domenica 30 giugno 2013

Alla fine, dopo strenua resistenza, protrattasi per quattro lunghi anni in piena crisi, dal 2008 al 2011, anche la roccaforte della cultura italiana è stata costretta alla resa. Nel rapporto sulla salute del nostro sistema culturale che Federculture presenterà domani in Campidoglio, per bocca del suo presidente, Roberto Grossi - di cui oggi molti giornali hanno anticipato cifre e contenuto - per la prima volta si deve prendere atto che cosiddetti 'consumi culturali' hanno subito una brusca pausa di arresto. Musei, teatri, cinema soffrono della crisi generale, e i concerti cosiddetti classici, più di tutti, con una grosse percentuale negativa, oltre il 20% in meno. Per anni abbiamo salutato con grande soddisfazione certi slogan pubblicitari, come quello del teatro Eliseo di Roma, ora in grave crisi:  'Rinuncio a tutto ma non al teatro'. Quello ed altri simili slogan ci davano fiducia e noi andavamo dicendo soprattutto ai sordi politici che stanno distruggendo questo nostro sistema unico al mondo: vedete  i cittadini sono più intelligenti di voi.  Magari rinunciano a qualche spesa voluttuaria, ad un a cena fuori, ma  non rinunciano all'acquisto di un libro- da leggersi, naturalmente - ad una mostra, ad un concerto ad uno spettacolo teatrale. Adesso che  dobbiamo dire? che anche i cittadini più assidui, sono allo stremo, e sono costretti a rinunciare anche a quei consumi dei quali fino all'altro ieri ritenevano di non poter fare a meno.
 Mentre facciamo queste riflessioni, riprendiamo la lettura dei dati contenuti nel rapporto, per scoprire ancora una volta come il nostro paese culla dell'arte  e della cultura sia agli ultimi posti, non solo per finanziamenti statali, ma anche- e questo è ancora più tragico- per gli stranieri che vengono da noi. Le altri capitali europee ed i rispettivi paesi che hanno molto molto meno di noi in fatto di giacimenti culturali, hanno più turisti di noi.
Perchè ? non è difficile spiegarlo. Anche i turisti leggono sui giornali  del Colosseo chiuso perchè il Ministero non ha i soldi per pagare gli straordinari ai custodi , e degli scavi di Pompei, dove una riunione sindacale ha mandato a casa una fila di oltre cinquecento visitatori. E, sempre a proposito di Pompei, leggono anche il richiamo severo che ci viene proprio oggi dall'Unesco: entro fine 2013 deve essere pronto il piano degli interventi e i lavori necessari devono cominciare. Ma che paese è il nostro che oltre 100 milioni di fondi europei destinati a Pompei che non riesce a spendere, ai quali 100 milioni si sono aggiunti, in questi giorni, altri 20 di un imprenditore, il quale ha dichiarato sconsolato: ditemi chi è il mio interlocutore. E che paese è quello in cui un altro imprenditore ha destinato una grossa somma al restauro del Colosseo ed ancora, dopo oltre un anno, i lavori non cominciano? Non è un paese normale!

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