merito - il bubbone 'rosso di bilancio', ma che non gli convenisse parlare. Come poteva, se l'Opera di Roma con il Festival di Spoleto - collegati fra loro dal grande Vlad, amicissimo di Cappelli -  gli aveva  commissionato una pièce su Carlos Kleiber? Commissionata? Veramente no. Cappelli l'ha proposta e il teatro l'ha messa in cartellone. Mai e poi mai sarebbe venuto in mente ai dirigenti dell'Opera e del festival spoletino di commissionargli  quel lavoro, presentato con la regia di Pizzi ( Capito?) . Poteva fare altrimenti con un  giornalista sempre  ossequiente verso il teatro?  Addirittura più solerte del capo ufficio stampa del teatro, Filippo, che, a dispetto del suo cognome - ARRIVA - è arrivato sempre dopo Cappelli? 
Ma Cappelli poteva ignorare che  quelle due marchette a Caracalla una in favore di Giorgio Battistelli, e l'altra per Chiara Muti, regista di Purcell, erano giocattoli troppo costosi, allestimenti  costosissimi, per un totale di complessivi cinque o seicento spettatori,  con lo scopo di trasformare Caracalla in un festival, secondo il lungimirante progetto dell' Alessio Vlad, intellettuale sopraffino al quale la stagione popolare di Caracalla sta stretta? Cappelli anche in questi casi sapeva di dover far finta di non sapere. Fino a quando , per non farsi travolgere dallo scandalo che stava emergendo, ne ha anticipato alcuni dati.

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